Atlante di Torino


 

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image-1101 - D'Annunzio battezza il tramezzino da Mulassano
Angela Demichelis e il marito Onorino Nebiolo, torinesi emigrati in America, nel 1925 rientrarono in città e acquistarono dalla famiglia Mulassano il caffè che ancora oggi porta questo nome.
Ispirati dalla loro esperienza americana, nel 1926, i due Introdussero alcune novità assolute: il toast (avevano importato una macchina per tostare il pane, fino ad allora sconosciuta in Italia), e un panino particolare, fatto con lo stesso pane del toast ma non riscaldato. Una specie di sandwitch, che fu ribattezzato “Tramezzino”, dicono, proprio da Gabriele D’Annunzio



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101 - L’amante di Cavour
Palazzo Nomis di Pollone in piazza Castello 9. Emilia Nomis di Pollone era una delle amanti di Camillo Cavour.










 

101 - La vampira
Nel 1765 Agnese Draghetti abitava al numero due della “Contrada degli Angeli” (poi “Contrada della Dogana”, ora via Carlo Alberto). Originaria di Serralunga d’Alba.
Arrivata in città a venticinque anni sposò un ricco mercante che la lasciò presto vedova. Ancora giovane continuò a frequentare i salotti allacciando diverse relazioni con uomini del bel mondo.
Si innamorò del conte Belladier che la condusse nella sua tenuta di Montalbano, vicino a Nizza Marittima. Dopo qualche mese però, Agnese volle tornare in via Carlo Alberto, anche perchè il conte si era invaghito di un’altra donna.
Il salotto di Agnese tornò ad essere uno dei più frequentati e nel suo letto si alternavano i più importanti nomi non solo di Torino, ma anche del Nizzardo e della Savoia.
A quaranta anni Agnese era sempre più affascinante che a trenta, ma a cinquanta la sua bellezza ed il suo vigore cominciavano a sfiorire. Le venne suggerito di bere sangue umano di persone giovani, per ritrovare la sua freschezza facendola ringiovanire.
Dopo l’iniziale riluttanza Agnese cedette al desiderio di rimanere giovane il più a lungo possibile.
Tenne un diario nel quale annotava la sua “Cura della Giovinezza”: girava per i sobborghi alla ricerca di fanciulle disposte a cederle il loro sangue dietro un lauto compenso. Nessuno seppe mai chi fosse, perché quando avvicinava una ragazza, teneva il volto coperto da un velo. Pare che molte ragazze, tra i tredici e i sedici anni, accettassero senza farne parola con nessuno.
Agnese era gentilissima e le pagava molto bene. Così per circa una quarantina d’anni bevve una tazza di sangue alla settimana.
Purtroppo non ci sono immagini che possano testimoniare i reali effetti di questa cura però la descrizione che abbiamo di lei, anche in età ormai molto avanzata, è di una donna sempre bella al punto che un giovane ufficiale si innamorò follemente di lei quando aveva già compiuto ottantadue anni.
Nel 1785 morì novantottenne, a Villadeati nell’alessandrino, dove si era ritirata in una sua proprietà.

101 - La scuola di Guerra
Fino al 1863 ospita il Ministero delle Finanze poi dal novembre 1867 sede della Scuola Superiore di Guerra, poi trasferitasi (1911) nel nuovo palazzo di Corso Vinzaglio. Nel 1942 la scuola venne spostata prima a Salsomaggiore poi a Civitavecchia.
Il palazzo venne ceduto nel 1873 alla Banca Subalpina con l’obbligo di costruire una Galleria di comunicazione tra piazza Castello e piazza Carlo Alberto.

101 - L'ambasciatore dello zar
Nell'isola di Santo Spirito, in contrada dellla Dogana 6 (ora via Cesare Battisti), nel 1815 vi era la residenza del principe Kosloffsky, ciambellano dell'imperatore di tutte le Russie e ministro plenipotenziario presso la corte dei Savoia

101 - Amministrazione reale
Nel palazzo Nomis di Pollone, a fine 700 dalla parte di via C.Battisti avevano sede gli Uffici Generali delle Regie Finanze, del Soldo, delle Regie Fortificazioni e Fabbriche. Dalla parte verso piazza Castello gli uffici delle Regie Poste accanto alla Regia Dogana.
In via Carlo Alberto 6 nel 1869 c’erano gli uffici del Demanio.

image-1image-1Piazza Castello

Leggi la monografia su Piazza Castello

 

 



vedi la panoramica interattiva di piazza Castello (lato est)

 

 

 

Monumento al duca d'Aosta
Il monumento presenta il comandante Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta (1869-1931), affiancato da militari di varie armi della prima Guerra Mondiale. Il complesso scultoreo, eseguito da Eugenio Baroni (1888-1935) e Publio Morbiducci (1889-1963), fu inaugurato nel 1937 in Piazza Castello. Inizialmente doveva essere posto in piazza Vittorio, ma dopo aver fatto una prova (vedi immagini) si preferì l'attuale collocazione.

 

Vedi le immagini del monumento al duca d'Aosta dal 1935 a oggi

 


image-1101 - Circolo del Wihst
Al 23 Circolo del Wihst fondato nel 1841 per volontà di Cavour. I primi 40 soci erano tutti nobili, poi venne aperto a i personaggi insigni. Si pagava una tassa d’entrata di 250 lire e un contributo annuo di L. 75. Successivamente il Circolo si trasferì nella sede attuale di piazza San Carlo 183.

101 - Circolo Centrale
Al secondo piano (scala destra) del n. 25 di piazza Castello aveva sede il Circolo Centrale sorto nel 1880 con 650 soci.

image-1image-1image-1101 - Galleria Subalpina
Costruita nel 1875, tre anni dopo impressionò Mark Twain (1835-1910) che ne parlò in “A tramp aboard”.
Il 17 dicembre 1879 vi si effettuò il primo esperimento di illuminazione elettrica in Italia. Agli albori del cinema, qui si radunavano e si sceglievano le comparse.

 



 

image-1image-1101- Caffè Chantant
Il cavalier Romano a fine '800 gestiva un caffè concerto in piazza Castello che tra l'altro era il preferito da Nietzsche, nello spazio prospiciente il caffè Baratti. Durante l’estate, fino al 1936, veniva eretto all’angolo della piazza un edificio di legno chiamato Caffè-Teatro.
Il locale aveva molto successo e così Romano decise di aprirne anche uno al chiuso. Insieme con altre attrazioni, il Romano iniziò anche a proiettare film: prima i cortometraggi che arrivavano dalla Francia, poi quelli italiani: ebbe infatti grande rilievo la proiezione, domenica 17 settembre 1905, del film «La presa di Roma».
image-1Dopo la prima guerra mondiale, con la crisi dell'industria cinematografica, le proiezioni si fanno sempre più rare: come afferma «La Stampa» nel numero dell'8 luglio 1920, il locale si caratterizza come un «varietà di prim'ordine» e al bar si servono «la birra o un americano o lo champagne o un caffè frappè». Il 4 giugno dello stesso anno dà l'addio alle scene proprio sul palco del Romano la soprano Elena Suavis, mentre tra gli altri artisti si segnalano il comico napoletano Cino Borus, la bellissima Edelweiss, il trio Kastelmour, persino il pugile Primo Carnera. Dopo la seconda guerra mondiale (il Romano, bombardato nel 1943, riapre nel 1946) è ancora il varietà a prevalere, grazie alla compagnia comica di Mario Ferrero che resta in cartellone per dieci anni. La stagione cinematografica del Romano, invece, comincia negli anni Sessanta inaugurato con un recital di Vittorio Gassman.

image-1101 - Caffè Baratti
Nel 1858 Ferdinando Baratti conobbe Edoardo Milano, insieme decisero di aprire una confetteria - liquoreria in via Dora Grossa e di iniziare la produzione di prodotti tipici piemontesi tra cui i cioccolatini cremini.
Nel 1875 fu inaugurato in piazza Castello 27/29 il salone di gusto tardo liberty tuttora in attività che forniva anche casa Reale.


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101 - Barbisio
Affacciato sul sottoportico di piazza Castello 36, questo piccolo negozio aperto nel 1934 dalla celebre azienda Barbisio (che aveva un secondo negozio in Via Roma 279, inaugurato nel 1937), conserva l'originale devanture in marmo e l'arredamento interno dalle decorazioni estremamente stilizzate in perfetto stile déco.

image-1101 - La pasticceria più importante
Lo svizzero J. Bass, confettiere, stabilisce nel 1810 la sede della sua confetteria nel sottoportico della “Place Imperiale de la Foire”, poi Piazza della Fiera, poi Piazza Castello n. 23, infine Piazza Castello n. 51. A metà secolo si affianca al titolare il Signor Romana, che alla morte di Bass, 1880, divenne proprietario. Nel 1872 la Confetteria è di Giuseppe Romana e Piotti Francesco che ne acquisiscono un’altra, la celebre confetteria di via Po 4 di Angelo Rocca.
"Romana e Bass" era famosa anche per la magnifica decorazione dei suoi locali, grazie all'intervento di ristrutturazione del 1920 - nei decenni del liberty - di artisti di prima grandezza, come lo scultore Edoardo Rubino. Successivamente, nel 1961, venne sostituita dal negozio di dischi “Maschio” che conservò i soffitti dorati, le colonne di marmi pregiati, le sovraporte di raffinata bellezza, cioè quanto restava della gloriosa "Romana e Bass".

image-1101 – Il genio impazzito
Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900) il grande filosofo tedesco amò la città e abitò all’ultimo piano di via Carlo Alberto 6. Qui scrisse: Ecce homo, L’anticristo, Il crepuscolo degli idoli e i manoscritti che saranno raccolti ne La volontà di potenza. Proprio in questa via, vedendo un carrettiere che malmenava il suo cavallo, ebbe la prima crisi di pazzia.

