Atlante di Torino
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Macelli di Porta Palazzo e via delle Beccherie
Nella prima metà dell'800 nella parte sud di Porta Palazzo era attivo un macello da cui robabilmente prese il nome la "via delle Beccherie" che scomparve nella nuova sistemazione data alla Porta Palatina, con gli sventramenti per la formazione della piazza Cesare Augusto. La contrada delle Beccherie, così detta per le numerose macellerie, andava circa dalla piazza d'Italia (piazza della Repubblica odierna), alla contrada delle Scuderie Reali, altra contrada oggi scomparsa nelle demolizioni di cui sopra. Durante la dominazione francese fu battezzata rue des Boucheries.
Cisterna del Bastione di S.Ottavio
Sul bastione di S.Ottavio era stata approntata una cisterna per la riserva d'acqua, poi denominata "vasca della fontana" (visibile nella mappa della zona ai tempi della mandorla, ad inizio pagine).
Contrada delle Scuderie Reali
Faceva parte della parte più antica della città.
Scomparve per la formazione dell'ultimo tratto della via XX Settembre e più recentemente la zona ebbe ancora cambiamenti per la creazione della piazza Cesare Augusto.
La contrada delle Scuderie Reali iniziava dalla piazza San Giovanni e si dirigeva a nord, piegava quindi ad angolo retto in direzione ovest, diventando cosi la prosecuzione ad est della contrada delle Beccherie.
Prendeva nome dalle scuderie reali che erano al suo sbocco.
Nel medioevo allo sbocco di questa contrada era, nella cinta, la Porta detta del Vescovo. Durante l'occupazione francese la contrada fu denominata rue du Muséum.
Leggi: La prima macelleria equina in contrada delle Scuderie Reali
Casa del Pingone
Costruzione del 500, in via della Basilica 13, per secoli nota come cantone di “monsù Pingon". L’edificio, oltre a qualche resto di finestra del XVI secolo, conserva l’unica torre medievale rimasta in città. Vi abitava Emanuele Filiberto Pingone (1547 - 1582), autore nel 1577 della prima storia di Torino, intitolata “Augusta Taurinorum", con la prima carta precisa di Giovanni Carracha.
51 - Basilica Mauriziana
Alla fine del Cinquecento, l'Arciconfranternita della Santa Croce restaurò la preesistente chiesa romanica del 1207, dedicata a san Paolo. Nel 1678 la chiesa venne rimodernata dall'architetto Antonio Bettino, già collaboratore del Guarini, con un’ampia cupola che sormonta la navata centrale.
Vittorio Amedeo II, nel 1728, l’assegnò all'Ordine Mauriziano e all'Arciconfraternita, che prese il nome di Regia Arciconfraternita dei Santi Maurizio e Lazzaro. La chiesa divenne «basilica magistrale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro». Nel 1729 la facciata venne ridisegnata da Filippo Juvarra.
La facciata attuale, neoclassica, è di Carlo Bernardo Mosca (1835-36).
E' stata la prima chiesa in città dotata di un parafulmine. Qui sono stati sepolti il pittore Domenico Olivero e l'architetto Bertola.
La "macchina processionale"
Nella Sacrestia è conservata una singolare «macchina processionale» in cartapesta raffigurante la Resurrezione, disegnata e realizzata da Francesco Ladatte[1], anch'egli confratello della Confraternita dei Santi Maurizio e Lazzaro
La cripta di San Paolo
Sotto la basilica Mauriziana c’è una cripta, chiusa al pubblico dal 1985; probabilmente corrisponde all’antica cripta della chiesa medievale di San Paolo, risalente al XII secolo. E' costituita da un grande ambiente con dodici colonne e dalla cappella sotterranea a pianta circolare dedicata all’Immacolata Concezione di Maria Santissima. Sulla volta della cappella si intravedono ancora le decorazioni.
I due ambienti sono pieni di lapidi, iscrizioni, epitaffi funerari. L’utilizzo della cripta per scopi funerari è attestato fin dal Seicento.
Qui venivano sepolti i membri della Confraternita di Santa Croce, dell’Arciconfraternita dei Santi Maurizio e Lazzaro (nata e sempre rimasta in questa sede, dal 1729), e i poveri del vicino Ospedale dei Cavalieri (Ospedale dell’Ordine Mauriziano).
In otto pozzi comuni si trovano depositi di salme, inizialmente distinti per sesso (ci sono anche alcuni soldati caduti durante l’assedio del 1706).
51 - Il nano spia
Qui venne sepolto Tiene, il nano di corte di Maria Cristina quando era principessa di Piemonte, confidente della futura Madama reale e, probabilmente, spia dei francesi, morto nel 1622 nel vicino ospedale Mauriziano.
