Atlante di Torino
Vie e luoghi della vecchia Torino che non ci sono più,
o hanno cambiato nome, ma non sono stati dimenticati.
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VIA TORQUATO TASSO
Appartiene alla parte più antica della città. Corrisponde all'antica contrada del Gallo, sebbene lo sventramento del 1886, per l'apertura della via Quattro Marzo, abbia modificato molto la zona.
La contrada del Gallo traeva il nome da uno dei più antichi e noti alberghi torinesi, già in esercizio nel 1481. Nel 1797 l'albergo divenne il ritrovo dei patrioti piemontesi antifrancesi.
Qui c'era anche la chiesa dedicata a San Pietro detta pure del Gallo o « de Curte Ducis », per esser essa vicino al luogo ove era la sede dei duchi Longobardi di Torino.
La chiesa in rovina fu distrutta nel 1727.
Sull'angolo con via Porta Palatina, durante il restauro della casa, fu scoperta la primitiva facciata con motivi architettonici e decorativi in cotto del secolo XVI che l'ingegnere Riccardo Brayda ottenne di poter far restaurare conservandone la parte antica.
Al numero cinque all'angolo con la contrada del Conte Verde c'è'il palazzo Gonteri di Cavaglià, la cui facciata venne eseguita nel 1779 su progetto dell'architetto Vergnasco.
VICOLO DEL TEATRO
Appartiene alla parte più antica della città. Era un vicolo che dalla contrada delle Finanze (via Cesare Battisti odierna), si inoltrava verso sud nel fianco del teatro Carignano. Ora ne resta un cortile aperto. Con quello opposto del Montone (via E. Duse d'oggi), sono i residui dell'antica strada di circonvallazione all'interno delle mura della città.
CONTRADA DEL TEATRO D'ANGENNES
Era l'attuale via Principe Amedeo.
VIALE DEI TIGLI
La prima parte venne aperta nel 1855 e la seconda nel 1866. Così era denominato l'odierno corso Massimo d'Azeglio. Prendeva il nome dalle piante di tiglio che lo fiancheggiavano.
VIALE THOVEZ
Un tempo era denominato strada di Valsalice e della Valle dei Salici.
CONTRADA DEI TINTORI
Contrada aperta intorno al 1825. Corrisponde all'ultimo tratto dell'attuale via Maria Vittoria dalla contrada dei Ripari (via Plana d'oggi) alla strada Lungo Po (Lungo Po Diaz odierno). Prese nome dalle numerose botteghe artigiane di tintori che ivi si trovavano favorite anche dalla vicinanza del fiume.
VICOLO DELLE TORRI
Apparteneva alla parte più antica della città e si trovava nei pressi della Porta Palatina, altrimenti detta Porta delle Torri o delle Torri del Vicariato, per esser in essa stato sistemato il carcere del Vicariato.
TORRI DEL VICARIATO
Così era chiamata la Porta Palatina dopo che nell'edificio venne sistemato il carcere del Vicariato.
VICOLO DELLE TRE GALLINE
Apparteneva alla parte più antica della città. Era un vicolo che partendo dalla contrada dei Fornelletti (via F. Bonelli odierna) si inoltrava nell'isola di San Nicola da Tolentino. Traeva il nome da un omonimo albergo. Un albergo di questo nome esiste tuttora in via Bellezia 2, all'angolo con via Bonelli.
VIA TRE GENNAIO
Via “3 gennaio” era il nome dato all’attuale via Bruno Buozzi, nata con la ricostruzione del secondo tratto di via Roma, tra il 1935 e il 1937.
Il nome doveva ricordare il discorso che Benito Mussolini tenne alla Camera dei deputati il 3 gennaio 1925 (detto anche discorso sul delitto Matteotti).
CONTRADA DELLE TRE PICCHE O TRE LANCE
Così era chiamata tutta o soltanto un tratto della contrada del Cappel Verde (vedi questa voce). Traeva il nome da un omonimo albergo ivi esistente.
VICOLO DEI TRE QUARTINI
Apparteneva alla parte più antica della città. Vicolo che si internava nell'isola di San Federico, in prosecuzione verso sud della contrada della Palma (via Viotti odierna). Corrispondeva circa al tracciato del tronco nord dell'attuale Galleria San Federico. Traeva il nome da un'antica osteria ivi esistente. Sparì negli sventramenti della nuova via Roma, se non era già stato annullato con l'apertura della Galleria Natta.
