Atlante di Torino




 


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(lasciando il puntatore sull'immagine compare la scritta di riferimento) :

Gipo FarassinoSacco e VanzettiIl Robin Hood di Porta Palazzomercato di Porta PalazzoWamarFontane di Santa BarbaraAnsaldiChiesa della PaceFabbrica del GhiaccioCasa AuroraAlcioneLa nuvolaPonte MoscaUna coltellata al cuorePonte delle BenneAmore sfortunatoDelitto GabriCiabotcorso VIgevano Il più grande cinema d'Italia

 


I numeri dei titolini corrispondono a quelli dei rispettivi isolati sulla mappa di riferimento qui in alto
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Vedi il piano regolatore della zona nel 1886

Vedi il piano regolatore della zona nel 1894

586 - La casa di Gipo Farassino
Al 6 di via Cuneo nacque tipo Farassino  (Torino,  1934 –  2013),  cantautore, attore  e politico. La sua canzone Montagne dël mè Piemont
nel 2013 è diventata l'inno della Regione Piemonte.
Dal 2020 il palazzotti via Cuneo 6 ospiterà “L’Aurora Lab” un  team, formato da 45 studenti di Architettura e otto tesisti, che collaborerà con il territorio, elaborando soluzioni e progettando un nuovo futuro per la zona.

image-1Il cavalcavia demolito
All'inizio degli anni Settanta del Novecento venne realizzata la sopraelevata di corso Mortara per superare la ferrovia Torino-Milano e la Stazione Dora. Venne abbattuta a partire dal 2005 in concomitanza con la realizzazione del Passante Ferroviario.

La Wamar
Negli anni trenta del novecento, in via Vigevano 48, via Parella 6A, angolo via Cervino c'era il biscottificio Wamar, acronimo del nome del fondatore Walter Marchisio. Era l’area precedentemente occupata dal cotonificio Hofmann. Nel 1911, impiegava 432 dipendenti.
Nonostante i danni dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale (distruzione totale di 25 dei 46 locali di cui si componeva) proseguì l’attività che continuò fino alla chiusura definitiva avvenuta nel 1980. Attualmente l’edificio, strutturalmente intatto, accoglie fra le sue mura diverse piccole imprese artigianali commerciali e di servizio.

Ciabot 621 - Fiat Brevetti
L'edificio venne costruito nel 1891 da Pietro Fenoglio quale sede delle Officine Meccaniche Michele Ansaldi.Nel 1906 contemporaneamente alla liquidazione della Fiat Ansaldi fu costituita la Fiat Brevetti. La società si mantenne autonoma fino al 1908. Dal 1909 venne definitivamente assorbita dalla Fiat. La sede era nell’isolato di via Cuneo 17.
Nelle vecchie officine della Fiat Ansaldi (trasformata nel frattempo nella Società automobili Brevetti Fiat), al numero 20 di Via Cuneo, attrezzature e maestranze furono considerate dai vertici della Fiat adatte a supportare la costruzione dei motori marini.
In questo complesso che aveva fronte sul lato nord di Via Cuneo e che comprendeva un reparto di lavorazione meccanica, una fonderia e un modesto impianto di fucinatura, nel 1923, la Fiat apre la sezione Grandi Motori (OGM) e inizia la produzione dei primi motori navali, a benzina e, in via sperimentale, diesel. Allo scopo di testare i motori viene anche costruito all’interno dello stabilimento un locale adibito a sala prove.

621 - Lo sciopero delle lancette

Fu un'agitazione operaia dell'aprile del 1920, che si opponeva all'applicazione dell'ora legale (già applicata durante la prima guerra mondiale per risparmiare energia) che costringeva gli operai a uscire di casa per recarsi in fabbrica col buio anche in primavera ed estate.
La lotta portò alla creazione dei consigli di fabbrica. Per il loro riconoscimento si protestò per dieci giorni di seguito (i soli metallurgici per un mese intero). Ma la risposta fu ancora più dura: serrata della fabbriche e occupazione militare.
Alla Fiat Brevetti, per protesta, vennero portate indietro di un'ora le lancette di tutti gli orologi dello stabilimento. La dirigenza dell'azienda rispose licenziando tutta la commissione interna.
Ne scaturirono tumulti violenti che portarono il 13 aprile allo sciopero generale, che coinvolgeva tutta la regione con 500 mila lavoratori tra operai e contadini. Non mancarono episodi drammatici: un impresario entrò in fabbrica armato uccidendo due dissidenti; armi pesanti e mitragliatrici vennero schierate in piazza Castello; furono movimentati 50 mila soldati.
La paura che a tirare le fila dei rivoltosi fosse il movimento anarchico spinse la Confederazione dei lavoratori a negare l’appoggio ai manifestanti ed il partito socialista a prendere le distanze, decretando di fatto la fine delle contese e spingendo la Fiom a firmare il 24 Aprile un accordo che delegittimava le commissioni interne
Si concluse così lo sciopero delle lancette, con 9 morti tra manifestanti ed agenti.

624 - La prima fabbrica di acido solforico
La Sclopis e' la prima fabbrica di acido solforico in Italia, fondata a Torino nel 1812: 50000 metri quadrati in via Aosta 29-31, in cui si fabbricano anche acido nitrico e solfati.
Nel 1832 occupa 200 dipendenti e intraprende la strada dello sfruttamento delle piriti nel 1839 ottenendo la concessione delle miniere di Brosso presso Ivrea.
A fine 800, con ormai 500 dipendenti apre stabilimenti a Cogoleto e Spinetta Marengo. Acquisisce nel 1921 le miniere di Chialamberto. Nel 1931viene assorbita dalla Montedison che chiude la fabbrica di Torino al cui posto sorge ora uno stabile residenziale ( corso Novara).

image-1image-1Assalto alla Chiesa della Pace
Il 23 agosto 1917, la città è sconvolta dalle ribellioni scaturite dalla mancanza del pane, anche la Chiesa della Pace alla Barriera di Milano viene invasa e saccheggiata. «Sul campanile fu issata la ban­diera rossa, la cantina del parroco fu vuotata del vino e delle provviste che vi erano contenute e che furono distribuite alla folla ». Sempre nel­ la stessa zona, due caserme delle guardie di città sono assalite: è eviden­te la caccia alle armi che organizzano gli animatori della rivolta.
La chiesa, sita in corso Giulio Cesare 80, venne costruita nel 1892. Il 13 luglio 1943 venne colpita da un bombardamento alleato. Fu restaurata nel 1946-1958.