51 - I Cavalieri di San Maurizio
L’Ordine cavalleresco dei Santi Maurizio e Lazzaro fu fondato nel 1572 da Emanuele Filiberto che, con Bolla di Papa Gregorio XIII, fuse l’Ordine ospitaliero gerosolimitano di S.Lazzaro (istituito nel sec. XI-XII) con quello militare-religioso di S.Maurizio (istituito nel 1434 dal duca Amedeo VIII di Savoia). I cavalieri si distinguevano in “Cavalieri di giustizia", con prove nobiliari, e “di grazia", per benemerenze. Per essere accettati nell’Ordine, bisognava essere di famiglia nobile ma studiare e servire in umiltà per cinque anni in convento. Con l’occupazione francese l’Ordine fu sciolto. Nel 1814 per volontà di Vittorio Emanuele I riprese la sua missione di servizio fondando ospedali, asili, opere di beneficenza e di assistenza.
L’ospedale Mauriziano “Ospidal dij Cavajè", in via della Basilica 3, (rimase in questa sede fino al 1881 prima di trasferirsi in corso Unione Sovietica).
L’ospedale Umberto I, conosciuto più semplicemente come Mauriziano
Deve la sua realizzazione
alla Sacra Religione dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’ordine cavalleresco sabaudo che venne riconosciuto da papa Gregorio XIII con la bolla del 13 novembre 1572. Investito l’ordine di compiti assistenziali, la fondazione del primo nosocomio “maggiore” era avvenuta per merito del duca Emanuele Filiberto (1528-1580), Gran Maestro della milizia, nel 1575, in seguito al dono di una casa con corte e orto nel quartiere di Porta Doranea, isola di Santa Croce, vicino alla Basilica Magistrale dei Santi Maurizio e Lazzaro (via Milano 20). Per l’impossibilità di procedere a migliorie, nel 1881 il primo segretario dell’Ordine, si fece promotore presso re Umberto I della realizzazione di un nuovo ospedale che fosse lontano dal centro cittadino e che rispondesse a criteri di salubrità e di igiene. Individuato il sito lungo il viale di Stupinigi (all’altezza dell’attuale corso Filippo Turati), il progetto scaturì dalla collaborazione del direttore sanitario dell’ospedale, il dottor Spantigati e dell’ingegnere igienista, esperto in progettazione sanitaria, Perincioli. Posta la prima pietra l’11 novembre 1881, l’innovativo ospedale a padiglioni separati, il primo in Italia per tipologia, venne inaugurato alla presenza del re il 7 giugno 1885. Ampliato nel 1911-12, l’ospedale fu risistemato tra il 1926 e il 1930 ad opera dell’ingegnere Chevalley. Dopo la guerra furono ricostruite e modificate le parti distrutte dai bombardamenti su progetto di Pestalozza. Seguirono durante gli anni altri ampliamenti.
51 - Galleria Umberto I
Venne inaugurata nel 1890
51 - Il padre delle patate
Al Mauriziano, nel 1830, morì in stato d’indigenza Vincenzo Virginio. Nato nel 1752, avvocato, membro della Reale Società Agraria, fu il pioniere dell coltivazione della patata in Piemonte.
La patata era detta “radice del diavolo", considerata sospetta dai medici che la giudicavano venefica e causa di svariate malattie. Tale era la diffidenza che le patate fecero il loro ingresso nei mercati solo nel 1803, quando Virginio iniziò a distribuirle gratuitamente, insegnando i metodi per cucinarle.
L’Aurora
Nel 1919 Isaia Levi, mercante tessile, fondò in via della Basilica, nel quartiere denominato “Aurora" l’omonima fabbrica di penne stilografiche che inizia con 4 dipendenti, ma arriva ben presto a 200 grazie alla qualità delle sue stilografiche. Levi fu anche presidente dell’editrice Zanichelli e senatore. Nel 1944 fu destituito con gli altri Senatori ritenuti responsabili di aver mantenuto il fascismo e resa possibile la guerra .
51 - Quanti equivoci sul Tasso
In via Egidi 9 si dice sorgesse il palazzo Este-Lanzo, che ospitò Torquato Tasso nel 1578 e una targa lo testimonia. Invece secondo Domenico Perrero (1868), e altre ricerche più recenti, il Palazzo Este, all’epoca del Tasso, era dove attualmente si trova palazzo Chiablese.
In ogni caso il Tasso, in una lettera al Botero del 1584 parla delle “delizie" di Torino “capitale", legate alla “meraviglia" del Parco, opera “magnifica e unica al mondo", che qualche critico ha voluto forzatamente essere fonte di ispirazione per la parte della “Gerusalemme liberata" che descrive il giardino di Armida.
La prima camera del lavoro
Venne aperta in via della Basilica nel 1891, successivamente venne trasferita in via della Zecca 32 (via Verdi) accanto al Distretto Militare. Nel 1897 venne trasferita in corso Siccardi 12 (ora corso Galileo Ferraris 12) nel palazzo dell’ex teatro Politeama trasformato dall’ing. Brayda.