Leggi le considerazioni di Nietzsche su Torino

 

101 – Lotto milionario
Intorno al 1869 nel cortile di via Carlo Alberto 4, ogni sabato alle 15, avveniva l’estrazione del Lotto. Nel 1868 le giocate ammontarono a 2.542.475 lire (10.312.271 Euro) e le vincite fruttarono L. 1.897.610 ( 7.696.701 Euro).

image-1image-1101 - Lo sfortunato diamante di Napoleone
In via Accademia dlle Scienze 3/B c'era la famosa gioielleria Capello. Fondata nel 1837, la Ditta Capello nel XIX secolo aveva bottega in via Po 18, e da essa uscirono gioielli famosi, come il brillante di Napoleone che s'appunta ad una curiosa storia. Questa pietra, che suscitò la meraviglia di quanti la poterono ammirare all'esposizione del 1911, apparteneva all'Imperatore di Francia. e misurava ben 51 carati. Come ogni pietra famosa, anche questo brillante aveva un nome "Porte Boheur". Ma di fortuna vera e propria non si può parlare. Il brillante fu acquistato da una famosa ballerina che, ridotta in miseria lo portò al Monte di Pietà, dove fu poi venduto all'asta per un milione e seicentomila franchi. Di questa preziosa pietra non si hanno più notizie, ma una fedele copia veniva conservata nella Gioielleria Capello, insieme a vecchi disegni di pregiati ventagli, diademi, parures. L'arredamento del negozio di via Accademia era ispirato al tipo "salotto" ed anche i sistemi di vendita erano improntati a quella tradizione tipicamente torinese intessuta di quella cortesia quieta e serena che ferma il tempo in un passato assai remoto.

image-1Segreterie di Stato e Prefettura
Il palazzo dove avevano sede le Segreterie di Stato, vale a dire i ministeri sabaudi, voluto da Vittorio Amedeo II, venne realizzato nel 1732 su progetto di Filippo Juvarra. Il suo successore, Benedetto Alfieri, gli diede l’aspetto attuale e la connessione al sistema della zona di comando annesso a palazzo Reale. Prima del trasferimento della capitale a Firenze, nel 1865, vi avevano sede i Ministeri di Grazia e Giustizia, della Guerra, dell’Interno e degli Esteri. Nel 1943 il palazzo venne danneggiato dai bombardamenti degli Alleati.
Anche questo fu uno dei teatri della "strage di Torino" del 1864.
Attualmente è la sede della Prefettura in piazza Castello 205.

 

Approfondimento: Cronologia dei ministri, dei governi e ministeri che sono stati ospitati nlle Segreterie di Stato dalla loro fondazioneal trasferimento della capitale.
Famiglie della nobiltà, sdignitari, segretari di stato e ministri.

 

 

Il furto al ministero
Il 15 dicembre 1857 avviene l’impensabile: un certo Ferdinando Dasserio tenta di scassinare la cassaforte al Ministero degli Interni in piazza Castello 12. Viene sorpreso proprio dal ministro Urbano Rattazzi e bloccato da altri impiegati. Il fatto alimenta la sfiducia verso le forze dell’ordine e, unitamente al recente risultato elettorale, induce Rattazzi alle dimissioni con il primo ministro Cavour che assume anche il dicastero degli Interni ad interim.

image-1image-1image-1107 – Teatro Regio
Costruito nel 1740, è stato distrutto da un incendio nel 1936 e ricostruito nel 1973; della costruzione originale rimane la facciata, attualmente parte del sito seriale UNESCO Residenze Sabaude iscritto alla Lista del Patrimonio dell'Umanità dal 1977.

Inaugurato il 26 dicembre 1740 con l’”Arsace“ di Metastasio. Il re lo volle senza facciata che lo distinguesse dalle segreterie di stato, per non rompere la simmetria della piazza. Ebbe diversi nomi: Nazionale, Delle Arti, Imperiale, ma i torinesi lo chiamavano “Teatro grand”.

image-1Costruito con un prestito della “Società dei Signori Cavalieri”, quaranta nobili che anticiparono al Re la somma di centomila lire, senza interessi, in cambio dei controllo delle logge, del prezzo dei biglietti, della stampa dei libretti d’opera, della vendita esclusiva dei rinfreschi e del controllo del gioco d’azzardo, che era pratica abituale nei palchi. Inoltre la società acquisiva il controllo di tutte le rappresentazioni pubbliche per sei anni.
Durante le rappresentazioni nei 152 palchi (più quello reale) si chiacchierava, si mangiava e, soprattutto, si giocava d’azzardo.
Il loggione, chiamato Paradiso, dal popolino invece era detto Inferno a causa del caldo.
Il teatro ospitò la prima orchestra stabile, di 36 elementi, nel 1736.
La regia etichetta prevedeva che, in presenza del re, fossero proibiti sia gli applausi che le disapprovazioni. Nel 1846 due avvocati si permisero di fischiare, furono subito arrestati e trattenuti nel “crottone” di palazzo Madama per una notte.

Domenico Cimarosa (1749-1801) scrisse espressamente per il Regio due opere: “Artaserse”, nel 1784, e “Volodimiro”, nel 1787, tra gli interpreti il famoso cantante castrato Girolamo Crescentini.
Il teatro ospitò tre tornei storici nel 1839, 1864 e 1902. Il primo 21 febbraio 1839, organizzato in onore del Granduca Alessandro futuro zar di Russia, vide in azione tre quadriglie, una inglese, una francese e una italiana, comandata dal marchese Cordero di Pamparato, che si cimentarono in complesse figurazioni che suscitarono grande entusiasmo.
Nel Risorgimento ci furono burle famose: una sera del 1849 l’avvocato Scavazzi, travestito da fioraia, distribuì mazzetti tricolori al Regio.

Pubblico d'altri tempi al Teatro Regio
Nel 1739, parlando del nuovo Teatro Regio (appena ultimato e prossimo all'inaugurazione), il francese Charles De Brosses scrisse: "E' uno dei più belli e dei meglio concepiti che vi siano in Italia. Non è stato ancora usato, comincerà a lavorare solo il prossimo inverno.
L'Opera di Torino è molto apprezzata; dicono abbia sempre un'ottima musica; spero sia anche meno chiassosa di quelle delle altre città".
Non bisogna dimenticare che, all'epoca, era normale abitudine durante gli spettacoli lirici chiacchierare ad alta voce, specialmente quando l'azione languiva.
Mentre si attendeva il "grande cantante" o l'aria "famosa" ci si faceva visita da palco a palco, si mangiava, si giocava d'azzardo.
Isl pubblico plebeo non aveva diritto d'applaudire o di manifestare in qualche modo la propria approvazione; solo al Re spettava il privilegio di chiedere un "bis".

Approfondimento: il Regio visto da un inglese nel '700

Leggi l'approfondimento sull'incendio e la ricostruzione del Regio

Vedi le immagini del teatro Regio dal 1740 ad oggi

image-1image-1107 - Esordio di Puccini e Toscanini
Col trasferimento della capitale a Firenze il teatro, così come il Carignano, venne offerto a titolo d’indennizzo al Comune.
Nel febbraio del 1893 il trentacinquenne Giacomo Puccini, per otto volte, fu chiamato alla ribalta dal pubblico, entusiasta dalla prima esecuzione assoluta della Manon Lescaut un trionfo che diede inizio alla carriera del compositore. Tre anni più tardi il teatro ospitò anche la prima della Boheme, anche se l’autore non voleva si tenesse a Torino.
Arturo Toscanini esordì nel dicembre 1895, dirigendo la prima edizione italiana del “Crepuscolo degli dei” e per questo rimase sempre particolarmente legato alla città.
Toscanini collaborò col Regio fino al 1898.
Nel giugno del 1919. durante le prove ,avvenne la famosa lite col secondo violino che rimase ferito ad un occhio da un archetto spezzato.
Proprio Toscanini introdusse al Regio, per la prima volta in Italia, il buio completo in sala durante gli spettacoli.
L’8 febbraio 1936, verso mezzanotte, dopo la rappresentazione di “Liolà” del Mulé, per un cortocircuito sotto il palcoscenico, scoppiò un incendio che in un’ora distrusse il teatro.
All’interno erano previsti la “Bottega de’ Rinfreschi”, quella delle “Galanterie”, che offriva tabaccheria e articoli di bigiotteria, e le “Camere pel Giuoco”.
Essendo il teatro di corte i palchi erano assegnati dal re, che distribuiva le chiavi in autunno, solo ai nobili. Ogni anno il re faceva trovare in ogni palco un ricco ventaglio con inciso il nome degli occupanti.
Quando una novella sposa dell’aristocrazia andava al Regio per la prima volta, il picchetto di guardia usciva per presentare le armi. Il comandante offriva alla sposina un mazzo di fiori e riceveva in cambio una sciarpa ricamata.
Nel dicembre del 1916 Richard Strauss (1864-1949) diresse per la prima volta in Italia, al Teatro Regio, la sua opera “Salomè”.
Ballerina sfortunata
Qui si esibì anche Claudina Cucchi celebre ballerina, che ebbe una relazione con Vittorio Emanuele II e morì in miseria a Milano.