image-1630 - Casa Aurora
Dopo il 1864 viene aperto il canale Ceronda per favorire gli opifici tessili nella Borgata Aurora.
Nel 1930 viene fondato il Gruppo Finanziario Tessile con sede in corso Emilia 6, dove c’era la ditta Donato Levi & Figli, dalla quale il Gruppo prende origine, attraverso la fusione con la Finanziaria Tessile dei fratelli Rivetti.
La stessa Donato Levi vi si è trasferita più di quindici anni prima, sugli spazi dell’officina tessile Brass & Abrate, insediata presso il canale Ceronda.
L’intero isolato attualmente compreso fra corso Giulio Cesare, corso Emilia, corso Vercelli e via Carmagnola viene interessato dalla presenza della Donato Levi e poi del GFT, con la costruzione di vari padiglioni e di un palazzo per uffici progettato da Guglielmo Olivetti (il moderno civico 8).
Il complesso riunisce un’articolata serie di funzioni: dai laboratori agli uffici, dai magazzini Marus allo spaccio aziendale ReVeDi, dalla tipografia ai servizi di refezione e asilo nido per i dipendenti, influenzando altresì la fisionomia del quartiere circostante.
Negli anni ottanta la zona angolare fra corso Emilia e corso Giulio Cesare subisce una radicale ridefinizione con la costruzione (1984-1987) di Casa Aurora, edificio post moderno dove l’uso del mattone a vista richiama la Porta Palatina. progettato di Aldo Rossi con Gianni Braghieri.
Anche il palazzo di Guglielmo Olivetti conosce nei primi anni duemila una ristrutturazione e vede i suoi locali destinati in parte al terziario e in parte all’uso residenziale.

image-1image-1643 - La mondana nel ripostiglio
L’11 agosto 1964 in un ripostiglio di un alloggio di lungodora Napoli n. 26 Luigia Mathis scopre il cadavere ormai scheletrito della figlia Vittoria Gabri, scomparsa dal 30 giugno.
La vicenda suscita molto scalpore: la vittima malata di leucemia, madre di una bambina, vittima di uno sfruttatore violento, aveva sperato di rifarsi una vita con l’uomo che poi l’aveva uccisa.
L’assassino è Giovanni Faga, un ex legionario, viene condannato a 20 anni di carcere.

Un amore sfortunato
Galeotto fu l’amore tra Giovanni Colombo, trentenne e Maria Spalla di 17 anni, contrastatissimo dalle due famiglie ma soprattutto dai genitori di lei. Dopo essere scappata di casa, lavorando come commessa in una panetteria di piazza Giulio 12, Maria aveva tentato più volte di ottenere il consenso dei suoi al matrimonio, sempre senza fortuna. Neanche un viaggio a Genova, insieme al suo amato, riuscì a far cambiare idea ai genitori. I due amanti disperati pensarono al suicidio, ma il 21 agosto 1923, dopo essersi recati ad un ballo pubblico sito in corso Brescia angolo via Bologna, hanno avuto un diverbio in un prato lì vicino, pare scatenato dalla gelosia di lei, e il Colombo ha sparato alla sua bella procurandole una ferita che, nonostante il ricovero in ospedale, la portò alla morte.
In tribunale il Colombo è stato condannato a a 8 anni e 4 mesi.
(Cliccando sull'immagina fianco si apre il pdf con il resoconto dettagliato dell'epoca).

image-1image-1image-1650 - La basilca nella “Nuvola”
Durante i lavori di costruzione della nuova sede della Lavazza, la “Nuvola” progettata dall'architettto Cino Zucchi, nell’isolato all’incrocio tra corso Palermo, le vie Bologna Pisa ed Ancona, sono venuti alla luce i resti di una basilica paleocristiana, risalente al IV-V secolo, con relativa necropoli. Potrebbe trattarsi della Chiesa di S. Secondo Martire. Così dove inizialmente erano progettati i garage sotterranei verrà realizzato un sito archeologico, integrato dentro la sede della Lavazza e fruibile dai cittadini.

Leggi: Negli anni '30 del 900 ci si muoveva soprattutto in bicicletta

image-1Una coltellata al cuore
Nell'aprile 1908 i fratelli Luigi Franco, 19 anni operaio Fiat, e Pietro, operaio all'Ausiliaria, abitanti in via Ponte Mosca 7 (l'attuale corso Giulio Cesare) litigarono con Giovanni Agliotti, 21 anni, per motivi di gioco. Successivamente l'Agliotti aggredì Luigi Pierino percuotendolo. Non appena lo seppe Pietro Franco cercò l'Agliotti e lo affrontò davanti al portone di via Ponte Mosca 23. Questi cercò di colpirlo con un coltello, ma il Pierino parò il colpo ferendosi ad una mano e replicò con una coltellata al cuore dell'avversario che spirò poco dopo prima di arrivare all'ospedale. Pietro Franco ebbe le attenuanti per la provocazione e venne condannato a tre anni e dieci mesi.

 

image-1676 - Il Ciabòt d'le Merle
Il Ciabòt d'le Merle, il Chiabotto delle Merle, si trovava nella zona di quella che oggi è piazza Crispi, precisamente tra via Pinerolo, Cuneo, Mondovì (oggi Luigi Damiano) e Schio, dove probabilmente ebbe sede il Lazzaretto, che accolse i malati di peste nel 1630.
Sicuramente era una delle zone più malfamate e in condizioni igieniche disastrose.
La la sua demolizione liberò una vasta area, facilitando l'installazione delle fabbriche come la Fiat Grandi Motori e la costruzione delle prime case popolari di Torino realizzate nel 1908 dall'Istituto Autonomo Case Popolari.

image-1image-1676 - Il Kursaal Durio
In via Cigna all'angolo con strada del Fortino c’è una torre di colore chiaro, di intonaco beige e pietre angolari bianche, di aperture che sembrano feritoie e una balconata aggettante nella parte più alta, di curiosi oblò rossi e con tanto di merli a coronarla. E’ quel che resta della Kursaal Durio, uno dei birrifici più noti di Torino tra il XIX e il XX secolo.

Accanto alla fabbrica di birra fu costruito un edificio che aspirava a diventare punto di ritrovo della buona società torinese. La Kursaal Durio era birreria, caffè, ristorante, salone per concerti, giochi e sport. L’edificio era complesso ed era composto da una struttura in legno e muratura che si ispirava agli chalet svizzeri e una sorta di salone di 'lusso' che, oltre al gioco delle bocce, si proponeva anche come 'scivolodromo' (pattinaggio).