VICOLO DELLE TRE STELLE
Apparteneva alla parte più antica della città. Vicolo terminante in un cortile che si inoltrava nell'isola di San Federico partendo dalla contrada della Barra di Ferro (ultimo tratto dell'attuale via Bertola) in direzione nord-sud, poco ad ovest del vicolo dei Tre Quartini. Prendeva il nome da un'osteria esistente nel cortile. Il Torricella lamenta che ancora nel 1868 quel vicolo fosse costantemente percorso da un rigagnolo di acqua di scolo piuttosto impura.
CONTRADA DEL TRINCOTTO GRONDONA
Appartiene al primo ingrandimento della città. Così era chiamato il tratto dell'attuale via XX Settembre, già detto della Provvidenza, compreso fra la via San Quintino e la contrada di Santa Teresa. Traeva il nome dal luogo ove si giocava al trincotto o pallacorda, di proprietà. di certa signora Grondona.
RUE VALAYSANNE
Così venne denominato durante l'occupazione francese il tratto dell'odierna contrada di San Dalmazzo compreso fra la via Bertola e la contrada di Dora Grossa (via Garibaldi d'oggi). Traeva il nome dal palazzo della famiglia dei Conti di Vallesa ivi esistente.
CIRCOLO O RONDO' DI VALDOCCO
Circolo o rondò sito all'incrocio dei corsi Valdocco, Regina Margherita e Principe Eugenio, popolarmente conosciuto anche come « Rondò dla Forca », in quanto ivi si drizzava il palco per le esecuzioni capitali.
Il nome di Valdocco (Val d'Occo) deriva alla località da una delle numerose vallette che dal terrazzo diluviale alla confluenza del Po e della Dora scendevano verso i fiumi stessi. Colmatesi per l'espandersi delle costruzioni sono vive ancora nei nomi Valtorta, Val Brenno, Val Piana, Valquillia (Vanchiglia) e Vallone, mutatasi più tardi in Ballone.
CONTRADA DEL VALENTINO
Appartiene agli ingrandimenti del 1832 per la formazione del borgo Nuovo. Corrisponde all'odierna via Urbano Rattazzi. Meno chiara è l'attribuzione del nome probabilmente perché, seppure alla lontana tendeva verso il Valentino.
STRADALE DEL VALENTINO
Corrispondeva all'attuale corso Marconi
IL VALENTINO
La formazione del Parco del Valentino ebbe inizio con l'acquisto fatto da Emanuele Filiberto nel 1564 dal conte Birago di Vische, per trentadue mila scudi d'oro, dei terreni sui quali fu poi eretto nel 1630 il Castello del Valentino, su un preesistente modesto palazzotto.
CONTRADA DI VANCHIGLIA
Aperta nel 1825 e fatta proseguire nel 1847. Prese il nome dalla regione, un tempo malfamata ed insalubre. L'antico toponimo, già noto in carte dell'anno 997, più che da un etimo « vench », giunco in dialetto piemontese, e da conseguente« venquilia », più probabilmente deriva dal nome di una di quelle numerose vallette poi colmatesi che dal terrazzo alla confluenza del Po con la Dora scendevano verso i corsi d'acqua. Così c'era una Valquillia come una Valtorta, una Val Brenno, una Valdocco.
Al numero sei c'è il palazzo Birago di Vische eretto nella prima metà del XIX secolo su disegni dell'architetto A. Tolentino.
RUE DES VANNIERS
Così venne denominata durante l'occupazione francese la contrada dei Panierai, odierna via Palazzo di Città.
VIA VASCO
Prima di essere così battezzata era conosciuta come contrada di San Francesco da Paola, che con questo nome proseguiva anche oltre la contrada di Po.
PIAZZA VENEZIA
Così era chiamata una vasta area esistente prima della costruzione del blocco degli Istituti Scolastici femminili e del palazzo dei telefoni compresa circa fra le odierne via Confienza ad est, via Meucci a nord, corso Galileo Ferraris ad ovest e Bertolotti a sud. La piazza fu creata sul finire del secolo XIX con l'abbattimento di un agglomerato di tuguri malfamati detti La Siberia.