107 - Polizia “croata”
Il 9 febbraio 1854 durante una rappresentazione dell’Ernani, in teatro si ebbero forti manifestazioni di dissenso per la qualità dell’interpretazione, al punto che dovettero intervenire alcune guardie. Forse perchè era presente il severo ministro dell’Interno Gustavo Ponza di San Martino gli agenti usarono le maniere forti, minacciando con le pistole e usando le manette per arrestare i più agitati. Il fatto suscitò parecchio scalpore e sui giornali dell’opposizione questi metodi vennero definiti “croati” (richiamando la durezza delle truppe austro-ungariche). Il ministro per tacitare le critiche decise di espellere dal corpo uno degli agenti protagonisti della vicenda.

Tamagno con la banda
Il 15 dicembre 1901 il tenore Francesco Tamagno doveva esibirsi al Regio per beneficenza, per pagare il mantenimento di 30 letti all’ospedale Maria Vittoria, per tutto l’anno successivo. L’orchestra, però, si rifiutava di esibirsi gratuitamente, cosi il tenore decise di cantare accompagnato dalla banda del Comune. Fu un trionfo.

Leggi l'approfondimento: chi era il "Foriere" nei teatri torinesi?

107 - L’architetto del Regio
Carlo Mollino (1905-1973) Dopo gli studi al San Giuseppe nel 1931 si laurea in architettura.
Fu anche pilota di aeroplani e di auto da corsa, scrittore, fotografo e grande appassionato di sci. Nel 1953, vinto il concorso a professore ordinario, ottiene la cattedra di Composizione architettonica che conserva fino alla morte. Nel 1957 partecipa al Comitato organizzativo della XI Triennale di Milano. Scompare improvvisamente nel 1973. Oltre al Regio, inaugurato il 10 aprile 1973, progettò anche l’Auditorium Rai e la Camera di Commercio.

 

 



107 – La moda maschile nell’ottocento
Alle feste i più eleganti disdegnavano il nero (per non confondersi con i camerieri), vestivano di panno verde, azzurro o caffè chiaro, con collare di velluto dello stesso colore e bottoni dorati, calzoni stretti alle gambe, fino alle caviglie, chiusi da bottoncini sopra le calze di seta, con scarpe di vernice.
Il problema era arrivare puliti per il pessimo stato delle strade, non era raro, quindi, indossare calosce di carta pesante.

image-1image-1image-1image-1107 – Accademia Militare Reale
Nacque dalla Reale Scuola di Artiglieria e Fortificazioni sabauda. Fu inaugurata il primo gennaio 1679 con giovani allievi di nobili casati, anche stranieri, principalmente inglesi, russi e tedeschi. I primi diplomati entrarono in azione nel 1706, proprio a Torino, contro l’esercito francese sul quale ebbero la meglio, e la cui ritirata fu scandita dalla marcia del Principe Eugenio, adottata in seguito come marcia ufficiale dell’ Accademia.

Nel 1798 soppressa dai Francesi, venne ristabilita dopo la Restaurazione: si era ammessi con la sola approvazione del re. 200 era il numero degli allievi previsti, 75 dei quali erano a carico del Governo e 16 “Paggi d’Onore del Re”, con pensione pagata dalla Reale Casa.

image-1image-1L’ammissione era tra i 9 e i 12 anni di età e la durata del corso era di 8 anni per diventare sottotenente di Fanteria o Cavalleria; di nove anni per gli allievi dell’Artiglieria e Genio.
Il 15 marzo 1849 Carlo Alberto concesse all’Istituto la bandiera tricolore, in sostituzione di quella con la croce bianca in campo rosso.
Da qui uscirono 16 generali d’armata, 23 ministri della guerra e gli artefici della vittoria nel primo conflitto mondiale: Luigi Cadorna, Armando Diaz, Enrico Caviglia, il duca d’Aosta e anche Pietro Badoglio.
Fu rasa al suolo dalle bombe della 2° guerra mondiale

107 - Il giovane Cavour
Camillo Cavour entrò all’Accademia militare nel 1820, aveva solo dieci anni.
Diede subito segni di grande perspicacia e di intelligenza non comune. Aveva una grande memoria, amava molto leggere , specie testi politici e storici. Dopo i fatti del 1821, che lo avevano molto colpito, volle tenersi sempre aggiornato: faceva venire il fratello maggiore Gustavo che, nel parlatorio dell’Accademia, dietro la grata che divideva i cadetti dai visitatori, gli leggeva i giornali.
Non era studioso, ma nelle poche settimane precedenti gli esami si dedicava totalmente ai libri e passava sempre con i voti migliori di tutti.

107 - Gli studi di Cavour
All’Accademia Militare gli studi letterari non erano molto approfonditi.
Infatti Cavour, che vi studiò giovinetto, rimpianse più volte questa manchevolezza che, nel corso della sua carriera politica, gli impedirà di esprimere con eleganza il suo pensiero, specialmente in italiano: “Nella mia giovinezza nessuno mi ha insegnato a scrivere, né ho avuto un insegnante di retorica, per questo ho sempre una grande apprensione quando devo mandare un manoscritto alle stampe”.

107 - Axel vonFersen, il Casanova svedese
Il militare e diplomatico svedese Hans Axel von Fersen (1755-1810) studiò all’Accademia Militare di contrada della Zecca (via Verdi) dai 16 ai 18 anni, dal 1771 al 1773. È famoso per essere stato il presunto amante della regina Maria Antonietta di Francia e il principale artefice della fallita fuga a Varennes. Nel 1779 entrò al servizio militare francese con il reggimento Royal-Bavière. Accompagnò il generale Rochambeau in America e servì anche da interprete tra Rochambeau e Washington.
Si distinse militarmente, in particolare durante l'assedio di Yorktown del 1781 e nel 1785 fu creato colonnello proprietario del reggimento Royal Suédois. Alla fine della rivoluzione americana divenne un membro originale della Società dei Cincinnati. Fu noto come amatore ed ebbe relazioni con varie donne, soprattutto con l'avventuriera italiana Eleanore Sullivan, e con la duchessa reale Edvige Elisabetta Carlotta di Holstein-Gottorp, sposata con il futuro re Carlo XIII di Svezia (quest'ultimo era, a sua volta, l'amante della cugina di Axel, Augusta von Fersen).
E' anche uno dei protagonisti di “Le Rose di Versailles” (tragedia scritta negli Anni Settanta dalla giapponese Riyoko Ikeda, ambientata in Francia all’epoca della Rivoluzione Francese e diventata un celebre fumetto e una serie televisiva anime)

 

107 - L’ammiraglio della sconfitta di Lissa
In via della Zecca 7 (via Verdi) abitava l’ammiraglio Carlo Persano (1806-1883).
Senatore, ministro della Marina, nel 1866, ebbe il comando della flotta nell’Adriatico.
Battuto a Lissa fu giudicato colpevole di inettitudine, privato del grado e delle decorazioni e radiato dalla Regia Marina.

 

 

 

 

 

 



image-1image-1107 - Archivio di Stato
Costituito nel 1731, attivo tuttora in piazza Castello 209

107 – Oreficeria Regia
Nel 1781 era ubicata sotto i portici del real teatro, nel cantone di S.Luca, diretta da Giambattista Boucheron, professore della reale Accademia di pittura e scultura.

 

 

 

 

 

 

image-1image-1107 – Cavallerizza - Scuderie Chiablese
In via Verdi 9 a fianco dell’Accademia militare, le ampie scuderie reali e Chiablese, denominate Cavallerizza, composto da quattro bracci di scuderie a croce.
Attualmente viene utilizzato come sede espositiva.

 

 

108 - Il primo parafulmine
Giovan Battista Beccaria (1716-1781), è il padre dell’elettricismo italiano, abitava in via Po 1, in casa Manati, in una stanza poi occupata dall’Hotel Londra, sopra il caffè Dilei. Dal 1757 Beniamino Franklin e Beccaria erano in corrispondenza. In questa casa Beccaria installò il primo parafulmine.

 

 



image-1108 – Il grafico sotto i portici
A metà dell’800 il cavalier Mirano, povero in canna, divenne un’istituzione. Per campare aveva organizzato un vero e proprio studio di grafica all’aperto in via Po, sotto i portici, accosto a un pilastro del primo isolato a sinistra.
Non aveva scelto a caso: era uno dei posti di maggior passaggio in città. Abbinava slogan a cartelloni commerciali, fu anche autore teatrale e, nonostante il fisico alto e magro, interprete di Gianduia.

 

108 - In via Po 7 una delle più antiche librerie antiquarie: Bourlot

108 – Il pensiero debole
In via Po 11 l’abitazione di Gianni Vattimo è uno dei massimi teorici del pensiero debole, ovvero di un nuovo modo di porsi del pensiero nei confronti delle problematiche filosofiche ed etiche. L’idea che sta alla base di questa forma di pensiero è che non esiste alcuna possibilità di affermare o raggiungere una qualsiasi verità stabile o definitiva.