52 – Serial Killer
Franco Fuschi, insospettabile agricoltore della valle di Susa, nell’aprile del 1996 tentò il suicidio sparandosi un colpo di pistola in Pretura, in via Tasso 1, durante un interrogatorio, ma fu salvato miracolosamente. Dai verbali giudiziari emerge una storia terribile: ex collaboratore dei servizi segreti coinvolto in un’inchiesta sul traffico internazionale di armi, reo confesso di 14 omicidi, di cui solo 11 gli verranno accreditati, sospettato di altri omicidi su commissione di esponenti della criminalità organizzata. Fuschi disse anche di aver partecipato alla strage di piazza Fontana nel 1969, su incarico del generale Giancarlo Maletti e del colonnello Antonio Viezzer, di aver preso parte all’omicidio del banchiere Roberto Calvi; di avere commesso tre delitti, quando era in servizio in marina , nel 1964 a Tokyo, Porto Said e Karachi su incarico di mandanti rimasti misteriosi. Viene creduto solo in parte e processato anche per autocalunnia.
52 - Leggi: la casa del maresciallo Daun, comandante durante l'assedio del 1706
La prima Camera del Lavoro
La prima sede dell'AGO (Associazione Generale Operaia) aprì i suoi uffici nel 1891 in via della Basilica. Successivamente si spostò in via della Zecca (Verdi) in un locale municipale a fianco dell'Ufficio di Leva con un sussidio annuo di 5.000 lire. Successivamente la sede venne trasferita nel palazzo di corso Siccardi 7, storico centro delle lotte operaie di inizio 900.
I cambiamenti nel corso di tre secoli
53 - Casa delle Grida - Crocicchio delle 4 Pietre
E’ la casa medievale all’angolo tra via IV Marzo e via Tasso. Se ne ha notizia dal 1323 come proprietà di Pietro Broglia. Le finestre sono in cotto di stile guelfo e le arcate, a sesto ribassato, un tempo probabilmente erano portici.
Nel XIX secolo era sede dell’albergo della Corona Grossa (da cui il nome Contrada della Corona Grossa) risalente perlomeno al XV secolo (quando era detto Hospicium Corone).
Sul cantone omonimo, detto anche “delle grida", venivano affissi gli ordini e i bandi cittadini mentre il messo del Comune, annunciato da un rullo di tamburi, ne dava pubblica lettura.
Era chiamato anche “crocicchio delle Quattro Pietre", nel punto in cui via Porta Palatina incrocia via IV Marzo, un tempo detta Contrada delle Quattro Pietre, per le grosse lastre sistemate in mezzo alla strada sterrata, che, con la pioggia, diventava fango, per cui le quattro pietre si rivelavano provvidenziali per l’attraversamento.
E’ segnalato come uno dei punti magici della città.
Policlinico - Pretura
Qui fino alla 2° metà dell'800 aveva sede il Policlinico Generale. Di seguito ospitò la Pretura.
Le antiche contrade
La zona di largo IV Marzo, creata nel 1893 abbattendo interi isolati medievali con vie e case fatiscenti (a seguito della Legge di Napoli del 1884, che consentiva lo sventramento dei quartieri in forte stato di degrado).
Dove ora si trovano le aiuole era tutto un intricarsi di viuzze e contrade: del Gallo, dei Pasticcieri, delle Maschere, ‘dle Sòme, dei Pellicciai, del Cappel d'oro.
S.Pietro Corte Ducis
Dove ora si trova il giardinetto Bottero, prima del 1729, c’era la chiesetta di S. Pietro “Curte Ducis", così chiamata per la vicinanza con il palazzo Pretorio, poi sede del duca Longobardo (palazzo del Senato in largo IV Marzo 17). Era anche detta San Pietro “del Gallo", probabilmente a causa dell’evangelico animale dipinto sulla facciata insieme a S. Pietro (e dal quale presero nome la contrada e la locanda omonime).Vi si professava il culto Ariano. L'edificio religioso risaliva probabilmente all'età longobarda, ma si hanno notizie certe della sua esistenza solo a partire dal XII secolo. Nel 1729 venne adibita a uso profano.
55 - Tempio di Diana
La chiesa di San Silvestro fu costruita con i marmi dell’antico tempio di Diana che sorgeva con l’ingresso verso l’attuale piazza Corpus Domini. Era vicino a piazza del grano (Diana era protettrice dei raccolti).
La viuzza proibita
Via Conte Verde, detta “viuzza proibita" da Italo Cremona in “Armi improprie" perchè ospitava alcune case chiuse ai numeri 15, 17 e 19. Cremona (1905-1979) pittore surrealista. Frequentò la scuola di Casorati in via Galliari. Aveva lo studio in via Maria Vittoria 52.