All'interno dell'edificio, la decorazione non era stata lasciata al caso: nell'atrio c'era anche un grande dipinto del Giudizio Universale, con Dio al centro, affiancato a sinistra dai condannati all'Inferno e a destra dai beati in Paradiso che bevevano la birra Durio.
La Kursaal non ebbe lunga vita, le cronache riportano che fu chiusa dopo poco più di un decennio di vita. L'edificio fu trasformato per qualche tempo anche in cinema, prima di essere abbattuto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Vedi altre immagini del Kursaal Durio

image-1image-1680 - San Pietro in Vincoli
Venne istituito nel 1777 ed utilizzato fino al 1837. Lo scoppio della polveriera del vicino Arsenale (1852) lo danneggiò, così come i bombardamenti del 1945. Nel 1970 si trasferirono i resti rimanenti a seguito delle ripetute profanazioni delle tombe rimaste. Abbandonato per quindici anni, nel 1984 è stato adibito a teatro sperimentale.

Vedi al monografia sui cimiteri

image-1685 - Via Lanino angolo via Mameli

 

 

 

 

 




Ponte Mosca
E’uno dei ponti monumentali, il primo in pietra in città. Sorge in corso Giulio Cesare nel quartiere Aurora, in prossimità di porta Palazzo.
Il primo a volere questo ponte fu Napoleone nel 1807 per realizzare un imponente e monumentale ingresso alla città e un agevole passaggio sulla Dora.
Nel 1818 fu redatto un piano di abbellimento della città che prevedeva, con l'abbattimento dei bastioni, la creazione di un grande piazzale allo sbocco dell'antica contrada d'Italia (l'attuale via Milano) e la prosecuzione della via fino ad oltre la Dora. Per superare il fiume, venne dato incarico all'architetto Carlo Bernardo Mosca di curare il progetto di un ponte in pietra che sostituisse la precedente, inadeguata e non più funzionale, struttura in legno.
image-1Nel dicembre 1823 iniziarono i lavori che si conclusero il 5 agosto 1830. La struttura avveniristica sollevò molte perplessità circa la sua staticità. Per fugare ogni dubbio il costruttore si mise sotto il ponte, su una barca, con la propria famiglia, per testimoniarne la sicurezza. Si tratta di un capolavoro d'ingegneria, infatti ancora oggi è nelle condizioni originali, con la differenza che adesso è usato da mezzi più pesanti ed ingombranti. Per questa maestosa realizzazione si dovettero modificare le anse ed i meandri naturali che l'alveo del fiume Dora Riparia formava nel tratto in prossimità del ponte da costruire; inoltre, considerato il peso della struttura in pietra, fu necessario predisporre una particolare armatura che ne evitasse il crollo al momento del disarmo.
All'epoca della sua inaugurazione costituiva un imponente ingresso alla città ma anche il suo confine naturale verso nord. Venne denominato Mosca nel 1868, un anno dopo la morte dell'architetto che nel 1822 ne curò il progetto e la realizzazione. Anche il corso che attraversava il fiume all'altezza del ponte assunse la stessa denominazione, rimanendo conosciuto come corso Ponte Mosca fino al 1937, quando la toponomastica cittadina ne modificò il nome in quello che tuttora è noto come corso Giulio Cesare.


image-1image-1694 - Temperino: la prima utilitaria
La Temperino è stata una casa motociclistica e automobilistica italiana attiva a Torino dal 1907 al 1924 e fondata dai fratelli Maurizio, Secondo, Giacomo e Mary Temperino. L'azienda è generalmente ricordata per aver ideato e prodotto le prime automobili utilitarie.
Appartenenti a una famiglia di emigranti rimpatriata dagli USA, per la morte del padre minatore, i fratelli Temperino aprirono in corso Principe Oddone 44, l'Officina F.lli Temperino, per la riparazione di biciclette e motocicli e per la vulcanizzazione degli pneumatici.
Nel 1908, iniziarono la costruzione di una motocicletta la Mead Flyer.
Dopo i primi prototipi di auto nel 1908 e 1909, la loro attività fu interrotta dalla Guerra Italo-Turca e poi dalla prima guerra mondiale, arrivando finalmente alla produzione in serie nel 1918.
Nell'ottobre dell'anno successivo venne costituita la Società Anonima Vetturette Temperino,con un immediato successo, per l'economia di acquisto e d'esercizio, oltre alla robustezza dimostrata nelle gare in salita.
La Temperino fu molto apprezzata anche all’estero, particolarmente in Inghilterra, dove fu aperta una sede per l'assemblaggio e la vendita, al fine di evitare i dazi doganali e soddisfare gli ordinativi.
Il fallimento della Banca di Sconto nel 1921, principale finanziatrice dell'azienda, e la crisi economica del 1924 portò alla chiusura la fabbrica torinese, ma la Temperino motors Ltd. di Londra rimase attiva fino al 1940.

image-1image-1703 - Ausiliatrice
Il santuario di Maria Ausiliatrice, voluto da Don Bosco che aveva sognato la Madonna in mezzo a un campo di mais, dove c’era stato il martirio di Avventore e Ottavio.
Il santo individuò quel terreno, lo comprò e, nel 1863, iniziò i lavori anche senza avere i fondi che trovò strada facendo. Venne inaugurato l’8 giugno 1868.

 

Vedi le immagini della Basilica di maria Ausiliatrice nel corso degli anni

703 - A bocce ferme
Don Bosco, il fondatore dei Salesiani, al quale è attribuita la primogenitura del famoso modo di dire “a bocce ferme”, che si rifaceva al piemontese “a boce ferme”, cioè a cose assicurate (la prima testimonianza scritta si trova in una sua lettera all'arcivescovo di Buenos Aires, Aneiros), intuì che il gioco delle bocce aveva una forte carica sociale. Ideatore dei ricreatori parrocchiali, anche con una non celata passione per questo svago, lo riabilitò e lo introdusse in tutta la rete degli oratori da lui ideati e realizzati in Italia e in altri Paesi dove c’era una forte emigrazione di nostri connazionali. Una mossa vincente che avvicinò alla chiesa tanti anziani ma anche i giovani.

 

image-1703 - Il quadro di Maria Ausiliatrice
Sull’altare maggiore della Basilica campeggia il quadro di Maria Ausiliatrice, dipinto da Tommaso Lorenzone (1824 - 1902) secondo le precise indicazioni di don Bosco. La Vergine è tra un coro di angeli, ha lo scettro in mano ed è irradiata di luce. Gli Apostoli e gli Evangelisti occupano una buona parte del quadro, e tra essi primeggiano i Santi Pietro e Paolo. In basso, nel mezzo, si intravedono la Chiesa di Maria Ausiliatrice e Superga con la sua Basilica.
Quando Don Bosco spiegò la sua idea al pittore Lorenzone illustrando una scenografia che sembrava aver già visto. Alla fine l’artista gli chiese: "Dove vuole che io trovi uno spazio adatto a questo quadro ? Ci vorrebbe piazza Castello!". Venne affittato un altissimo salone di Palazzo Madama dove Lorenzo lavorò per tre mesi. Quando il quadro fu collocato al suo posto, Lorenzone cadde in ginocchio prorompendo in un pianto dirotto".