 

 

 

 

 

 

108 – L’Almanacco Piemontese
In quest’isolato Onorato De Rossi nel giugno del 1759 aprì una libreria che diventerà tipografia editrice che curerà “l’Almanacco Piemontese”. Fu venduta a Davide e Picco nel 1805.

image-1image-1108 – L’oreficeria più antica
In via Po 1 la più antica oreficeria della città, Musy ,aperta nel 1707 e attiva ancora oggi nella stessa sede. Nel 1707 Giacomo Musy, originario dello Chablais, formatosi come orologiaio a Ginevra, si stabilì ed avviò la propria attività nella manica oggi scomparsa che univa Palazzo reale a Palazzo Madama. Nel 1765i suoi eredi possono fregiarsi ed esibire gli stemmi di fornitori della Real Casa. L'incendio del 1818 li costringe a un forzato trasferimento all'imbocco dell'elegante via Po. Questa è anzi l'occasione per fare del negozio, realizzato nel 1865 dall'ebanista Andrea Perelli, un salotto per i clienti. All'inizio del Novecento i suoi modelli, in parte tutt'ora conservati e premiati a più riprese, fa guadagnare ai Musy il Diploma d'Onore all' Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna del 1902 . Il negozio rimane in mano alla famiglia fino al 2011. Inuovi proprietari, che acquisiscono anche il marchio, riaprono in quello stesso anno dopo un accurato restauro conservativo del negozio e del suo arredo.

Via Po: shopping galeotto
Dopo la nascita della sua primogenita, nel 1843, Maria Adelaide d'Austria moglie del futuro re Vittorio Emanuele II, fu presa dal desiderio di fare un giro per vedere i negozi di via Po. Un esigenza che costerà gli arresti al marito.
La marchesa D’Azeglio cosi racconta l’avventura:
« La duchessa di Savoia è stata presa da un'estrema curiosità di vedere le botteghe dei portici di Po: si è diretta alla Regina: questa le rispose che una cosa simile non si era mai fatta e che ella non si arrischiava a condurvela. La duchessa provò a rivolgersi al Re, che le rifiutò il permesso. Ma pare che fosse una voglia di gravidanza che bisognava soddisfare a qualunque costo, perché, malgrado tutti i rifiuti, ella si è ben velata, bene incappucciata, con suo marito, ed eccoli fuori, chi dice alle otto del mattino, chi alle otto di sera. Poveretti! Quando rientrarono, il Re mandò Vittorio agli arresti: di che la Duchessa pianse tanto, che il Re ha perdonato, per timore che ella ne soffrisse; ma a condizione che essa non andrebbe più a piangere nella sua camera, perché altrimenti egli non potrebbe più castigare Vittorio delle sue scappate! »

108 - I pesci della regina
La regina Elena, moglie di Vittorio Emanuele II, aveva una particolare passione per la pesca. Dal gioielliere Musy, ogni anno, si faceva preparare speciali targhe d’argentoi con i profili, il peso e i risultati dei tornei di pesca che la sovrana organizzava d’estate a Sant’Anna di Valdieri.

Leggi: Il cavalier Baratta dormiva nei caffè di via Po

108 - Dalla musica alla cannabis
In via Po 3, nel 1852 venne aperto il “Regio stabilimento musicale Giovanni Chiappino”, diventato poi sede della SEMT (Società Editrice Musica Torino), una delle grandi case editrici musicali, ancora attiva nel dopoguerra. Nel 1976 ospitò le Edizioni Musicali Augusta Perez Ilka
In seguito, è diventato un negozio di abbigliamento giovanile e, dal 2018, una rivendita di prodotti a base di cannabis la cui vendita è stata legalizzato con la legge 242 del 2016, purché abbiano un valore del Thc compreso tra lo 0,2% e lo 0,6%.

109 - Stamperia Reale
Nel 1727 Jean Baptiste Chais, stampatore parigino di origine savoiarda, contattò il conte Annibale Maffei, ambasciatore del re di Sardegna in Francia, dicendosi disposto a trasferirsi a Torino per gestire una stamperia regia. Un’istituzione di cui si sentiva la mancanza come lamentava l’abate Francesco Bencini, professore di fisica all’Università, che giudicava bassa la qualità dei libri prodotti in città. A dicembre dello stesso anno Chais si trasferì a Torino con 4 garzoni, istallando la sua bottega nell’isolato dell’Università. Le sue capacità, però, non risultarono soddisfacenti: non fuse nessuna nuova serie di caratteri, limitandosi a usare quelli che erano già in uso alla bottega e nel 1732 il contratto venne revocato. Nel 1741 entrò ufficilamente in funzione la Stamperia Reale nel palazzo del Collegio dei Nobili (85).

Il padre della Nitroglicerina
Il più potente di tutti gli esplosivi, la nitroglicerina, fu scoperta nel 1847 da Ascanio Sobrero (1812-1888). Laureato in medicina a Torino, grazie allo zio, il barone Carlo Raffaello Sobrero, direttore del Laboratorio chimico dell’Arsenale, si appassionò a questa materia trasferendosi a Parigi. Dal 1848 insegnò chimica all’Università, poi alla Scuola di applicazione per ingegneri del Valentino.
Scoprì anche la trinitrina, rimedio per le terapie coronariche.

 

 

109 – Libreria editrice
Nel palazzo dell’Università nel 1867 Hermann Loescher gestiva la Libreria Internazionale, in seguito fonderà la casa editrice che diventerà leader nellle pubblicazioni educative.

109 - L’edicolante generoso
In via Po 17 tra due pilastri si trovava fin dal 1928 l'edicola di Roberto Savio che, eccetto il pomeriggio di Natale, era sempre aperta.
Solitamente alle prime luci del mattino arrivava un signore piccolo, magro dall'aria smunta, vestito in modo dignitoso ma con abiti lisi. Si trattava di un assistente universitario, in ristrettezze economiche, che venne soprannominato “professorin"
Silenzioso e concentrato stava immobile davanti all'espositore dove c'era la prima pagina del giornale, leggeva rapidamente, ma poi una smorfia di delusione lasciava intendere che l'articolo continuava alla pagina successiva, ma lui evidentemente non era in grado di comprare il giornale
Savio decise di aiutarlo così esponeva molto presto le pagine complete del quotidiano che si affrettava a rimuovere subito dopo che il “professorin” aveva completato la lettura. Costui arrivava mattiniero e dopo aver letto il giornale, si toglieva il cappello inchinandosi leggermente in un silenzioso gesto di gratitudine.
L’edicola chiuse nei primi anni '70 del 900.

109 – La scuola di nudo
Nel 1819 in quest’isola operava la Scuola di Pittura e del Nudo e anche la Manifattura Tappezzerie di Fiandra.

image-1109 - Università
Il palazzo sorge dove c’era la casa del misuratore Martinotto, venne realizzato in occasione della riforma del sistema d’istruzione di Vittorio Amedeo II.
Caratteristiche le colonne a rocchi alternati,di modello francese. Il portale su via Verdi, inizialmente ingresso principale, è opera (1834) dell’architetto Giuseppe Maria Talucchi (1782-1863), realizzato dallo scultore Giacomo Spalla.
I corsi iniziarono nell’anno accademico 1720-21.
Nel 1729 fu il primo Ateneo italiano a insegnare architettura, anche se solo nel 1762 venne richiesto agli studenti di seguire i corsi prima di sostenere gli esami.

image-1Nel 1792 a causa delle agitazioni degli studenti l’Ateneo venne chiuso e riaperto solo nel 1799 in pieno clima rivoluzionario. In quel periodo la biblioteca universitaria venne affidata a un ex ballerino del Regio, Augusto Hus, che dopo aver provato a scrivere libri di filosofia, passò al servizio della polizia francese e di quella di Napoli dove poi riprese il mestiere di coreografo.
Nel 1852 fu sede del Ministero della Pubblica Istruzione.

 

109 - Leggi l'approfondimento: "Un orso all'Università nel 1750.

109 - L'abitazione di Filippo Juvarra
L'architetto di corte Filippo Juvarra (1678 – 1736) artefice di molti capolavori architettonici della città, durante il suo soggiorno abitava in alcune stanze del palazzo dell'Università. Amava molto frequentare il Caffè Castello, rinomato ritrovo dell'epoca, sito in via Palazzo di Città, a fianco della chiesa di San Lorenzo.

109 – La "bela Cabassina" sfida gli studenti
Il 6 giugno 1791 una ragazza non proprio illibata, detta “la bela cabassina” (la bella svergognata) rubò a uno studente di medicina 12 lire. Questi protestò ma un amico della signorina lo denunciò al Vicariato per offese. Il funzionario di turno, il notaio Zappa, non insensibile alle grazie della Cabassina, arrestò lo studente. I compagni protestarono, invocando i diritti che la legge riconosceva agli universitari.
Zappa rispose che la matricola, il documento che attestava lo stato studentesco, era buono solo come carta igienica. Scoppiò la rivolta. Ne nacquero disordini sedati con cariche di cavalleria. Vittorio Amedeo III che era a Moncalieri, ordinò di ritirare le truppe, liberare lo studente, rimuovere lo Zappa che dovette fare le sue pubbliche scuse nel cortile dell’Università. Lo stesso dovette fare la Cabassina su un palco eretto per l’occasione in piazza Paesana (Savoia) dove il suo amico venne pubblicamente staffilato.