Porta Palatina – Torri del Vicariato
Porta Principalis Dextera, detta Porta Palatina, risale al I-II secolo d.C. e rappresenta, nel suo genere, uno dei monumenti meglio conservati di tutto il mondo romano.
Le due torri facevano parte di un palazzo che, secondo il Viriglio ospitò Ponzio Pilato avviato all’esilio in Francia da Caligola, Qui avvenivano i Consigli e i pubblici giudizi
Usato anche dopo la caduta dell’impero romano, l’edificio conservò nel tempo la funzione di palazzo-fortezza, fino al Medioevo inoltrato. Cambiò diverse denominazioni: prima porta Romana, poi Ducalis (Con i Longobardi), Comitalis (Franchi), Turrianca (nel Medioevo, da “Thuria", nome celtico della Dora), Doranea (fino al XV secolo), Palatina e torri d’Ovidio. Il nome di Porta Palazzo (poi acquisito dalla porta medievale aperta al termine della vicina via Milano, e poi dall’intera zona) ne testimonia l’importanza.
Nel 1404 vennero aggiunti i merli.
Dal 1699 non venne più utilizzata come porta, essendo aperta la nuova porta della Vittoria (a porta Palazzo).
L’edificio, usato come prigione fin dal 500, a metà del 1700 diventa carcere femminile.
Nel 1750 nelle vicinanze c’era una grande fontana.
Dal 1869 viene ristrutturata da Carlo Promis, a riprese alterne, fino al 1934. Nel 1922 fuono inserite le statue di Cesare e Augusto regalate alla città da Mussolini. Durante i lavori furono eliminati i merli ghibellini a coda di rondine e venne asportato il tondo in stucco con la scritta “IHS" (ora al Museo Civico di Arte Antica) la cui sistemazione tra le torri risaliva al 1511.
Vedi le immagini della Porta Palatina e delle Torri del Vicariato nel corso dei secoli
Via Milano
Nel XIX secolo era stretta e tortuosa, come tutte le strade medievali cittadine; al fondo verso Borgo Dora si apriva la porta di S. Michele (rinominata “della Vittoria" dopo il successo sui Francesi nel 1706), transito principale della zona nord dopo la parziale chiusura della Porta Palatina. Dove via Milano sbocca in piazza della Repubblica (nell’angolo sinistro dei palazzi porticati juvarriani, dove comincia il vicolo delle Tre Galline) sorgeva ancora nel ’700 l’ottagonale e antichissima chiesa di S. Michele, forse di fondazione longobarda, risalente al XI secolo. Nel 1729, su progetto dello Juvarra, si operò una radicale rettifica della strada. Si dovettero abbattere tutti i corpi sporgenti sull’asse della nuova via, compresa una porzione della chiesa di S. Domenico, e anche la chiesa di S. Michele.
La forma poligonale della piazzetta “degli animali" è dovuta alla preesistenza della basilica magistrale dei SS. Maurizio e Lazzaro, già collocata in obliquo. L’attuale chiesa barocca sorge sul medesimo sito dell’antica chiesa di S. Paolo, citata nei documenti fin dal 1207.
La Porta di S.Michele nel 1736-55 venne ampliata e rettificata.
La via prende il nome attuale quando i milanesi donano la statua dedicata all’esercito piemontese, scolpita da Vincenzo Vela (1857) posta in piazza Castello
Il lazzaretto degli appestati
Nel 1522 fuori Porta palazzo, vicino a una fontana dedicata a S.Barbara e a una cappella di S.Rocco, venne allestito il lazzaretto dove ospitare gli appestati.
70 – Guardie svizzere
Nell'isola di San Marziale (non più esistente - più o meno dove ora c'è il giardino davanti alla Porta Palatina - vedere la mappa ai tempi della mandorla all'inizio di questa pagina) si trovava la caserma delle guardie svizzere. In base ai provvedimenti della Dieta Federale un trattato di alleanza tra una potenza straniera e uno o più cantoni conferiva il diritto di arruolare in Svizzera uomini per il servizio militare all’estero. Nel 1577 i cantoni della Svizzera centrale e quello di Friburgo conclusero un accordo di questo genere con i Savoia, mentre Berna li seguì nel 1617.
Emanuele Filiberto, non avendo modo di utilizzare le migliaia di fanti che il trattato lo autorizzava ad arruolare, manifestò la sua amicizia verso i cantoni aumentando nel 1579 la sua guardia personale di una compagnia svizzera, a 3 ufficiali e 70 soldati. Carlo Emanuele I istituì la Guardia Svizzera (o Cento Svizzeri della Guardia), che fu mantenuta fino al 1831.
Gli svizzeri erano accasermati vicino alla residenza del Duca, nell’isola di San Marziale.