 

 

 

 

 

 

image-1image-1704 - Il Cottolengo
Presso ai luoghi in cui nel medioevo era operativo l’ospedale di S. Biagio de Crociferi sorsero vari edifici della Piccola Casa della Divina Provvidenza fondata dal canonico don Giuseppe Cottolengo.

704 - Stimmate fasulle
16 marzo 1876 – Desta scalpore a Torino il caso di una monaca del Cottolengo, che ogni venerdì ha sulla fronte, nelle mani, sul costato sinistro e sui piedi delle stimmate simili a quelle di Gesù.
Viene nominata una commissione di celebri medici per esaminare il caso. Chiuderanno la questione affermando che la monaca si produceva le ferite con aghi e spilloni.

706 - Lo squartatore di via Maria Ausiliatrice
Nel 1998 nascosto nelle cantine dell’orrore nel palazzo di via Maria Ausiliatrice 50 si rivenne il corpo di Vito Michele Milani, 39 anni. Era sezionato in più parti e semicarbonizzato.
Leggi la storia di questa drammatica vicenda

 

 

715 - Matrimonio o morte
Vittorio Billia, muratore di 25 anni, aveva una relazione con Domenica Borgo, 21 anni, che abitava in via Cottolego 23. Lei lo tradisce, così lui il 20 agosto del 1905 si presenta a casa sua con una pistola minacciando di sparare se lei non accetta di sposarlo.
Lei lo sbeffeggia e lui replica con 4 colpi mortali, poi tenta vanamente il suicidio.

image-1715 - Portoni preziosi
In città sono presenti soltanto cinque esemplari di portoni riferibili al periodo tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo. Due di questi si possono ammirare nel Palazzo De Lachenal, già Mazzucchetti, in corso Regina Margherita 148. Si tratta di bellissimi elementi lignei formati da ante riccamente decorate in bassorilievo con motivi vegetali, che rimandano allo stemma gentilizio della famiglia Provana (colonna, tralci di vite, frutti di melograni maturi). I due portoni, a quanto conferma l'attuale proprietario del Palazzo, provengono da una residenza, o villa dei Provana nell'immediato circondario di Torino (oggi perduta). La datazione precisa ai primi decenni della prima metà del secolo XVI è stata resa possibile da due particolari : sopra le colonne non è presente un elemento decorativo e tra i tralci non sono presenti alcuni grappoli d'uva. Entrambi questi elementi sono strutturali all'arma araldica della famiglia. Questa "eliminazione" fu imposta ai Provana dalle alte Gerarchie Ecclesiastiche come temporanea punizione per non meglio precisate "mancanze", e durò per un periodo limitato di anni. All'interno di questo limitato lasso di tempo, furono scolpiti e collocati nella sede di utilizzo questi due portoni (di eccezionale bellezza).

image-1Il Barabba patricida
Il 24 maggio 1876, il diciannovenne Felice Peradotti, un poco di buono presentato sui giornali come un vero “barabba”, uccise il padre a coltellate, nella sua casa in via Cottolengo, perché gli negava i soldi per andare a divertirsi. Al processo, Felice Peradotti tenne un contegno cinico e sprezzante, senza una lacrima, non diede segni di rimorso o di pentimento. Asserì che non pensava di ammazzare il padre ma, quando mimò il movimento col quale aveva colpito il padre, il suo gesto apparve così selvaggio e spaventoso da destare l’orrore di tutto il pubblico. Venne condannato ai lavori forzati a vita.

image-1Il Rondò della forca
La piazza che si trova all'incrocio tra i corsi Valdocco, Principe Eugenio, Regina Margherita e la via Gian Francesco Cigna venne creata dopo l’abbattimento delle mura, voluto da Napoleone il 23 giugno 1800. Al termine dell’occupazione francese assunse la denominazione popolare di "Rondò della forca" in quanto sede, fino al 1852, delle esecuzioni capitali. Le sentenze venivano eseguite mediante la forca “piemontese”, installata di volta in volta. La carretta giungeva col condannato confortato da un sacerdote ed accompagnato da una scorta armata e dalla Confraternita della Misericordia. San Giuseppe Cafasso (1811-1860) seguì ben 57 di questi sciagurati e per ricordare il santo consolatore di questi miseri peccatori, nel 1961 viene eretto un monumento in suo onore, voluto dai carcerati di tutta Italia ed eseguito dallo scultore Virgilio Audagna (1903-1993) sul luogo del patibolo. L’opera raffigura il Santo nella caritatevole estrema opera di conforto ad un condannato.

La prima vittima della protesta operaia
il 17 settembre 1904 a seguito di uno sciopero un grande corteo di operai (la stampa governativa parla di 10.000 persone, quella operaia di 20.000) percorre il centro, ferma i tram, grida la sua protesta, cedendo anche in qualche vandalismo.
In uno scontro con la polizia, al Rondò della Forca, cade Giovanni Girelli, ucciso da una fucilata sparatagli a bruciapelo da un agente della PS.

Augusto Monti ha rievocato in una pagina di “Tradimento e fedeltà” questo episodio cui egli (Carlin) assistette da bambino

L’ultima efferata esecuzione
Nel maggio del 1945 al Rondò della forca ci fu un’ultima esecuzione postuma: venne fucilata la sedicenne Marilena Grill (che abitava in corso Oporto - ora Matteotti - 25), colpevole secondo alcuni di essere una spia, in realtà una semplice ausiliaria della Repubblica Sociale Italiana. Il comandante partigiano del plotone di esecuzione, il romano Alberto Polidori, quando se la vide davanti, assieme ad altre ragazze in grigioverde altrettanto giovani e spaventate, si rifiutò di sparare. Lo disse con fermezza, disse che non avrebbe potuto assassinare delle bambine. Allora ci pensò un altro, un certo Pierin d' la Fisa, uno deciso a far piazza pulita di tutti i fascisti, innocenti o colpevoli che fossero, incurante del fatto che gli organi di governo della Resistenza avessero ordinato di fermare la mattanza.

Vedi la monografia: Esecuzioni (pena di morte)

Canile
Il primo canile municipale sorse in Borgo Dora il 16 luglio 1852 era una baracca situata nel cortile di casa Rizzetti in viale Santa Barbara 1 (c. Regina Margherita angolo p. Emanuele Filiberto).
Nel dicembre del 1871 il municipio ne deliberò la demolizione e il trasloco al foro Boario. Le condizioni dei cani sostanzialmente non mutarono, cambiarono solo i sistemi di soppressione: dalle bastonate, all’impiccagione e all’avvelenamento.
Nel periodo 1858-1920 la campagna contro i randagi fu quasi una crociata: complessivamente nel canile municipale e negli istituti scientifici furono ammazzati 20.782 cani, una media di 424 all’anno.