Vedi le immagini del Rettorato dell'Università

image-1image-1109 - La rivolta del “Macello Reale”
La sera dell’11 gennaio 1821 quattro universitari si presentarono al teatro d’Angennes (isola 121) con berretti rossi adorni di un fiocchetto nero. La polizia, sospettando fossero agitatori politici, alla fine dello spettacolo arrestò uno degli studenti, dopo una colluttazione con altri universitari; gli altri tre riuscirono a fuggire approfittando del parapiglia, ma durante la notte furono tratti pure loro in arresto.




Il giorno dopo il Ministro di polizia, violando la legislazione scolastica, la quale prescriveva che, salvo casi gravissimi, gli studenti dovevano essere sottoposti al giudizio del magistrato degli studi, mandò invece gli arrestati davanti al Magistrato ordinario.

image-1image-1Questo riempì di sdegno gli studenti, i quali, riunitisi in parecchie centinaia nel palazzo dell’Università, iniziarono a protestare contro la violazione degli antichi privilegi, richiedendo la liberazione degli arrestati.

Il conte Prospero Balbo, ministro dell’interno e Rettore dell’Università intimò agli studenti di sgombrare.

Al rifiuto il disordine aumentò; un drappello di carabinieri a cavallo, fu fatto segno a grida e a sassi. Arrivò il governatore della città, conte Thaon di Revel, con quattro compagnie di granatieri con fucili e baionette.

 

Gli studenti rifiutarono di disperdersi, il portone venne forzato, i militari irruppero nell’Università caricando i dimostranti, che si difesero a sassate, fuggendo per le aule incalzati dalla truppa e sciabolati da alcuni ufficiali. Lo stesso Cesare Balbo tentò di fermare il pestaggio urlando: “Cessate, perdio! E’ sangue dei nostri fratelli!”

image-1Il bilancio fu di cinque o sei soldati e più di una trentina di studenti feriti. La violenza delle autorità suscitò lo sdegno della gente come pure l’elogio mandato dal re ai soldati.
I reazionari, invece, si lamentarono perchè si era lasciato per alcune ore sul portone dell’Università il cartello “Macello Reale”. Il principe Carlo Alberto, sospese un ufficiale perché senza ordini si era unito ai granatieri, dimostrò inoltre la sua simpatia verso gli studenti andando a visitare i feriti.

 

image-1109 - Tumulti nel 1885
«Il 10 marzo 1885, in occasione del tredicesimo anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, a Torino si tennero alcune manifestazioni a cui parteciparono gli studenti, tra cui gli iscritti all'Associazione democratica universitaria. Questi assembramenti furono prontamente sciolte dalla forza pubblica, che procedette all'arresto dei partecipanti. Già nei giorni precedenti il prefetto Bartolomeo Casalis aveva mandato nelle aule dell'Università alcuni agenti in borghese, a vigilare sull'ordine pubblico, senza darne avviso alle autorità accademiche. L'11 marzo gli studenti mandarono una loro delegazione in Prefettura per chiedere spiegazioni, trovando però i cancelli chiusi e le forze dell'ordine pronte a respingerli. Mentre la protesta stava montando nel cortile dell'Ateneo, una seconda delegazione si recò nuovamente in Prefettura e fu finalmente accolta. Nel corso dell'assemblea del giorno seguente venne comunicato l'esito dell'incontro: la posizione del prefetto, che rivendicava l'opportunità del proprio operato per il mantenimento dell'ordine pubblico, infiammò i giovani, che mossero in corteo verso piazza Castello. La forza pubblica procedette a disperdere i manifestanti, ad alcuni arresti e al sequestro della bandiera degli studenti. Solo tramite l'intervento del rettore Enrico D'Ovidio si giunse a una tregua, con la restituzione del vessillo e la scarcerazione degli allievi arrestati».

Le Caterinette
All'inizio del l'800 le sartine, dette Caterinette per la loro protettrice Santa Caterina, erano circa 20.000. Se avevano la qualifica di «lavoranti» guadagnavano 40 lire al mese, se erano solamente «aiutanti» (dette allora burdusine) ne guadagnava­no 20. Se sorprese a parlare durante le 13 ore di lavoro giornaliero, la multa era di 40 centesimi. Ma sarà mai stato possibile far tacere per tante ore consecutive una schiera di «catarinette»?
Nel 1936 le sartine torinesi sono meno di 10.000. La loro paga è leggermente aumentata e l'orario di lavoro è ridotto a 11 ore. Alla sera del giovedì l'orario era ridotto così esse potevano uscire con gli studenti, rinnovando il mito di Mario e Dorina, i protagonisti di "Addio Giovinezza" l'operetta del 1911 di Sandro Camasio e Nino Oxilia che cantò gli amori delle sartine e degli studenti torinesi.

Una ciocca di capelli e un ditale bucato
Prima che l'amato partisse per il fronte della grande guerra del '15/'18, le sartine e le ragazze torinesi gli affidavano un ricordo, quasi un porta fortuna per un felice ritorno.
Poi un fitto scambio di lettere e di sospiri teneva in contatto gli studenti, magari volontari in trincea, e le “caterinette”.
Di qualsiasi ceto sociale, tutte quante le signorine erano solite affidare all’amato, prima della partenza, un sacchetto vellutato, preziosamente ricamato a mano, contenente oltre ad un pendaglio di vetro in cui era custodito un ciuffo di capelli (montatura di ottocentesca memoria), un ditale da cucito, tutto traforato in punta, patetica testimonianza del loro lavo­ro e della loro dedizione.

Leggi: le "caterinette" torinesi


109 – Scandalo in città
Tra il 1833 e il 1834 avvengono due fatti di cronaca collegati che destano grande scalpore sia per la loro dinamica, sia perchè coinvolgono due personaggi di spicco. Uno è l’architetto Gaetano Lombardi che, proseguendo il lavoro intrapreso dal padre Lorenzo, realizzò buona parte dell’area tra porta Palazzo e corso Regina, e il "Campo Primitivo” al Cimitero Monumentale, l’altro era Giacomo Spalla professore di scultura alla regia Università e all’Accademia di Belle Arti. Tra le sue opere il portone dell’Università (su via Verdi). Per quindici anni aveva abitato vicino alla famiglia Lombardi di cui era diventato intimo amico, soprattutto della moglie.

109 - Scandalo in città: una macchina infernale
Nel febbraio del 1833 venne recapitata a casa di Gaetano Lombardi una cassetta che i periti poi definiranno una vera e propria macchina infernale costruita con un miscuglio di polvere da sparo, frammenti di vetro e una pistola che, all’atto dell’apertura, avrebbe dovuto far esplodere il tutto. L’aggeggio non funzionò ma scattò subito la caccia al mittente.
Il marchese Taffini d’Acceglio, della segreteria degli Interni, ricevette due lettere scritte dall’avvocato Girolamo Mattirolo e dal notaio Carlo Archini, cognato del Lombardi (entrambi schedati dalla polizia per i moti del 1821) nelle quali si accusava lo scultore Giacomo Spalla.

image-1109 - Scandalo in città: il delitto dell’ebanista
Il 30 gennaio 1834, Giacomo Spalla, muore avvelenato da una boccetta recapitata da un ragazzino descritto poi tra i nove ed i dieci anni, di aspetto insignificante, che aveva bussato alla porta del professore intorno alle 17, quando questi doveva ancora rientrare. Gli aprì la moglie, il ragazzino le diede un pacchetto ben confezionato dicendo: “Lo manda il farmacista, lo speziale Cauda” .
Al ritorno del professore la moglie gli raccontò l’accaduto. “Strano - commentò - Non avevo ordinato nulla”. Scartò il pacchetto e ne venne fuori una boccetta con un liquido verdazzurro e trasparente. Il professore svitò il tappo, annusò il contenuto ed incredibilmente lo bevve d’un sorso. I primi soccorsi furono vani. Giacomo Spalla morì in pochi attimi a causa del micidiale veleno contenuto nella boccetta. Ovviamente il farmacista cadde dalle nuvole e la polizia nonostante diversi mesi di indagini non riuscì a venire a capo del mistero.
Il genero del morto, l’avvocato Giovanni Tommaso Beynotti, confidò al commissario di polizia Perracchi di sospettare del Lombardi (che abitava al 3° piano di casa Gianotti in contrada di San Francesco).
Lombardi e la moglie vengono arrestati e condotti nelle carceri Senatorie per 65 giorni.
Durante una perquisizione in casa del notaio Carlo Archini, lo stesso che aveva scritto una delle lettere accusatorie per la Macchina infernale viene trovata una boccetta con gocce di olio di vetriolo, un veleno che causa atroci dolori.
Ma dopo più di un anno in mancanza di prove definitive e per il fatto che tutti le persone coinvolte erano personaggi di spicco, in stretto contatto con l’ambiente di corte, che in piena restaurazione aborriva gli scandali, il caso venne archiviato. Non si seppe mai chi e perché avvelenò l’illustre ebanista.

image-1image-1109 – Nelle scuderie la Biblioteca Nazionale
Le ex scuderie di Palazzo Carignano divennero il Palazzo delle Poste e Telegrafi. L’edificio fu bombardato durante la II Guerra Mondiale, ma si salvò la facciata che divenne poi quella dell’attuale Biblioteca Nazionale.