VIA VENTI SETTEMBRE
Per una parte appartiene alla parte più antica della città e per un'altra al primo ingrandimento. La lunga unica arteria attuale risulta composta di vari tratti, conosciuti anticamente ognuno con un suo proprio nome.
Questa via ha la caratteristica unica di avere la numerazione che va dalla parte più periferica progressivamente verso il centro, con inizio dal corso Vittorio Emanuele II.
Il primo tratto di via XX Settembre, da questo corso fino alla contrada di Santa Teresa, era chiamato contrada del Trincotto Grondona poi contrada della Provvidenza.
Il secondo tratto dalla contrada di Santa Teresa alla contrada Bertola si chiamava di San Maurizio.
Il terzo tratto dalla contrada Bertola fino a quella di Dora Grossa era detta della Rosa Rossa ed infine il quarto, da via Dora Grossa a piazza San Giovanni, si chiamava contrada del Seminario.
L'ultimo tronco fino al corso Regina Margherita fu aperto sul finire del secolo scorso (1885) all'incirca sul tracciato della contrada delle Scuderie Reali. Ne risultò complessivamente una via lunga circa due chilometri ed una delle centrali più importanti sull'asse sud-nord.
Ma se fu possibile nel 1884 la fusione dei vari tronchi, non altrettanto facili risultarono gli allineamenti delle fronti stradali.
Relativamente semplice fu il primo tratto che ricalcò l'andamento della contrada secentesca della Provvidenza.
Le maggiori difficoltà sorsero all'angolo con la contrada di Santa Teresa per il tratto già detto di San Maurizio. Qui il nuovo allineamento dovette ad ovest adeguarsi sull'andamento del fianco del palazzo Riche di Coassolo, poi Compans de Brichanteau, costruito nel 1730 su progetto dell'architetto Juvarra, originando così lo strano slargo triangolare. Un tempo qui vi era una fontanella che senza avere pregi particolari era però preferibile all'odierna edicola di giornali.
Ove ora sorge il palazzo Compans anticamente vi era una piazzetta su cui si affacciava la chiesetta di Sant'Eusebio, parrocchia in tempi più antichi, passata poi ai Padri dell'Oratorio dal 1667 al 1678 e concessa in seguito alla Confraternita di San Maurizio (donde il nome di questo tronco di via), fusa nel 1729 con quella di Santa Croce.
La presenza del palazzo del Seminario, sempre dal lato di ponente, condannò l'arteria ad un nuovo restringimento prima dello sbocco nella piazza di San Giovanni.
All'angolo con la contrada dell'Arcivescovado, in quello che fu denominato "il Crocicchio dei Conventi", sorge la chiesa della Visitazione eretta dal 1661 al 1667, su progetto dell'architetto F. Lanfranchi. I lavori vennero continuati dall'architetto Amedeo di Castellamonte. Del 1730 è l'altare di San Francesco di Sales opera del Juvarra. Annesso alla chiesa un tempo c'era il convento dello stesso nome.
Vedi le immagini della Chiesa della Visitazione
Sull'altro angolo pure smussato era l'Istituto della Provvidenza per l'educazione delle giovani, ospitato nel palazzo sorto fra il 1742 ed il 1752 su progetto dell'architetto Benedetto Alfieri ed ampliato nel 1826 dal Talucchi.
Oggi il palazzo, recentemente restaurato, è della Cassa di Risparmio di Torino ed adibito ad Esattoria Comunale.
Circa di fronte alla chiesa della Visitazione si apriva una volta la Galleria Nazionale costruita nel 1889 su progetto dell'architetto Riccio che metteva in comunicazione coperta la via XX Settembre con la via Roma.
La Galleria venne demolita per il rifacimento di via Roma nel 1931.
Vedi le immagini della Galleria Nazionale
All'angolo ancora smussato con la via Alfieri c'è il palazzo Truchl di Levaldigi (via XX Settembre 40) con il celebre "portone del Diavolo" e di fronte quello Perrone di San Martino, con ingresso in via XX Settembre 31 e via Alfieri 7, sede dell’Ambasciata di Francia presso la corte sabauda fino all’Unità d’Italia e oggi della Fondazione CRT.