Lazzaretto
Verso al 1522 sorgeva presso alle fontane di Santa Barbara il Lazzaretto degli appestati attiguo alla chiesetta di S Rocco.
Più tardi in quel luogo venne costruita la caserma dei Pompieri.

Il Cavaliere di Porta Palazzo
Nel 1852 Ferdinando Balgagna fu il secondo a chiedere la licenza per aprire un banco al mercato di porta Palazzo che gestì per quarantatrè anni con la moglie Anna. Si assentò solo per combattere le guerre d’indipendenza sui campi di Goito, Palestro, Santa Lucia, Magenta, Solferino e San Martino. Durante un raduno degli artiglieri, a Roma, fu riconosciuto da re Umberto I che lo apostrofò in piemontese: “Ti t’ses Belgagna, mi m’na ricordo!”
Tornato a casa inviò al sovrano una foto incorniciata del 5° Artiglieria ritratto con il duca di Genova e qualche giorno dopo ricevette una lettera di ringraziamento corredata dalla nomina a Cavaliere delle Corona.

La prima fabbrica di fiammiferi
I fratelli Albani, nel 1833, inaugurarono la prima fabbrica di fiammiferi in legno (pirofori) in Borgo Dora

Dalla Dora energia industriale
Il Borgo Dora è stato la sede del primo polo industriale della città: dai canali derivati dalla Dora si traeva inizialmente l’acqua per irrigare i campi e muovere le pale dei mulini, in seguito il loro potenziale energetico diede impulso alla costruzione, a partire dal 1500, di diversi stabilimenti produttivi.
I primi filatoi, le ditte di prodotti chimici d’inizio ottocento, e l’industria conserviera fondata da Francesco Cirio moltiplicano gli stabilimenti fino all’arrivo della corrente elettrica, che permise alle industrie di spostarsi altrove. Botteghe artigiane e osterie, allora, ne presero il posto.

Vedi altre immagini d'epoca della Zona Industriale di Borgo Dora

image-1La zona di Borgo Dora nella mappa del 1914
Si trattava di un vitale centro di produzione militare prima, e nel corso, della prima guerra mondiale

 



 

image-1Canale dei Molassi
Di questo canale si hanno notizie fin dal secolo XIV. Dalla Dora passava sotto quelle che adesso sono via Treviso, corso Rosai, strada del Fortino, via Andreis e andava a finire in via Priocca.
Azionava i macchinari dell'Arsenale, quelli delle officine della nascente industria e infine quelli dei molini Dora, situati nella zona di via Priocca. Questi molini erano più grandi di quelli del Po e per questo erano conosciuti come Molassi. L'area dell'attuale Borgo Dora era un vasto avvallamento, per cui veniva chiamato Vallone ("Valun"), che divenne poi Ballone ("Balun").

 

Trattoria della Corda
Tra l'attuale corso XI Febbraio e Porta Palazzo, vicino agli antichi Mulini, sorgeva un tempo la «Trattoria della Corda». Gli avventori che, dopo mangiato, volevano fare un sonnellino avevano a disposi­ zione - come appoggio - una lunga corda; sedevano tutti in fila, ed appoggiavano il capo e le braccia alla corda stessa che veniva stacca­ta dall'oste, allorché riteneva che gli «ospiti» avessero dormito abbastanza.

image-1683 - Armi e Polveriera
Realtà dominante per il Borgo fu la Polveriera, divenuta poi Arsenale militare: la zona compresa tra piazza Borgo Dora e via San Pietro in Vincoli, era conosciuta durante il XV secolo come “Regione delle Ressie”, per la presenza di due stabilimenti, chiamati in passato Molera e Ressia, dove si forgiavano spade e pugnali e si molavano altri strumenti.
I macchinari di questi stabilimenti erano azionati dal Canale dei Molassi. Nel 1582 Antonio Ponte, convertì lo stabilimento della Molera in una fabbrica di polveri da sparo, la Polveriera.
L’ing. Antonio Rubatti progettò, nel 1673, l’espansione della Polveriera verso Ponente dividendola in due parti: Vecchia e Nuova.
La Fabbrica delle Polveri da sparo continuò a subire trasformazioni e ampliamenti nel corso dell’700 e dell’800, diventando un crescente pericolo per le sempre più vicine abitazioni.

image-1image-1683 - Esplode la polveriera
Il 26 aprile del 1852, per combustione spontanea, si verificò una esplosione violentissima.
La catastrofe fu evitata grazie al coraggioso intervento del sergente Paolo Sacchi, che evitò che 40.000 chilogrammi di polveri da sparo prendessero fuoco.
All’eroe è intitolata la via a fianco della stazione ferroviaria di Porta Nuova.
Dopo la sciagura, che distrusse edifici e i macchinari della Polveriera, il complesso fu trasferito.
Negli stabilimenti di Borgo Dora fu trasportata la maggior parte delle lavorazioni dell’Arsenale di Torino e il complesso della ex-Polveriera prese il nome di “Arsenale delle Costruzioni d’Artiglieria”, mantenendo la caratteristica di grande ed efficiente struttura produttiva.
Gli edifici, progettati dal colonnello Antonio Quaglia, vennero completamente riedificati nelle forme attuali a cura di Giuseppe Castellazzi al fine di ospitare le nuove produzioni dell’Arsenale.
Durante le due guerre mondiali l’attività dell’Arsenale fu frenetica. Dopo la disfatta di Caporetto, da qui partiva quotidianamente per il fronte un treno carico di materiale bellico per ricostruire l’armamento perduto in quel disastro.
Nel periodo della Resistenza l’edificio fu occupato dai Partigiani, che ne utilizzarono il tetto per controllare l’accesso alla città da Ponte Mosca.
Il Comune di Torino ha effettuato negli ultimi anni un progetto di ristrutturazione del cortile del Maglio che ospita manifestazioni espositive e un complesso di botteghe arti

gianali e antiquarie, mentre gli altri locali ospitano attualmente la scuola Albe Steiner.

Vedi la monografia sull'esplosione della polveriera e sull'eroico atto di Paolo Sacchi

683 - Il fucile che uccise Kennedy
Nell’arsenale Salvatore Carcano (1827-1903 ) creò il fucile a ripetizione automatico che porta il suo nome. Dopo aver combattuto nella Prima guerra d’Indipendenza venne arruolato come armaiolo nel Corpo Reale di Artiglieria e in poco tempo fu nominato Artista.
Nel 1852 entrò come operaio nella Fabbrica Reale, iniziò la sua carriera come inventore. Progettò e costrui macchine per la lavorazione delle canne, delle baionette e di altre armi. Cavour medesimo gli commissionò la preparazione delle armi per le truppe da inviare in Crimea.
Progettò il fucile d’ordinanza Carcano modello 91 che servì sia nella I che nella II guerra mondiale, e in vari conflitti coloniali. Diede anche il nome a una mitragliatrice e a una specale cartuccia.
Con questo tipo di fucile, riportante il numero di serie C2766 e le scritte “Made in Italy”, 1940 e Cal. 6,5, realizzato nell’arsenale di Borgo Dora, nel 1963 venne ucciso John Fitgerald Kennedy.