Nella notte tra il 25 e il 26 gennaio 1904 si scatenò un incendio in cinque sale della Biblioteca Nazionale che al tempo aveva sede nel palazzo dell’Università di via Po. Il fuoco, estesosi rapidamente grazie alle strutture in legno, e l’acqua usata dai pompieri, arrecarono danni gravissimi soprattutto ai manoscritti. I vigili del fuoco, inoltre, trovarono l’unica porta d’accesso bloccata. Nell’incendio andarono distrutti 24.000 volumi e 2.640 manoscritti di inestimabile valore.
La biblioteca si riprese rapidamente, ma l’8 dicembre 1942, in un bombardamento, furono distrutti più di 15.000 volumi (tra cui quelli geografici con gli atlanti antichi ricchi di mappe) e porzioni del catalogo generale.
Nel 1973 fu inaugurata la nuova sede di piazza Carlo Alberto.

Leggi l'approfondimento sull'incendio della Biblioteca Nazionale nel 1904

109 – I tumulti per il ballo dell’orso
Nel 1755 si registrò nel cortile dell’Università e poi in via Po l’unico tumulto sotto il ferreo regno di Carlo Emanuele III: in novembre arrivò in città un cremonese, allevatore di bestie danzanti. Per l’esibizione del suo orso gli venne assegnato il cortile dell’Università e lui iniziò a costruire il palco in legno. Gli studenti la presero come un’offesa alla sacralità del luogo: distrussero il palco tumultuando nella via. Il conte Bogino, saggiamente, consigliò di non mandare gente armata, ma solo un emissario del re per spiegare che la recita sarebbe stata spostata al Valentino. Finì così con un gran tripudio e osanna al sovrano.

image-1110 - Caffè Fiorio
Era noto anche come il Café d’le cue (il caffè dei codini), roccaforte dell’aristocrazia più reazionaria. Carlo Alberto si informava quotidianamente sull’umore e sulle opinioni dei suoi frequentatori.
Ospitò la 1° riunione del Circolo del Whist (1841).

Vedi l'approfondimento sul caffè Fiorio nel 1845 "covo dei reazionari"

image-1110 - La profumeria dei Barzizza
In via Po 4 è ancora attiva la profumeria dell'Università fondata dalle tre sorelle Barzizza, sorelle del più noto Pippo, direttore d'orchestra, colonna dei canali radiofonici EIAR (RAI ) e zie di Isa, conturbante soubrette delle riviste anni Cinquanta del Novecento. Negli anni della loro gestione, tra il 1920 e il 1980, qui si creavano i prodotti della famiglia Barzizza: ciprie, rossetti ed unguenti per una scelta clientela. Le titolari assieme a questo locale aprirono anche un'altra profumeria poco distante (l'attuale profumeria Niche in via Po, 12/b). Passato poi a gestioni poco attente alla conservazione degli arredi originari, tra il 2000 e il 2001 il locale è stato sottoposto ad un attento restauro della devanture di fine Ottocento e all'integrazione degli arredi lignei rifatti negli ultimi decenni del Novecento.

 

110 - Il figlio illegittimo di Carlo Alberto
In via Cesare Battisti 17 nell'ex palazzo Sarmatoris, diventato poi Nicolis di Robilant, abitò Carlo Felice di Robilant.
Anche il rigido re Carlo Alberto ebbe un figlio naturale con Maria Antonietta Truchsess, figlia del conte Federico von Waldburg, ambasciatore di Prussia a Torino. Per riparare la giovinetta venne velocemente data in sposa al conte Maurizio Nicolis di Robilant, che venne nominato aiutante di campo del re.
Maria Antonietta, diventata dama di compagnia della regina Maria Teresa, l’8 agosto 1826 partorì un maschio che venne chiamato Carlo Felice Nicolis di Robilant.
Avviato tredicenne alla carriera militare divenne poi uno dei principali protagonisti del Risorgimento. Partecièpò alla battaglia di Novara, dove venne ferito. Dopo l’Unità divenne ambasciatore e fu uno degli artefici del trattato della Triplice Alleanza (1882). Eletto senatore, fu ministro degli Esteri del governo Depretis. Morì il 17 ottobre 1888 a Londra. Ai suoi funerali solenni a Torino partecipò anche Friedrich Nietzsche che in una lettera raccontò: “In questi giorni abbiamo avuto il cupo sfarzo di grandi esequie, a cui ha preso parte tutta l’Italia: il conte Robilant, il tipo più venerato dell’aristrocazia piemontese, tra l’altro figlio naturale del re Carlo Alberto, come qui sanno tutti. Con lui l’Italia ha perduto un premier insostituibile”.

image-1image-1110 - L'ufficio di Cavour
In via Cesare Battisti 16, nel palazzo Salmatoris, era ubicato l'ufficio privato di Camillo Benso di Cavour.

 



110 - Il grande violinista
Gaetano Pugnani, violinista e compositore torinese (1721 - 1798). Studiò violino con Giovanni Battista Somis e composizione con V. L. Ciampi.
Abitava in via Bogino 4 lavorando al Regio e a corte.
Fu nominato violinista della Regia Cappella il 19 aprile 1748 e nel 1798 primo violino del Teatro Regio.
Fu uno dei maggiori concertisti del suo tempo, esibendosi con grande successo nelle principali capitali europee. Ebbe tra i suoi allievi Giovanni Battista Viotti, Compose alcune opere teatrali, un balletto, un oratorio, una cantata drammatica, una sorta di poema sinfonico sul Werther (durante il quale inserì la detonazione di un colpo di pistola in scena) e molti concerti per violino, sonate, quartetti, ecc.; celebri a loro tempo i concerti (oggi perduti, tranne uno), la cui struttura, a quanto si può dedurre da quella del suo allievo L. Borghi, anticipava quella del concerto moderno. Ebbe un ruolo non secondario nello sviluppo del violino, che armava di corde grosse, capaci di sopportare una forte pressione, e soprattutto dell’arco.
Morì il 15 luglio 1798 nella sua casa torinese.



110 - Circolo Ufficiali
Al n. 2 di via Po alla fine dell’800 era attivo il Circolo Ufficiali in attività di servizio

110 - Il pittore - scenografo
Al terzo piano della contrada delle Finzanze 4 (attuale via cesare Battisti), nell'isola di San Ludovico, nel 1815 abitava il pittore Luigi Vacca (1778 – 1854) che eseguì lavori per alcune chiese cittadine: Chiesa dei SS. Pietro e Paolo: Rinnovo del voto all'Immacolata nel 1630, 1810, quadro storico; Santa Teresa: decorazioni della cupola, 1820-1826; Santi Martiri: affreschi della volta (Cuore Immacolato di Maria, Sacro Cuore di Gesù, su medaglioni), della cupola e dell'abside (Supplizio dei martiri), 1841-1844; Santissima Trinità: affreschi della cupola (La gloria dei beati nel paradiso), 1844-1847. Quest'opera fu eseguita in collaborazione con Francesco Gonin, che, conosciuto all'Accademia di pittura e scultura di Torino, era in seguito divenuto suo genero, sposandone la figlia Olimpia; Basilica del Corpus Domini: affreschi del 1853. Dal 1799 al 1853 fu anche scenografo, per il Teatro Carignano e il Teatro Regio di Torino.

image-1image-1image-1111 - Palazzo Graneri della Roccia
In via Bogino 9, costruito alla fine del Seicento. Qui nel 1652 c’erano i padri Filippini grazie a un dono per un voto di Lorenzo Scotto, primo elemosiniere di Vittorio Amedeo I, guarito da una malattia. Morto l’abate i Filippini, nel 1675, si trasferiscono dove ora c’è la chiesa di San Filippo.
Nel 1678 il terreno è di proprietà del conte Francesco Maurizio Canalis di Cumiana, padre di Anna Carlotta (sposa in seconde nozze di Vittorio Amedeo II).
Durante l’assedio del 1706 fu sede del comando della difesa della città, affidato al Maresciallo Wilrich Philip Daun. In quell’occasione una cannonata attraversò le inferriate a piano terra uccidendo una persona.
Poi di propretà dei marchesi Della Rocca, quindi del generale Gerbaix De Sonnaz .
Dal 1858 ospitò il Circolo degli Artisti.

52 - Vedi le immagini del palazzo Graneri della Roccia nel corso dei secoli

52 - Leggi: la casa del maresciallo Daun, comandante durante l'assedio del 1706

image-1111- Il Circolo degli Artisti
Venne fondato nel 1847 e riconosciuto dal Decreto Reale del 1857 e successivamente da quello della Giunta Regionale del 1999.
Dal 1857 ha sede nel Palazzo Graneri della Roccia.
Nel suo archivio è documentata la sua lunga storia nel corso della quale soci come Cavour e Rattazzi hanno utilizzato la sede del Circolo per eventi ed incontri politici di rilievo.
Nella sua biblioteca si trovano, oltre a pubblicazioni d’arte, italiane ed internazionali, a partire da fine ‘700, anche i periodici di attualità politica e sociale che coprono due secoli, al pari dell’archivio musicale, tutti vincolati e catalogati dalle rispettive Soprintendenze.
Le arti visive vi sono state protagoniste per la presenza, come soci od ospiti, dei più illustri artisti dell’ottocento e novecento.