Al numero quarantuno sorge il palazzo già dei conti Grondona poi d'Harcourt che ospitò l'albergo Tre Corone e in seguito l'ltalgas, eretto nel 1783 su progetto dell'architetto Castelli e facciata dell'architetto Borda.
Al numero 83 c’è il palazzo del Seminario Arcivescovile, sorto fra il 1711 ed il 1713 sul luogo ove un tempo c’era la Zecca, una casa dell'ospedale di San Giovanni ed un palazzo dei Carron di San Tommaso. I progetti del portale maggiore, della facciata e dell'ala nord del palazzo sono da attribuirsi all'architetto P. Cerutti per cura dell'Abate Giampiero Costa. Il palazzo è un edificio a pianta quadrata con un ampio cortile, questo attribuito al Juvarra, circondato a terreno ed al primo piano da eleganti porticati. Annessa, dirimpetto all'ingresso, è pure una vasta cappella assai pregevole ampliata su progetto dell'architetto C. Ceroni e consacrata nel 1774.
VIA VENTIQUATTRO MAGGIO
Quella che oggi è via Antonio Gramsci, già intitolata ai Carrozzai (Corporazione dei costruttori di carrozze) è ribattezzata “24 Maggio” (il 24 maggio 1915 è la data della entrata nella guerra mondiale dell’Italia).
VIA VENTITRE’ MARZO
L’attuale via Giovanni Amendola venne chiamata a“23 marzo” (il 23 marzo 1919 furono fondati i “Fasci italiani di combattimento” a Milano).
VIA VERDI
La prima parte dell'arteria, da piazza Castello fino circa alla via Rossini, fu aperta nel 1669 su disegni dell'architetto Amedeo di Castellamonte ed era detta dell'Accademia Reale. Il suo prolungamento fino al Po avvenne nei primi anni del 1800. Prima di esser intitolata a Giuseppe Verdi la contrada fu a lungo denominata della Zecca, dall'omonima officina ivi esistente. La via è tracciata sull'asse della via Garibaldi ed un tempo, quando era aperto il portone dall'atrio di Palazzo Madama, si poteva ammirare la veduta di queste due vie che attraversavano tutta la città da est ad ovest.
Il primo isolato a sinistra era quasi interamente occupato dalla Regia Accademia Militare, la cui origine risale al 1667-1669, anni di fabbricazione del fabbricato su disegni dell'architetto Amedeo di Castellamonte. Gravemente danneggiato per bombardamenti aerei nel 1942 l'edificio fu poi completamente demolito e l'area usata per la ricostruzione del teatro Regio inaugurato nel 1972. Sul cortile interno si affaccia il palazzo degli Archivi di Stato, eretto dal 1731 al 1734 su progetto dell'architetto Filippo Juvarra.
Al numero nove, a poca distanza dal palazzo dell'Accademia Militare, è la Cavallerizza Reale eretta nel secolo XVIII su disegno dell'architetto Benedetto Alfieri.
Al numero otto si affaccia sulla contrada il fronte del palazzo dell'Università perché, come già si disse, la facciata verso la contrada di Po dovendosi adeguare all'uniforme architettura di quell'arteria non ha nulla di particolarmente monumentale.
Al numero dieci c'è il palazzo dei conti di Solio passato poi in proprietà ai Dal Pozzo quindi ai Ceriana ed ai Badini. Il vestibolo, lo scalone ed il cortile furono modificati nel 1731 su disegni dell'architetto F. Juvarra.
Al numero undici c'era la Regia Zecca di Torino, trasferita qui da via del Cappel Verde e che funzionò fino al 1870. La prima Zecca venne aperta in Torino nel 1297 da Filippo d'Acaia.
L'isolato a sud fra le contrade Rossini e Montebello era un tempo occupato dall'Ospizio di Carità e quando questo fu trasferito in corso Unione Sovietica i locali furono occupati dal Distretto Militare. Gravemente danneggiati i fabbricati durante la guerra 1941-1945, specialmente sul fronte di via Verdi, sull'area, fattasi libera, sorse il nuovo palazzo della Rai.