 

 

683 - L’Arsenale della Pace
Parte di quello che fu un centro di grande produzione bellica, dal 1983 è utilizzato dal Sermig, creato nel 1964 da giovani riunitisi intorno a don Ernesto Olivero. Il volontariato di tanti, soprattutto giovani, lo ha trasformato in una speranza di pace, un monastero metropolitano sempre aperto a chi cerca un soccorso: madri sole, carcerati, stranieri, persone che hanno bisogno di cure, di casa, di lavoro.
E’ un luogo dove ognuno può restituire qualcosa di sé: tempo, professionalità, beni spirituali e materiali.

 

 

 

 

 


 

La Scuola Holden
In piazza Borgo Dora 49 ha sede la scuola di Storytelling & Performing Arts creata da Alessandro Baricco (nato a Torino nel 1958).
Alla Holden si studiano tecniche di narrazione con un taglio multidisciplinare.

 

 

 

 

Il Re e la zuppa di fagioli
In Borgo Dora, al Balon, c’era la locanda "Dla Provianda" (il nome derivava dalla vicinanza alla Provianda, la Caserma del Treno d'Armata vicino al polverificio di Borgo Dora). Una clientela eterogenea che a volte comprendeva anche il re, Vittorio Emanuele II, gustava la specialità della casa: la zuppa di fagioli. Il gestore che rese famoso il localetra il 1850 e il 1858, era un certo Barba Giaco.

La Rosa Bianca
Altra locanda famosa (con stallaggio) era "Alla Rosa Bianca", ritrovo di carrettieri e di conducenti di cavalli, a Porta Palazzo, quasi all'angolo con via Milano. La sua celebrità è anche dovuta ad una celebre canzone popolare d'autore ignoto.

image-1Francesco Tamagno
Francesco Tamagno detto "Cichin" (1850-1905), nacque nel quartiere di Borgo Dora con una famiglia di 15 fratelli e sorelle, 10 dei quali morti giovanissimi a causa di colera e tubercolosi. Il padre Carlo era l'oste di una modesta trattoria a Porta Palazzo (la Trattoria del Centauro conosciuta anche come trattoria dei Pesci Vivi) dove lavorò fin da piccolo come cameriere. La madre Margherita Protto morì poco dopo quando lui era ancora fanciullo. Grazie alla sua voce possente divenne uno dei tenori più celebri del XIX secolo.Si esibì nei più importanti teatri di tutto il mondo ma nonostante il grande successo e il benessere economico raggiunto mantenne un tenore di vita frugale e parsimonioso: durante i suoi viaggi soggiornava solo in alberghi di livello medio-basso, viaggiando in treno sempre in seconda classe, inoltre lavava da sé tutti i suoi vestiti e si portava da casa le candele per evitare di pagarle a un prezzo più alto. Questo gli permise di accumulare un ingente patrimonio
La sua tomba è la più nota e vistosa nel Cimitero monumentale.

image-1Il Borgo del Pallone - Balon
La derivazione del nome Borgo del pallone ha molteplici interpretazioni, la più accreditata richiama il termine dialettale balôn che significa, appunto, "pallone".
Già dal Medioevo questa zona era conosciuta come burgum ad pillonos, da cui il nome Borgo del Pallone. Nel Seicento pare vi si trovasse una Osteria del Pallone.
Secondo una carta francese dell'Assedio di Torino del 1706, il Borgo del Pallone risultava già allora tradotto in Faubourg de Balon. Questa testimonianza, smentisce l’interpretazione sull'origine del nome, relativa al primo decollo di una mongolfiera.
All'inizio del Novecento operai delle vicine concerìe si riunivano in uno sferisterio e bocciofila, di cui oggi rimane la sola facciata nella vicina via Cigna, recante scritto "Giuoco Bocce".[
L'origine del nome potrebbe coincidere al detto piemontese "Andoma a gieughe al balon" (ovvero: "andiamo a scommettere sulla partita di pallone elastico").

Il Balon
Il tradizionale mercato del Balon risale al 1857 quando il proprietario del terreno, il cavalier Zaccaria Liautaud, permise che i ferrivecchi vi esponessero le loro mercanzie.
Prese il nome dal gioco del pallone a cui il luogo inizialmente era adibito. Tra i suoi frequentatori illustri ebbe anche Vittorio Emanuele II e Cavour.

Alcune immagini del mercato del Balon di ieri e di oggi:

  •  Balon
  • il Balon visto da Massimo Quaglino
  • La lettrice di tarocchi nel 1925
  • Il Balon ai primi del '900
  • http://wowslider.net/
  • Il Balon a fine '800
 Balon1 il Balon visto da Massimo Quaglino2 La lettrice di tarocchi nel 19253 4 5 6 7 Il Balon ai primi del '9008 9 10 Il Balon oggi11 Il Balon a fine '80012
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Il più feroce
Il serial killer Maurizio Minghella (1958), pugile dilettante, detto «Travoltino» per la passione per le discoteche, abitava nella periferia nord della città. E’ stato uno dei più feroci e crudeli pluriomicidi.
Condannato a vita nell’82, semi-libero dopo 17 anni, riprende a uccidere e, dal 2005 è tornato all’ergastolo. La sua prima vittima, nel 1978 una prostituta a Genova, quindi una lunga sequenza di violenze, torture e dieci altri omicidi uno dei quali perpetrato dopo aver crocifisso una quattordicenne. Spesso sui luoghi del misfatto vennero trovate scritte inneggianti alle Brigate Rosse.