 

 

 

 



image-1image-1image-1111 - Albergo Feder
Era uno dei più noti nell'800, ospitò patrioti e letterati. Fu tra i primi ad avere termosifoni e illuminazione a gas. Era sito in via S.Francesco da Paola 4, poi rinominatoTrombetta.
Lo scrittore russo Alessandro Herzen, esule a Torino, racconta che vi “ebbero luogo le mie seconde nozze”.
Qui davanti alcuni appassionati si erano riuniti per salutare la celebre danzatrice austriaca Fanny Elster che si era esibita in città. Era stata addirittura convocata la banda del 1° reggimento guardie. Ma a studenti liberali questo omaggio a un’austriaca non piacque così si mescolarono alla folla e quando l’artista comparve alla finestra si scatenò un putiferio, tra acclamazioni e fischi, cui si aggiunse il clamore della banda, quindi un parapiglia che sconquassò la manifestazione.


111 - Velociferi
In via Bogino 5 nel 1859 aveva sede la direzione dei Velociferi e Messaggerie nazionali. I velociferi erano carrozze particolarmente rapide per i frequenti cambi dei cavalli.

111 - La sorella di Alfieri
Nell’edificio d’angolo tra via principe Amedeo e via S.Francesco da Paola, dal 1768 al 1769 abitò Vittorio Alfieri, nella casa della sorella.

111 - I fratelli Calandra
Il pittore archeologo Edoardo Calandra (1852 - 1911) e il fratello Davide (1856 - 1915), scultore, abitavano in via Principe Amedeo 13.

Vedi l'approfondimento sui fratelli Calandra

111 - Palazzo Colli di Felizzano
Nel palazzo all’angolo tra le vie Principe Amedeo e Bogino, il 23 aprile nacque Anna Teresa Canalis amante e sposa di Vittorio Amedeo II.
Nello stesso palazzo nacque lo scrittore Edoardo Calandra (1852-1911).s

image-1image-1Piazza Carlo Alberto
Anticamente c’era il giardino privato che divideva il palazzo Carignano dalle sue scuderie. Il terreno venne alienato nel 1833 per 70.000 lire.

image-1Vedi la panoramica interattiva a 360° di piazza Carlo Alberto

 

 

 

 

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La cacciata dei templari
Per la costruzione del castello di Porta Fibellona venne demolita la chiesa di San Se­vero, proprietà dei Templari in Torino. I cava­lieri crociati possedevano due chiese con ospizio per i viandanti ed i pellegrini, poco fuori della Porta Fibellona.
San Severo, la prima chiesa, sorgeva presso uno stagno chiamato la Piscina delle rane, sull'area dove ora c'è Pa­lazzo Carignano.
La seconda chiesa, Santa Margherita, sor­geva sull'attuale sito del Palazzo Carpano, all'angolo tra le vie Lagrange e Maria Vittoria.
La demolizione fu possibile perché l'Ordine Templare era stato abolito nel 1312 e tutti i suoi beni erano stati sequestrati e passati all'Ordine gemello dei cavalieri Gerosolimitani.

image-1La prima Camera dei Deputati
L’antico palazzo dei Savoia Carignano si trovava tra piazza Castello e via Viotti ed era chiamato palazzo Vecchio (a fianco dell’albergo Bonne Femme su via Guardinfanti (Barbaroux)), mentre quello attuale, costruito nel 1679, nella piazza omonima, nell’800, era denominato palazzo Nuovo. Cessa di essere residenza dei Savoia-Carignano quando Carlo Alberto, il 27 aprile 1831 sale al trono e si trasferisce a palazzo Reale.

Prima seduta della Camera subalpina
L’8 maggio 1848, verso le 13, in un locale adiacente all’aula della Camera subalpina, di cui sono in corso le ultime rifiniture, si tiene la prima seduta e l’inaugurazione della prima legislatura del parlamento del Regno di Sardegna. Tra le pareti di un tenue verde spento, i banchi laccati in avorio e il rosso cupo dei velluti delle poltrone, si apre una pagina importantissima della storia dell’unificazione italiana.
In città l’entusiasmo e la partecipazione per i primi passi della vita parlamentare sono altissimi: per le strade vengono sventolate le bandiere, una folla plaudente si raduna in piazza Carignano e, alla sera, le case sono illuminate a festa. Le sedute proseguiranno nell’aula regolarmente fino al 28 dicembre 1860 quando, dopo le annessioni del Centro e del Sud, l’antico salone di Palazzo Carignano diverrà troppo piccolo per ospitare tutti i deputati del Regno.

Il primo parlamento italiano

 

 

 

 

image-1La scomunica del Papa
Gli “empi islamiti”, erano responsabili dell’approvazione delle Leggi Rattazzi, che sopprimevano (quali organismi inutili), tutti gli Ordini religiosi mendicanti o contemplativi, lasciando in vita solo quelli impegnati nella cura dei malati o nell’insegnamento. I beni degli Ordini soppressi, confiscati, sarebbero stati utilizzati per finanziare il mantenimento del clero secolare parrocchiale. Il Papa la prese molto male, e reagì scomunicando tutti coloro che, nel Governo e nel Parlamento, queste leggi le avevano proposte ed approvate (compresi Cavour e Vittorio Emanuele).

 

 

 

 

 



image-1image-1Durante la dominazione francese ospitò la Prefettura del Dipartimento di Po.
Vittorio Emanuele II nacque nel 1820 a piano terra nella stanza all’angolo con via Principe Amedeo.
Nella sala attigua per diverso tempo Camillo Cavour ebbe il suo ufficio privato.
Dal balcone sulla piazza che porta il suo nome, il 13 marzo 1821, si affacciò Carlo Alberto per annunciare la Costituzione detta "del 21", poi revocata.
Nel 1848 nel salone al primo piano, già sede di balli e concerti, viene allestita la Camera dei Deputati Subalpina inaugurata l’8 maggio (fino al 1860) e il primo parlamento italiano (dal 1860 al 1865). Nel 1852 fu anche sede del Consiglio di Stato
Nel 1860, essendo l’aula troppo piccola, ne venne approntata una in legno nel cortile del palazzo, usata fino al 1864.
Qui il 18 febbraio 1861 il discorso della corona, scritto da Farini e rivisto da Vittorio Emanuele II, annuncia che l’Italia: “è libera e unita quasi tutta per mirabile aiuto della Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli e per lo splendido valore degli eserciti”.

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L’11 marzo è approvata all’unanimità la proposta: “Vittorio Emanuele II assume per sè e i suoi successori il titolo di Re d’Italia”
Intanto l’architetto Giuseppe Bollati inizia a realizzare l’ampliamento del palazzo (dalla parte di piazza Carlo Alberto), con la nuova aula del Parlamento che non verrà usata nemmeno una volta a causa del trasferimento della capitale a Firenze:
Quest’aula fu demolita dopo il trasferimento della capitale, mentre quella del parlamento Subalpino fu dichiarata intangibile nel 1898.
Attualmente il palazzo ospita il museo del Risorgimento, precedentemente allestito nella Mole Antonelliana.

Palazzo Carignano
Durante l’occupazione napoleonica palazzo Carignano fu sede della Prefettura del Dipartimento di Po
Successivamente fu per qualche tempo sede dello Stato Maggiore dell’esercito Sardo.
Al piano terreno a destra alla fine dell’800 si trovavano gli Uffici del Consorzio Nazionale, creato nel 1866 per riscattare il Debito Pubblico dello Stato. Il suo patrimonio, nel 1898 era di 48 milioni di lire.

Leggi la storia del Reggimento Carignano - Salierès

La verità sulla spedizione dei Mille
Nel 1988 palazzo Carignano ospitò il convegno dei Maestri venerabili della Massoneria in cui venne presentato il documento che certificava della consegna a Garibaldi, a Quarto in partenza per la spedizione dei Mille, di tre milioni di franchi in oro, raccolti appunto dalla Massoneria inglese. Denaro che spiega la sconfitta dell’esercito borbonico da parte di pochi irregolari.
Alla fine della spedizione Ippolito Nievo, tesoriere della spedizione, sparì in mare, insieme alle specifiche di tutti i pagamenti, soprattutto quelle ai generali borbonici che si erano arresi senza combattere.

image-1I baffi di Carlo Alberto
Carlo Alberto nacque a palazzo Carignano il 2 ottobre 1798. Sedicenne, ufficiale napoleonico, inalberava un bel paio di baffi che, all’atto della restaurazione Carlo Felice gli ordinò di tagliare perchè erano roba da carbonaro.
Così dopo il 1821 i baffi sparirono con il rinnegamento dei principi liberali. Fino al 1844 quando insieme ai contatti con liberali ricomparvero i baffi, neri di tinta.
Vittorio Emanuele II invece era biondo-rossiccio, poi si tinse di nero quando iniziò a incanutire.