Al numero venticinque c'è il palazzetto sorto nel 1842 su progetto dell'ingegnere Mazuchetti quale prima sede della Società Promotrice di Belle Arti, fondata appunto in quell'anno. Il fabbricato ospitò quindi le Scuole Tecniche di San Carlo ed ora è occupato da un Istituto d'istruzione privato.
Poco oltre, all'angolo con la via Montebello c'era il teatro Scribe divenuto poi Teatro di Torino.
Più avanti da un lato si trovava il vasto fabbricato della Manifattura Tabacchi, che era seguito dal solido e maestoso edificio della Caserma della Cavalleria, fronteggiata dal grandioso maneggio, costruiti nel 1849. Al posto della caserma, tra il 1961 e il 1966 venne realizzato il Palazzo Nuovo delle Facoltà Umanistiche dell'Università.
Oltre ancora sorgeva il Mattatoio Comunale, eretto nel 1826 su progetto dell'architetto Lombardi e divenuto poi scuola elementare Ferrante Aporti.
Fino al 1934 all'angolo di via Barolo si vedevano i resti del bastione di Sant'Antonio di cui è traccia nel muro a terrapieno nel giardino dell'Istituto Cairoli, già delle reverende Madri Pie.
La contrada termina presso i Murazzi del Po ove era una volta il malfamato borgo del Moschino e dove in tempi ancor più lontani era la torre del Recluso rifugio di anacoreti: «Una singolare abitazione priva d'ingresso, il cui occupante murato vivo riceveva gli alimenti indispensabili al proprio sostentamento attraverso una finestrella o feritoia praticata nella parete».
CONTRADA E VICOLO DELLA VERNA
Apparteneva al primo ingrandimento della città. Corrispondeva al primo tratto della contrada Principe Amedeo partendo dalla via Roma fino alla piazza Carignano. Prendeva nome da un'osteria ivi esistente nell'isola di San Pietro. Venne anche denominato vicolo del Putetto.
«CONTRA 'DCA VIALE»
Cosi veniva denominato popolarmente il tratto dell'odierna via Arsenale sul quale si affaccia il palazzo già Ferrero d'Ormea, oggi sede della Banca d'Italia, in cui dimorarono a lungo anche i conti Balbiano di Viale.
VIA VIOTTI
Anticamente era chiamata contrada della Palma.
PIAZZA VITTORIO VENETO
Per la continua crescita della popolazione si rese necessario, con la Restaurazione post-napoleonica, pensare ad un ampliamento della città e ad un'espansione ad est verso il Po. Fu pertanto decisa, intorno al 1819 dal re Vittorio Emanuele I, la sistemazione urbanistica delle zone ai lati del grande spazio alberato esistente fra lo sbocco di via Po e l'imbocco del ponte napoleonico in pietra. La zona a nord era quella del borgo di Vanchiglia mentre quella a sud fu quella che divenne poi confinante nel 1832, con Borgo Nuovo.
Con la sistemazione delle due zone, resa necessaria per la salvaguardia dell'estetica edilizia della città (in borgo Vanchiglia stavano sorgendo tante piccole industrie) fu pure sistemato l'ampio spazio alberato percorso da un viale che congiungeva la fine di via Po con il ponte.
Il progetto di ridurre il grande rondò a piazza venne affidato nel 1825 (si erano avuti dei ritardi nella sistemazione a causa dei moti del 1821) all'architetto luganese Giuseppe Frizzi. L'ingegnoso digradare dell'altezza dei successivi fabbricati seppe rendere meno appariscente il forte declivio del terreno che è di ben sette metri e diciannove centimetri.
L'architettura dei fabbricati che si succedono ai due lati è uniforme in stile neoclassico molto sobria che però si intona ed accorda perfettamente con quella barocca castellamontiana della vicina via Po.
Ne risultò così, dopo cinque anni, una piazza ampia misurante ben 360 metri di lunghezza per 111 di larghezza, che per la seria uniformità dei suoi palazzi con portici spaziosi e la splendida veduta sulla collina è annoverata fra le più belle non solo di Torino.
Nella casa numero 18 nel marzo del 1832 venne fatto il primo esperimento in Torino di illuminazione a gaz, illuminando lo scalone del palazzo ed il caffè colà esistente che da allora fu chiamato Caffè del Gaz.