71 - Il cit d’le Tour bandito gentiluomo
Il famoso bandito Ernesto Berra, soprannominato così perchè la sua iniziazione avvenne nell’osteria Garibaldi in via Croce d’Oro, vicino alle torri Palatine. Effettuò diversi colpi famosi, tra cui quello, su commissione, alla banca Dellapierre, in via Rossini. Scoperto fuggì tuffandosi nella Dora gelata.
Il Cit fu protagonista di molti altri fatti clamorosi: un tenente che aveva ricevuto dal suo capitano morente in Africa, lettere inviategli dalla sua amante, tornato a Torino contattò la donna, ma anzichè restituirle le missive, come promesso, chiese in cambio le grazie della signora, altrimenti le avrebbe date al marito. La signora aveva accolto e aiutato una giovane che era protetta da Ernesto Berra, mentre era in fuga fuori città. Fu proprio lui, informato della faccenda, a svaligiare la casa del militare in via Garibaldi 6, restituendo senza chiedere nulla le lettere alla proprietaria.
Tradito e arrestato fu condotto in Questura (a fianco dellla chiesa di S.Cristina in piazza S.Carlo) nell’ufficio dell’ispettore Falcioni, al primo piano. Durante una pausa degli interrogatori tentò la fuga slanciandosi dalla finestra atterando in piazza, ma si fece male a una gamba e fu subito ripreso.
Fu condannato a 30 anni di cui 8 in segregazione.
Dopo 24 anni di reclusione, mentre era rinchiuso nel carcere di Oneglia, nel 1919 fuggì, tornò a Torino dove con l’aiuto di un giornalista de La Stampa, iniziò a lavorare sotto il nome di Ermenegildo Bena. Venne nuovamente arrestato nel maggio del 1922, quindi graziato e liberato.
71 - Il delitto di via Porta Palatina
Nell’ottobre del 1934, il meccanico Pietro Galeazzo (25 anni) è autore di un duplice delitto nella sua casa in via Porta Palatina n. 12.
Denuncia la scomparsa della moglie Rosina (5 anni) e del figlio Bruno (40 giorni) e lancia anche un appello sul “La Stampa” per ritrovarli; ma la portinaia dello stabile lo accusa raccontando di liti e maltrattamenti. Nelle cantine, in un pozzo asciutto, vengono ritrovati i due cadaveri.
Il Galeazzo confessa e racconta di aver litigato con Rosina perché il figlio piangeva, lei glielo avrebbe scaraventato addosso e, nella caduta, il piccolino sarebbe morto. Allora Galeazzo, esasperato, avrebbeo colpito la moglie su una tempia, uccidendola all’istante.
Il fattaccio, però, aveva un movente ben preciso: il Galeazzo si era innamorato di una giovane, Anna Bressan, di Sant’Antonino di Susa, mettendola incinta, giurando di essere scapolo e di poterla sposare.
Quando Anna seppe la verità iniziarono i problemi, così il Galeazzo uccise la moglie per poter sposare l’amante.
All’inizio del processo (dicembre 1935) il presidente della Corte d’Assise ferma la demolizione della casa (tra le vie Porta Palatina, XX Settembre, IV Marzo, della Basilica) che doveva essere sostituita dal nuovo Palazzo dalla Provincia.
Il 23 dicembre 1935 Galeazzo viene condannato a morte.
I difensori ricorrono in Cassazione ma il 20 aprile 1936 la sentenza è confermata. Inutile anche la domanda di grazia al re. Il 1° maggio 1936, Galeazzo viene fucilato alla vecchia Polveriera delle Basse di Stura .
Dopo la demolizione dell’isolato della casa del duplice delitto, il Palazzo della Provincia non verrà costruito. Su quell’area, dopo la guerra, sorgerà il Palazzaccio.
71 – Il gioco della pallacorda
In quest’area nel 1385 c’era una tettoia sotto la quale si praticava la pallamaglio, passatempo preferito di Amedeo VII, il conte Rosso, che giocava col cugino Amedeo il bello, principe d’Acaja.
71 - Palazzo dei Portici
Il Palazzo dei Portici (detto anche palazzo Richelmy perchè vi ebbe i natali il cardinale omonimo) costruito nel 1622 da Carlo di Castellamonte, simile a quelli di piazza San Carlo, venne rimpiazzato (nel 1957) dall’attuale “palazzaccio" che ospita gli uffici tecnici del Comune.
Piazza San Giovanni: immagine interattiva a 360°
Il mercato del pollame
In piazza S. Giovanni nel Medioevo aveva luogo il Mercato del Pollame.
La piazza ha mutato la sua antica fisionomia a seguito dell’apertura di via XX Settembre nel 1888, nonché a causa degli sventramenti dovuti ai bombardamenti dell’ultima guerra; è perciò scomparso quel dedalo di viuzze che si apriva verso nord (Contrade delle Beccherie e delle Scuderie Reali, vicoli del Bastion Verde e della Croce d’Oro).