 

Approfondimento: una serie di lugubri beffe

L'incendio della culla di Vittorio Emanuele
E’ stato il re che, più di ogni altro, ha contraddistinto il Risorgimento. Nacque a palazzo Carignano il 14 marzo 1820 a pianterreno, nell’appartamento a destra.
Quando il padre Carlo Alberto era in esilio a Firenze, ospite del suocero, la culla di Vittorio Emanuele s’incendiò all’improvviso. La fantesca, subito accorsa per spegnerele fiamme non si avvide che il suo vestito aveva a sua volta preso fuoco e, così salvò il principino ma riportò gravissimi danni alla propria persona. Fin qui i fatti storici documentati.
Negli stessi giorni il macellaio fiorentino Tanaca, che aveva il negozio nei pressi di Porta Romana, lamentò la scomparsa del proprio figlioletto, della stessa età del principino; subito qualcuno più tardi metterà in collegamento i due fatti ipotizzando la morte del principino e la sostituzione col figlio del macellaio, spiegando in questo modo la sorprendente differenza tra padre e figlio, sia fisica che negli atteggiamenti e nello stile.

Approfondimento: l'incendio della culla di Vittorio Emanuele II

L’educazione reale
Il futuro re Vittorio Emanuele II, da giovane, venne educato severamente con il fratello Ferdinando (quello del monumento in piazza Solferino). Una volta Ferdinando era passato davanti a persone di servizio senza salutare e togliersi il cappello. Il piccolo non solo venne rimproverato, ma venne obbligato a tornare indietro e a chiedere scusa ai domestici.
I due principini si dovevano alzare alle cinque del mattino per affrontare una dura giornata di studi e di esercizi fisici. Si coricavano alle nove di sera. Ogni settimana i precettori presentavano un resoconto al re che, se negativi, comportavano rimproveri e punizioni, anche caporali con la verga sul fondo schiena.

Approfondimento: l'educazione spartana dei principi Vittorio Emanuele e Ferdinando

Radetzy a Palazzo Carignano
Nel 1842 Vittorio Emanuele, ottenuto il grado di generale, sposò la cugina Maria Adelaide d'Austria, figlia del viceré della Lombardia.
La sposa e la famiglia vennero accompagnati a Torino dal generale Radetzky, comandante di tutte le truppe austriache in Lombardia, che venne alloggiato a Palazzo Carignano.
Re Carlo Alberto lo ricevette subito dopo il suo arrivo e visto che l’austriaco si disse dispiaciuto di non poter assistere al torneo che si doveva tenere in piazza San Carlo, in quanto doveva ripartire presto, organizzò per lui una prova generale nei giardini reali.
Sette anni dopo i due si sarebbero affrontati sul campo di battaglia.

Museo di Mineralogia e Zoologia
Nel palazzo Carignano, con ingresso da piazza Carlo Alberto, nel XIX secolo ebbe sede il Museo di Mineralogia e Zoologia.

Il padiglione abbandonato
Sotto il cortile di Palazzo Carignano c’è, abbandonato, un grande padiglione, di duemila metri quadrati, realizzato dall’architetto Andrea Bruno per la Regione e mai utilizzato. Unico indizio sono le quattro lastre di metallo agli angoli del cortile che proteggono i grandi lucernai in corrispondenza dei pilastri che reggono i soffitti alti 5,50 metri. Era stato pensato per dotare il Palazzo di una sala polifunzionale, capace di ospitare trecento persone sedute e più del doppio in piedi.
I lavori durarono dal 1987 al 1994: venne scavato il cortile per 11 metri. La struttura sotterranea è su due piani: il più profondo per i servizi tecnici e la centrale termica del palazzo, quello superiore per il grande padiglione.

Biblioteca nazionale universitaria
E' una delle più importanti biblioteche italiane. La sede attuale è stata costruita nel 1958 (fino al 1973) nell'area delle ex-Scuderie di palazzo Carignano in piazza Carlo Alberto, conservando sulla piazza, la superstite facciata delle scuderie.
Le sue origini risalgono al 1720, quando Vittorio Amedeo II di Savoia diede vita alla Regia Biblioteca Universitaria, frutto dell'unione della raccolta libraria dell'ateneo torinese e del fondo ducale sabaudo. Tra i secoli XVIII e XIX, nell'ottica di sostegno all'attività scientifica promosso dai Savoia, alla biblioteca confluirono molti lasciti e acquisizioni, tra cui, nel 1824, quello dei manoscritti dello Scriptorium dell'abbazia di San Colombano a Bobbio.
Dichiarata biblioteca nazionale nel 1873, alla fine dell'Ottocento accoglieva 250.000 volumi, 4.200 manoscritti e 1.000 incunaboli. Il 26 gennaio 1904 un incendio distrusse metà dei manoscritti - alcuni di estrema rarità e valore - e 30 mila volumi. Gli effetti dei bombardamenti del 1942 danneggiarono ulteriormente parte dei volumi a stampa custoditi nella biblioteca.
La vecchia sede della Biblioteca nazionale universitaria è stata distrutta durante la seconda guerra mondiale.
Nel 2011 la Biblioteca nazionale universitaria di Torino possedeva 763.833 volumi a stampa, 2.095 periodici in corso, 4.554 manoscritti, 1.603 incunaboli e 10.063 cinquecentine.
Tra i manoscritti, la raccolta di brani musicali spagnoli detta Cancionero de Turín.
Uno dei patrimoni più importanti della biblioteca è rappresentato dalla raccolta quasi completa degli spartiti autografi di Antonio Vivaldi, formata da circa 450 documenti appartenuti al musicista veneziano

Globo Geografico
Alla Biblioteca Nazionale di Torino appartiene il Globo terrestre di Francesco Pilizzoni [o Pellizzoni, o Pelliccioni] detto il Basso Milanese.
E' un mappamondo del 1570 in acciaio, rame, oro e argento, con peculiari aspetti di assoluta unicità. Si tratta desl primo Globo (mappamondo) costruito in Italia, nel quale si legge il nome "America", con l'appellativo "Nova" all'America Meridionale, mentre la Settentrionale vi è detta "Asia Magna quae India Borealis".
Le Terre Incognite Australi sono accompagnate dalla iscrizione "Terra Australis recenter inventa, anno 1499, sed nondum bene cognita", la quale ricorda quella del Mappamondo Cordiforme del Fineo.
Questo Globo di acciaio è tutto lavorato con commesso d'oro e di argento.

Scuola di Guerra e Telegrammi
Dove ora sorge la Biblioteca Nazionale a fine 800 vi era la Scuola di guerra (con ingresso da via Bogino 6) e la Direzione Generale dei Telegrafi con l’ufficio pubblico per la spedizione dei telegrammi.

image-1La triste fine della principessa gaudente
Nel '700 la vita a Corte era molto castigata e severa; in compenso si godeva di continuo e largamente a palazzo Carignano, dove sei giovanissime principesse te­nevano viva ogni conversazione. Primeggiava fra tutte, per bellezza, per ingegno ed anche un poco per civetteria deliziosa, la principessa Maria (Torino, 8 settembre 1749 – Parigi, 3 settembre 1792 - nell'immagine a fianco), destinata a sposare il principe di Lamballe ed alla tragica fine di Parigi durante la rivoluzione
Maria Teresa Luisa di Savoia-Carignano
sposò il principe di Lamballe e si trasferì a Parigi dove strinse una grande amicizia con la regina Maria Antonietta. Fu vittima dei "massacri di settembre" che segnarono l'inizio del Regime del Terrore.
La folla occupò diverse prigioni nelle quali erano detenuti gli aristocratici.
I carnefici si accanirono particolarmente sulla principessa di Lamballe, proprio a causa della sua intimità con la regina.
La donna fu trascinata all'aperto nel cortile della prigione, che sorgeva tra Rue de la Ballet e Rue de Sicile e, dopo un sommario processo, fu sottoposta a torture prima di venire decapitata con un coltello e squartata.
La testa mozzata della principessa venne issata su una picca e portata in corteo; in seguito la testa mozza venne portata da un parrucchiere per essere lavata, pettinata e incipriata in modo da farla riconoscere.
Qui, la famosa Madame Tussaud, ancora giovane apprendista, fece il calco in cera del suo viso come maschera mortuaria, sparita negli anni successivi da un museo londinese.

La testa sopra il palo riprese lentamente il suo cammino, seguita dal suo corpo nudo trascinato sopra il selciato per le gambe, arrivando sotto le finestre della torre del tempio, dove era detenuta Maria Antonietta con la famiglia. La regina fu invitata a gran voce ad affacciarsi per dare l'ultimo saluto alla sua amica del cuore, ella però non vide mai la testa perchè appena apprese di cosa si trattasse cadde svenuta. La figlia Maria Teresa scrisse più avanti: "Fu la prima volta che vidi perdere il controllo a mia madre!".

I resti della principessa verso le 7 della sera vennero recuperati dal cittadino Jaques Poitel, il quale per ordine del Duca de Penthievre, ricco suocero della principessa, aveva pagato per riaverla, mescolandosi nelle schiere dei sanculotti ormai ubriachi; vedendo che i resti erano stati lasciati incustoditi in un cantiere del quartiere Chatelet a Parigi, li prese, fece richiesta ufficiale della testa alla comune e li portò la notte stessa a Vernon dal Duca stesso. I resti furono sepolti in segreto in un roseto nel giardino del Castello di Bizy, a Vernon, dove tutt'ora riposano.

Nel 1929 papa Pio XI attribuì alla principessa di Lamballe la qualifica di martire, dichiarandola "venerabile".



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