Nel palazzo dell'ultimo isolato verso il fiume sul lato nord della piazza, al numero 23, tra due balconi, è ancor visibile, ma illeggibile una lapide posta quivi per ricordare il soggiorno avvenuto colà del poeta romantico Giovanni Prati, durante il Risorgimento.
La piazza all'origine fu denominata Vittorio Emanuele I (che nel 1814 era rientrato in Torino, dopo il lungo esilio sardo, con la Restaurazione). Successivamente fu dedicata a Vittorio Veneto, luogo della vittoria italiana sulle truppe austriache che pose fine alla guerra 1915-1918.
CORSO VITTORIO EMANUELE II
Sotto la voce viale del Re si è parlato del primo tronco di questa arteria aperto nel 1814 dalla piazza del Re (attuale Carlo Felice) al Po. In un primo tempo tale tronco fu detto viale dei Platani e successivamente del Re, perché il sovrano soleva assistere, in carrozza con la sua corte, alle passeggiate che ivi si svolgevano da parte dei torinesi, specialmente nei giorni festivi. Soltanto dopo la morte di Vittorio Emanuele II (1878) il corso, che si era già esteso verso ovest con lo spostamento prima ad ovest e poi a sud della seconda piazza d'Armi, ne assunse il nome.
Il corso Vittorio Emanuele II è una delle principali arterie che senza cambiare nome prosegue in linea retta con una larghezza costante di quaranta metri e con una lunghezza di più di quattro chilometri.
La numerazione contrariamente alle altre vie di Torino parte per il primo tronco dalla periferia verso il centro e ciò per uniformità col resto del corso la cui numerazione va dal centro verso la periferia.
Percorrendo il corso partendo dal Po il primo tratto è fiancheggiato a sud dal giardino del Valentino. A nord, all'angolo di via Belvedere (oggi Fratelli Calandra) in un grazioso villino un tempo ivi esistente, alloggiò, nel maggio del 1860 e perciò alla vigilia della spedizione dei Mille, Giuseppe Garibaldi.
Sull'angolo del corso Massimo d'Azeglio, sul lato verso il Valentino, vi è il monumento a Massimo d'Azeglio, trasferito qui da piazza Carlo Felice dove dal 1873 sorgeva in faccia alla Stazione di Porta Nuova. Il monumento è opera dello scultore napoletano Alfonso Balzico e ai due lati della base sono due bassorilievi in bronzo raffiguranti, quello a destra, Massimo d'Azeglio ferito alla battaglia di Vicenza del 1848 e quello a sinistra la firma del Proclama di Moncalieri del 1849.
Sempre sul lato sud del corso tra le vie Ormea e Madama Cristina, al numero 13, sorge la chiesa intitolata a San Giovanni Evangelista, detta popolarmente San Giovannino. Del tempio fu posta la prima pietra nel 1878 e nel 1882 venne aperta al pubblico culto. Il disegno in stile romanico è dell'architetto Edoardo Arborio-Mella. Nel mezzo della facciata si alza a quarantacinque metri il campanile. Il palazzo a destra della chiesa, in stile arieggiante l'antico, è una succursale dell'Istituto Salesiano.
Proseguendo, sull'angolo del corso Vittorio con via Principe Tommaso troviamo il Tempio Valdese di cui fu posta la prima pietra nel 1851. Il progetto è dell'architetto Luigi Formento, in stile gotico francese modificato e ridotto alle esigenze della destinazione della costruzione.
Da questo punto alla piazza Carlo Felice non vi è nulla di particolarmente interessante, tranne il palazzo al numero 44 proprietà Martini e Rossi, eretto nell'anno 1886 su progetto dell'ingegnere Riccio.
Sulla facciata della casa numero 52, al palazzo Priotti, una lapide ricordava che in essa abitò Quintino Sella.
Vedi le immagini di Palazzo Priotti in corso Vittorio Emanuele 52
Attraversata la vasta piazza Carlo Felice si giunge alla seconda parte del corso che va fino all'incrocio col corso Re Umberto. Questa porzione è fiancheggiata da ambo i lati da case con portici di disegno uniforme. Passato il corso Re Umberto si arriva alla terza parte del corso di tracciato assai più recente ove prima, come si disse, si estendeva il secondo Campo di Marte o piazza d'Armi. A nord sorgono bei fabbricati con portici e terrazzi sugli attraversamenti delle vie perpendicolari ed a sud ville e palazzine con giardini.