Tempio di Diana
La chiesa di S. Spirito un tempo era dedicata a S. Silvestro, pare che, come ricorda l’iscrizione frontale, sia sorta su un tempio dedicato a Diana (del quale però, se si esclude una cripta mai esaustivamente indagata che, essendo al livello della strada romana, qualcuno identifica con il sacello pagano, non si ha resto alcuno).
La chiesa medievale di S. Silvestro era orientata con l’abside a est (orientamento opposto alla chiesa attuale) ed aveva a sud un piccolo cimitero (nei pressi del quale avvenne il Miracolo del Corpus Domini), in parte soppresso per far posto all'edicola rinascimentale del Sammicheli.
All'interno dell’edifìcio attuale, nella prima cappella a destra, si trova un pregevole crocifisso ligneo del XVsecolo.
Nella sacrestia esistono, inglobate nella parete, alcune colonne medievali, appartenenti probabilmente all’antico chiostro di S. Silvestro.
Chiesa dello Spirito Santo
La chiesa antica, dopo aver rischiato di diventare un corpo unico con quella del Corpus Domini, venne rielaborata e ricostruita nel 1610 dal Vittozzi, rimaneggiata in seguito da Bernardino Quadri (1662) e più tardi dal Feroggio (1764/67).
La Cripta dello Spirito Santo
Dice a proposito l’Olivero: «Sottostante alla chiesa attuale dello Spirito Santo sesiste tuttora una cripta divisa in due parti da tre arcate su pilastri in muratura. Sappiamo che fu rimaneggiata nel 1616 per essere adibita a sepoltura dei confratelli, ma esisteva già prima.
È ovvio pensare che questa cripta possa essere quella di S. Silvestro o addirittura il sacello del tempio pagano».
La prima Zecca
Di fronte a S. Spirito di apre via Cappel Verde (che prende il nome da un’antica locanda ora scomparsa) dove, nel 1297, Filippo di Savoia principe di Acaja installò la prima Zecca cittadina.
72 – Seminario arcivescovile
Fondato nel 1575 aveva sede nella chiesa di S. Stefano dove c’é la chiesa dei S. Martiri in via Garibaldi, ora trasferito a Rivoli.
Questo edificio, iniziato nel 1711 e completato nel 1728, sorse per merito dell’abate Giampietro Costa che per 56 anni fu anche rettore. Raro esempio di studioso: nato a Ussello venne col fratello Giuseppe in città. Non avendo soldi per pagarsi l’olio delle lampade, di notte studiavano in piazza delle Erbe, approfittando del lume e della tenda di un banco del mercato. Nella loro stanza la finestra non aveva vetri, così per ripararsi la coprivano con i loro vestiti. L’affitto lo pagavano con le ripetizioni che davano agli studenti. Dormivano per terra, su un po’ di paglia, mangiando pane nero di segale. A prezzo di estenuanti sacrifici completarono gli studi , meritando ben presto posti di responsabilità.
Dal 1752 l’edificio ospitò la Biblioteca del Seminario poi dispersa nel periodo della rivoluzione francese.
72 - La farmacia di Schiapparelli
Nel 1821 Giovanni Battista Schiapparelli (1795-1863) in società con il farmacista Bernardo Alessio Rossi, aprì un laboratorio per la produzione del solfato di chinino. Con i proventi di questo lavoro nel 1824 Schiapparelli rilevò la farmacia di via XX Settembre 87, dallo speziale Giovanni Brero da cui ereditò alcune delle antichissime preparazioni galeniche, tra cui il Balsamo di Gerusalemme. Da qui si avviò la produzione su larga scala di prodotti chimico-farmaceutici in Italia.
Nel 1825 il Magistrato del Protomedicato lo nominò Visitatore delle botteghe degli speziali. Nel 1829 in società con un altro farmacista, Giuseppe Antonio Viviani, iniziò a produrre l'acido solforico, insieme ad allume ed altri composti inorganici su vasta scala in un apposito stabilimento.
Fondò la Società del Gas di Torino e, nel 1852, la società di Farmacia, Chimica e Scienze affini. Dal 1853 al 1859 fu membro della Commissione per la compilazione della Farmacopea.
I figli Tancredi ed Annibale proseguirono l'attività, fino al 1906, anno in cui venne costituita la Schiapparelli Società Anonima, che assorbì numerose ditte minori operanti nel settore.
Nel 1907 per volontà del nipote Emilio Schiapparelli venne aperto lo stabilimento di Settimo Torinese.
Da allora e fino ad anni recenti è sempre stata attiva nel settore farmaceutico consolidando il proprio ruolo leader del settore anche a livello internazionale.
La casa del Vescovo Provana
Nell'isolato compreso tra la casa del Pingone e via XX Settembre sorgeva, ancora nel 1899, la "Casa del Vescovo Provana", in stile gotico a tre piani, con un cortile porticato e un pregevole loggiato gotico. Situato in via Porta Palatina 20, inutilmente si opposero alla sua demolizione eccelse figure di studiosi come Riccardo Brayda; oggi di questo prezioso frammento medievale di storia torinese ci restano solo i rilievi e qualche foto d'epoca.