 

 

 

 



714 - Giôanin, il Robin Hood di Porta Palazzo.
In Corso Regina Margherita 164 abitò colui che più tardi sarebbe stato ricordato come il Robin Hood di Porta Palazzo. Familiarmente noto come Giôanin era rimasto presto orfano di padre e dovendo sfamare la famiglia, iniziò a lavorare come facchino alla stazione Ciriè Lanzo, poi come garzone muratore alla costruzione del ponte sulla Dora, in via Rossini; poi nel 1886 era entrato come aiuto-tipografo alla Gazzetta del Popolo dove una sera il capo-macchina gli diede 20 centesimi per comprare dell'acquaragia. Giôanin aveva fame, comprò del pane e fu licenziato.
Aveva 17 anni e poteva tornare a casa senza le 9 lire della paga per sfamare la famiglia. Così comincio a rubare; prima stoffe pregiate al negozio Bocconi poi in altri empori.
Giôanin aveva un complice, Totò, un amico che gli faceva da maestro introducendolo nella sua banda che operava principalmente a Porta palazzo. Quando Totò venne arrestato per borseggio alla posta centrale, allora in piazza Carlo Alberto, Giôanin ’L Cit venne scelto per sostituirlo al comando. Nel suo diario annoto' : " Rubavo, avevo dei denari. Non sapevo che farne. E allora li distribuivo, così, da gran signore, ai mendicanti, ai bisognosi che mi benedicevano".

image-1image-1716 - Nascono i Brutos
In corso Regina Margherita 134 c’era il cinema teatro Alcione, dove nel 1958 debuttarono i Brutos, il gruppo comico-musicale, precursore del rock demenziale. Uno dei pochissimi gruppi italiani a raggiungere il successo internazionale. Uno di loro, Aldo Maccione, fece fortuna anche come attore cinematografico.
Il nome del complesso venne dalla donna delle pulizie dell'Alcione che, alle dieci del mattino, incontrando i cinque stravolti dalla nottata in bianco, commentò: «Ai sève tant simpatic ma ai sève anca tant brutt», cosi da quella sera, sempre all’Alcione, nacquero I Brutos.
Negli anni ’70 l’Alcione ospitò spettacoli di spogliarello per trasformarsi poi, prima di chiudere nel 1977, in cinema a luci rosse.

725 - La fabbrica del ghiaccio
Prima dell’avvento dei frigoriferi, negli anni 60, le fabbriche del ghiaccio provvedevano alla conservazione casalinga degli alimenti.
La più grande (serviva al mercato di Porta Palazzo) era in via Carlo Noè angolo via La Salle/via Priocca. Le altre si trovavano in via Frejus angolo via Cesana, in Via Di Nanni angolo via Volvera, poi demolita e sostituita da un condominio a fine anni '60, e una nell’edificio tra via Susa, via Beaumont e via Avigliana.

Il mercato più grande d'Europa
Il mercato di Porta Palazzo aprì in piazza Emanuele Filiberto (ora della Repubblica) nel 1835 riunendo i mercati che prima operavano in piazza Palazzo di Città e piazza Corpus Domini. Attrezzato con tettoie per i commestibili, per la conservazione delle merci utilizzava le Ghiacciaie (documentate nel 1922), grandi locali nel sottosuolo suddivisi in quattro piani sotto il livello della strada, demolite e ricostruite nel 1945. Altre ghiacciaie erano presenti sotto piazza Emanuele Filiberto.
Il mercato ben presto divenne il più grande in Europa all'aperto. Attualmente piazza della Repubblica ospita quattro strutture: il mercato ittico e alimentare, costruiti nel 1836; la struttura metallica chiamata tettoia dell’Orologio (1916) e il mercato dell’abbigliamento, costruito nel 1963 e demolito nel 1998. Al suo posto sorge la nuova struttura progettata da Massimiliano Fuksas. Dal 25 marzo 2011 il nuovo edifcio è sede di esercizi commerciali.

Leggi: l'incendio di porta Palazzo nel giugno del 1910

Leggi: Il mercato di Porta Palazzo raccontato da Alberto Viriglio (1851 - 1913)

Ghiacciaie
In piazza della Repubblica 25, gli scavi realizzati nel 2002 per il Palafuksas hanno portato alla luce antiche ghiacciaie ottocentesche, realizzate, probabilmente, dopo la demolizione delle fortificazioni cittadine. In questi ambienti tra il XVIII ed il XX sec. si raccoglieva il ghiaccio utilizzato per conservare gli alimenti.
Il complesso, formato da due edifici rettangolari, un corridoio anulare e due vani circolari, costruito forse come rinforzo alle ghiacciaie precedenti era adibito alla conservazione del ghiaccio che si forma stipando la neve nei vani circolari attraverso feritoie sulla copertura. Il pavimento è in pendenza verso il centro, per drenare l’acqua di scioglimento del ghiaccio. Alcuni vani ospitavano , le attività connesse alla lavorazione necessaria per la conservazione o il commercio del ghiaccio e per la conservazione delle derrate alimentari.
Negli anni ’50 del Novecento nell’area delle ghiacciaie venne costruito un edificio per il mercato dell’abbigliamento, edificio successivamente demolito, nel 1998, e sostituito dal Palafuksas. Al di sotto di questa nuova struttura sono visibili alcuni dei vani ottocenteschi.

735 - Leggi l'approfondimento sulle Fontane di Santa Barbara

image-1739 - L’anarchico giustiziato negli USA
Bartolomeo Vanzetti (Villafalletto, 1888 – Charlestown, 1927) sfortunato compagno di Nicola Sacco, con cui venne ingiustamente condannato a morte negli Stati Uniti, nel 1906 abitò in via Baretti 14, mentre lavorava come caramellare in una pasticceria di corso Regina Margherita 116.



image-1743 - Teatro Torinese - Casa Hollywood
l fabbricato dell'attuale Casa Hollywood, in Corso Regina Margherita 104 e 106, ebbe origine nel 1841 come Piccolo Teatro Popolare di Torino (con accesso da via Fiocchetto). Nel 1891, in Corso Regina Margherita 106, venne realizzato il Teatro Torinese (progetto Gilodi e Riccio) adatto anche ad esercizi equestri. Poteva ospitare fino a 1500 spettatori. Dal 1921 noto come "Teatro Verdi" operò con alterne fortune.
Fu distrutto dalle bombe della seconda guerra mondiale e al suo posto sorse il Cinema-Teatro Hollywood che chiuse nel 2008.
image-1Tra il 2010 e il 2013 è stata realizzata Casa Hollywood (progetto di Luciano Pia).

L'opera di rifacimento e recupero ha comportato la quasi totale demolizione dell'esistente, con l'eccezione della facciata tardo ottocentesca del Teatro, su via Fiocchetto, e la ricostruzione di un fabbricato destinato prevalentemente a uso residenziale.
image-1Casa Hollywood attualmente ospita una libreria, una residenza, una suite distaccata dell’Hotel Boston e diversi appartamenti. Sul terrazzo è stato sistemato un ricchissimo orto urbano con alberi da frutta e piante aromatiche.