All'angolo con il corso Siccardi (ora Galileo Ferraris), il corso Vittorio si allarga in un ampio piazzale ottagonale nel cui mezzo si alza il monumento a Vittorio Emanuele Il, dono del Re Umberto I alla città di Torino. Al concorso bandito per l'esecuzione del monumento si presentarono ben cinquanta artisti con cinquantaquattro bozzetti, fra questi la giuria, non sappiamo per quali meriti, scelse il progetto dello scultore Pietro Costa di Genova. Il monumento che doveva essere finito nel 1890 per vari motivi fu portato a termine soltanto nel 1898. Sopra una base quadrata che si eleva su vari scalini stanno quattro aquile in bronzo portanti gli stemmi sabaudi. Più in alto sono quattro statue sedute rappresentanti l'Unità, la Libertà, la Fratellanza, il Lavoro. Sulla base si innalzano quattro colonne doriche alte dodici metri che fanno da piedestallo alla statua del re in piedi a capo scoperto su un tappeto che porta le lettere S.P.Q.R. dello stemma di Roma e la data memoranda 1870. Il monumento è alto trentacinque metri e la sola statua è alta otto.
Vedi le immagini del monumento a Vittorio Emanuele II
Dallo slargo del monumento al corso Vinzaglio il corso Vittorio continua con al lato nord bei fabbricati eretti nel 1882 con portici fra i quali da notare quelli coi numeri 90 e 92, entrambi su disegno dell'architetto Ceppi, e quello al 94 su disegno dell'architetto Reycend. Sul lato sud si susseguono, su un'area vincolata, ville e palazzine con giardini. Attraversato il corso Vinzaglio il corso Vittorio, proseguendo senza portici, scavalca la ferrovia di Milano.
Il seguito era fiancheggiato a nord dalle costruzioni del Mattatoio, aperto nel 1868 e del Foro Boario oggi distrutti; sull'area rimasta libera venne sistemato un giardino pubblico.
A sud sorge l'ex Carcere Giudiziario, detto Le Nuove, costruito nell'anno 1862 e seguenti su disegni dell'ingegnere Pollani.
Vedi la monografia e le immagini del carcere "Le Nuove"
Un tempo chiudeva il corso la fabbrica di birra Boringhieri con giardino e birreria all'aperto. Dopo la guerra 1941-1945, la fabbrica venne abbattuta e sull'area rimasta libera, tra i corsi Tassoni e Ferrucci, fu aperta una piazza alberata alla quale venne dato il nome di piazza Adriano Imperatore.
Da qui fino all'incrocio con corso Francia, ove il corso Vittorio si immette nella piazza Rivoli, l'arteria prosegue in linea retta con controviali alberati fiancheggiata da palazzi moderni.
CONTRADA DELLA ZECCA
Era l'antica denominazione dell'attuale via Verdi.
CORSO VITTORIO EMANUELE OLTRE PO
Era il nome dato alla proseguimento di corso Vittorio Emanuele, oltre il po e il ponte Umberto, in quello che attualmente è chiamato corso Fiume.
Alla fine della II guerra mondiale, con la caduta del regime fascista e la Liberazione della città, la giunta popolare della Città di Torino, deliberò la soppressione di denominazioni istituite durante il periodo fascista (figure e luoghi del regime e dei suoi alleati), l'assegnazione di nuove denominazioni (in ricordo di eventi, personaggi rilevanti nella lotta all'antifascismo), il ripristino di antiche denominazioni già modificate in epoca fascista e l'annullamento di denominazioni conferite senza l'osservanza della legittima procedura di assegnazione.
Leggi "La Stampa" del 1° gennaio 1946 con l'elenco delle vie che cambiarono nome dopo il ventennio fascista
Misura delle principali strade e piazze nel 1840
Vedi il riepilogo dei cambi di denominazione nella toponomastica della città
A - B - C - D - E - F - G - H - I - L - M - N - O - P - Q - R - S - T - U - V - Z
Consulta la guida delle vie - corsi - piazze - borghi - vicoli del 1916 (.pdf)
Vedi le targhe delle vie nel corso degli anni