La porta del Vescovo
Alla fine dell'attuale Via XX Settembre, un tempo contrada delle scuderie reali, si apriva, in età medievale, la Porta del Vescovo.
Lo “sventramento” della corte dei miracoli
Nel 1855 venne avviato il piano di risanamento promosso dal sindaco Ernesto Balbo Bertone di Sambuy (1837-1909), per rettificare le vie XX Settembre e San Francesco d’Assisi e procedere al taglio delle diagonali Pietro Micca e IV Marzo.
I lavori si svolsero negli anni successivi modificando e modernizzando la zona in stato di grave precarietà igienico-edilizia. L’attuazione del piano di 'sventramento', eliminò le costruzioni di derivazione medievale, in alcuni casi edificate su fondamenta d’età romana, che costituivano una delle sezioni più antiche del tessuto urbanistico cittadino, a ridosso delle Porte Palatine.
A testimonianza del passato medievale sono rimaste la Casa del Senato, restaurata da Riccardo Brayda (1849-1911) e la Casa del Pingone, dotata dell’unica torre medievale rimasta in città.
Vedi la cartina della zona prima dello sventramento e della creazione di piazza IV Marzo
Casa del Senato
Largo IV Marzo 17. Costruita sulle fondamenta di un edificio romano (Palazzo Pretorio) è una delle costruzioni più antiche. I resti più evidenti risalgono alla fine del XV secolo (due finestre guelfe), ma una finestra gotica ad arco acuto riporta ancora più indietro nel tempo. L’ingresso costruito con blocchi romani di riutilizzo, può essere ciò che resta di un antico palazzo usato dai duchi longobardi come loro residenza ufficiale. A questo proposito non è certo casuale che nelle vicinanze, ancora nel Settecento, si trovasse la chiesa medievale di S. Pietro “Curte Ducis".
Il Cognasso nota che a poca distanza dalla Porta Palatina si trovava un palazzo che “nel 1264 compariva come abbandonato e diroccato quasi" che era stato usato da vari imperatori venuti a Torino dal secolo XI al XIII, ma non ci sono elementi certi che identifichino questo edificio con la Casa del Senato. La casa, restaurata nel 1890 dal Brayda, possiede tre piani di cantine, il più profondo dei quali è accessibile solo attraverso una botola, probabilmente l’accesso di antiche prigioni forse risalenti all’epoca romana.
Sulla sinistra di questo palazzo esisteva, prima della guerra, un’altra casa medievale. Nell’attuale cortile, creato dal vuoto lasciato dall’edificio abbattuto, è visibile, presso il retro dell’abside della chiesa di S. Spirito, una colonna medievale dal capitello rotondo, coerente ad altre due (non visibili) inglobate nella parete della sacrestia della chiesa e con tutta probabilità faceva parte di una struttura collegata all’antica chiesa di S. Silvestro (forse il chiostro), preesistente alle attuali chiese di S. Spirito e del Corpus Domini.
Vedi l'approfondimento sul Ducato Longobardo di Torino
Il filosofo di Ginevra
In via Porta Palatina 11 abitò Jean Jacques Rousseau arrivato in città il 12 aprile 1728.
Contrada delle Maschere
Il tratto di via Conte Verde, tra via della Basilica e via Tasso, era denominato contrada delle Maschere, corruzione del nome della potente famiglia Maschara che vi abitava.
72 - via Cappel Verde
Prende il nome da un’antica locanda. Sempre in questa via c’era l’albergo “Tre picche" nella casa in cui era sito il Collegio dei Cantori del Duomo
Nel 1297 Filippo di Savoia principe di Acaja vi installò la prima Zecca cittadina.
Il delitto di via Cappel Verde
Nel 1887 fu teatro di un inspiegabile fatto di sangue: il capitano Lorenzo Capello pugnalò a morte suo fratello e per questo venne condannato a morte.
72 - La casa dell’esorcista
Al numero 6 di via Cappel Verde abitava Enrichetta Naum unica donna esorcista, morta nel 1911.
Leggi l'approfondimento: la storia di Enrichetta Naum esorcista
72 - Il leguleio che odiava le donne
In via Cappel Verde abitava Giovanni Navizzano de' Signori di Montafia, Lettore di Legge all'Università di Torino e Pavia, morto nel 1540. Tra le sue varie opere spicca la "Silva Nuptialis" (1514) piena di frecciate contro le donne del suo tempo che, secondo quanto riporta Francesco di Billon, lo cacciarono dalla città a sassate, permettendogli di tornare solo dopo aver chiesto perdono in ginocchio.
72 - Il Collegio degli Innocenti
Sempre in via Cappel Verde sorgeva l'antichissimo "Collegio degli Innocenti", soppresso nel 1877. Gli "innocenti" erano dieci, scelti tra i fanciulli con le voci migliori. Imparavano il canto, insieme alle altre nozioni del tempo, ed indossavano una veste violacea, scarpe rossse, cotta bianca, cappa nera foderata di pelle.
La tradizione voleva che se il Duca di Savoia entrava in presbitero dimenticando gli speroni, doveva fare un'offerta al Collegio. Le loro voci e il suono dell'organo durante le funzioni alla Basilica Giovannea sono state ricordate anche da Jean Jacques Rousseau.
La prima donna investigatrice
Nel 1922, dopo la cena all’albergo della Fucina, in via Conte Verde, il macellaio Alessandro Canuto scomparve. A seguito della confessione di una prostituta, la 24 enne Caterina Sona, tre uomini vengono arrestati e quindi condannati a 30 anni. La faccenda però non si chiude: la cognata di uno dei tre, Lucia Massa, convinta dell’innocenza del parente, inizia delle indagini personali. Con grande coraggio inizia a frequentare i locali della malavita e si conquista l’amicizia di alcune prostitute. Grazie al loro aiuto identifica un giovane che dice di sapere che i tre in carcere sono innocenti.
A questo punto la Massa con gli indizi raccolti si rivolge al maresciallo dei carabinieri Giuseppe Bertolotti (raffigurato a fianco) che riapre le indagini, sempre coadiuvato dall’instacabile Lucia. Dopo una lunga e difficile ricerca viene finalmente rintracciata la Sona che, messa alle strette, confessa di aver mentito accusando ingiustamente i tre per salvare il suo amante, vero colpevole. La corte d’Assise scagiona i tre, a cui verrà poi riconosciuto un indennizzo di 14 mila lire (11.375 Euro), ma i veri colpevoli rimangono impuniti: l’amante della Sona ha un alibi e la giustizia preferisce non rischiare un altro clamoroso errore.
La fontana dei delfini
Al fondo dell’attuale via Milano, fino a metà 800, nello slargo che immetteva a Porta Palazzo, era collocata una fontana sostenuta da delfini in bronzo.
L’antica locanda di San Giorgio
La locanda di San Giorgio, già esistente nel 1300, attiva fino al 1889, era sita all’inizio di contrada dei Pellicciai (poi delle Fragole) ora largo IV Marzo.
In un documento del 1459 si legge che accanto all’osteria San Giors, posta vicino alla chiesa di San Pier del Gallo (non più esistente) un cartello ammoniva: “Il Parroco non osi andare all’osteria".
Il bicchiere della staffa
Nell'antica locanda di San Giorgio gli ospiti illustri venivano serviti in piatti e bicchieri d'argento. Su un vecchio testo riguardante la storia dei Gonzaga si legge che: «l'ostaria San Giorgio ospitò nel Quattrocento Chiara Gonzaga in viaggio di nozze a Torino e partendo per le cavalcate verso i prati di piazza Castello lo staffiere sempre teneva a freno i cavalli, mentre l'oste cortesemente porgeva in una coppa d'argento il cordiale agli sposi che già avevano il piede in una staffa ... ».
Alla fine del Cinquecento Emanuele Filiberto cercò di frenare i suoi sudditi vietando di mangiare in taverna più di una volta al mese.
Nel 1630 Vittorio Amedeo I, vedendo che la locanda eccedeva nei prezzi, stabilì che la tariffa quotidiana non potesse superare 1 lira e 12 soldi al giorno, cavallo compreso.
Vino (e donne) a ore
“Tre lire per il vino, due per il fieno, otto per la ragazza" nell’osteria Della Basilica, sita nella contrada omonima, nel 1600, secondo il costume in voga, il cliente pagava a ore, non secondo il consumo, ma secondo il tempo passato in osteria, eventuale compagnia della ragazza compresa.
La casa del Presidente
Nel palazzo attiguo al Seminario nacque Giuseppe Saragat (1898-1988) Presidente dell’Assemblea Costituente, ministro e Presidente della Repubblica (1964-1971).
Contrada delle Scuderie Reali
Era nella parte più antica della città. Scomparve per la formazione dell'ultimo tratto della via XX Settembre e più recentemente la zona cambiò ancora per la creazione della piazza Cesare Augusto. La contrada delle Scuderie Reali iniziava dalla piazza San Giovanni e si dirigeva a nord, piegava quindi ad angolo retto in direzione ovest, diventando così la prosecuzione ad est della contrada delle Beccherie.
Traeva il nome dalle scuderie reali alle quali tendeva. Nel medioevo allo sbocco di questa contrada era, nella cinta, la Porta detta del Vescovo. Durante l'occupazione francese la contrada fu denominata rue du Muséum.
procedi verso ovest (C) - verso est (E) - verso sud (I)