743 - Le Zuccheriere
Le due torri Rivella, dette «zuccheriere», all’ingresso di corso Regio Parco, sono opera di Eugenio Vittorio Ballatore di Rosana (1880-1948) incaricato dal pellicciaio Francesco Rivella della costruzione di due edifici ai margini dei Giardini Reali per trasferirvi il suo famoso atelier, che vantava una clientela internazionale.
I due edifici per appartamenti di sei piani, simili a una prima occhiata, sono in realtà molto diversi.

image-1Ponte delle Benne
Il vecchio ponte di Corso Regio Parco era soprannominato “pont d’le bene” o “ponte delle benne”. Il nome derivava dal fatto che
vicino al ponte in legno c'erano delle capanne. Capanna in piemontese si dice “bena”, quindi: “pont d’le bene” significa “ponte delle capanne”;
C'è anche un'altra versione: le benne sono contenitori ribaltabili montati su carretti e usati soprattutto per trasportare vino. Forse sul “ponte delle benne” transitavano spesso questi carretti.
In origine il ponte era in legno e per questo spesso veniva distrutto dalle piene, venendo ricostruito più volte, l’ultima nel 1814. Distrutto per l’ultima volta nel 1837, nel 1849 ne venne costruito uno nuovo in laterizio. Ma avendo una larghezza limitata, insufficiente per il traffico in costante aumento, venne sostituito nel 1967 dall’attuale in cemento armato.

image-1Quartiere Aurora
Comprende la zona tra corso Regina, corso Novara, corso Principe Oddone e la Dora, includendo i rioni Borgo Dora, Borgo Rossini e Valdocco. Fin dall'epoca romana e poi nel Medioevo, questa zona era ricca di mulini e opifici, di concerie e riserve per le granaglie.
Il nome del quartiere Aurora deriva da un'antica cascina, detta appunto “cascina l'Aurora”, trasformata nel 1869 in un opificio, mentre nel 1984 l'architetto Aldo Rossi ha ridisegnato tutto l'edificio che oggi si chiama Casa Aurora.

 

 

image-1image-1Barriera di Milano
La Barriera di Milano nasce ufficialmente nel 1853. La Barriera che dà il nome al quartiere era quella di piazza Crispi, ed era la più a nord di Torino. Alla barriera della piazza si accedeva da corso Vercelli, all'epoca Strada Reale d'Italia, e fu chiamata di Milano perché da lì si arrivava dal capoluogo lombardo.
Le cosiddette "Barriere", che stanno ad indicare attuali quartieri cittadini, erano chiamate in quel modo perché erano borghi nati appena fuori dalle barriere daziarie intorno alle aziende che si erano stabilite fuori dalla cinta daziaria.

image-1Costruzioni nella zona della Barriera di Milano intorno al 1840

 

 

 

 

 

 

image-1Borgata Vittoria
Anche nota come Borgo Vittoria (Borgh Tòja ), è un quartiere ubicato nella parte nord della città delimitato a nord dall'area fluviale Basse di Stura e dal torrente Stura, a est dal tratto nord del passante ferroviario di Torino, a sud da corso Mortara, a ovest dalle vie Orvieto, Casteldelfino, Giuseppe Vaninetti ed Enrico Fermi.
Borgo Vittoria confina dunque con i quartieri Villaretto (lato nord), Rebaudengo e Barriera di Milano (lato est), San Donato (lato sud) e Madonna di Campagna (lato ovest).
E’ la zona dove si svolsero i principali episodi della battaglia vittoriosa che pose fine all’assedio del 1706. Inizialmente conosciuto come
Borgo delle Alpi e poi Borgo Levi (dal nome del banchiere torinese Ernesto Levi, che intorno al 1880
lottizzando la zona diede origine ad un piccolo Borgo che ne assunse il nome), fu in seguito denominato
image-1Borgo (della) Vittoria e vi fu costruito (1891) un ossario ed una Chiesa (Nostra Signora della Salute); l’ossario, inizialmente posto all’esterno, fu successivamente trasferito nella cripta sotterranea, dove quattro dei circa 20 pilastrini votivi ancora esistenti ne sostengono l’urna, altri due pilastrini sono nella Chiesa.

 

image-1image-1Madonna di Campagna
La chiesa, sita in via Cardinal Massaia 98, venne eretta nel 1711 in stile barocco, dopo che per gli eventi dell'assedio del 1706 era andata distrutta l'antica parrocchiale in stile romanico. Sede di un convento di frati cappuccini, fu distrutta durante il bombardamento dell’8 dicembre 1942. Il bombardamento causò 64 vittime nel quartiere Madonna di Campagna, molte delle quali si erano rifugiate nello scantinato della chiesa. Il campanile, scampato al bombardamento, è ancora presente, mentre la chiesa è stata ricostruita subito dopo la fine del conflitto.
Nello stesso isolato, in via Cardinal Massaia 104, era presente un edificio di 1 piano fuori terra che ospitava appartamenti ed un ovattificio. L'8 dicembre 1942 una bomba dirompente lo distrusse.

image-1La Patria
Nel corso delle manifestazioni bicentenarie dell’assedio, di fronte alla chiesa di Madonna di Campagna fu inaugurato il monumento di Leonardo Bistolfi, che rappresentava la Patria con una figura femminile vestita di classici drappeggi ed assisa su di un alto trono quadrato, con le braccia aperte ad accogliere i caduti di ogni nazionalità.
L’opera fu distrutta dal bombardamento aereo dell’8 dicembre 1942, che devastò la chiesa causando la morte di cinquantanove fedeli e di cinque frati cappuccini. L’edificio religioso fu ricostruito nel dopoguerra, con aspetto moderno, e venne riconsacrato nel maggio del 1952.

 

 

 

Dancing Blechenduait
Nel 1926 Attilio Lutrario, imprenditore dello spettacolo vissuto negli Stati Uniti, apre una sala da ballo estiva e un cinema vicino a lato alla stazione di Porta Dora. La pista da ballo a scacchi bianchi e neri suggerisce a Lutrario il nome “italianizzato” Blechenduait.

image-1image-1Un bosco incantato in ceramica e mosaico - Ex cinema Lutrario e Dancing Le Roi
Il cinema Lutrario aprì nel 1942 in via Stradella 8. Nel 1950 Nicolay Diulgheroff progettò il nuovo locale come cinema teatro con sala da ballo, inaugurato nel giugno 1951 poteva ospitare 1100 spettatori.
Nel 1959 Carlo Mollino e Carlo Bordogna ridisegnarono gli interni della sala da ballo, nello spazio sottostante la platea, progettata come un bosco in ceramica e mosaico.
La sala riaprì il 16 novembre 1960 ospitando molti artisti di successo, il cinema chiuse ma il dancing, ribattezzato “Le Roi”, prosegue l’attività diretto da Toni Campa, con gli arredi originali.
Il dancing aveva anche una sede estiva all’aperto al civico 3 di via Stradella nello spazio tra la strada e la ferrovia Torino-Milano, sede che è stata cancellata dai lavori del passante ferroviario nel 2009.
Dal 2008 l'attività del Le Roi, conosciuto anche come sala da ballo Lutrario, viene acquisita e gestita dai promoter Toni Campa e Luciana De Biase che da anni promuovono eventi e producono manifestazioni musicali.

image-1La Falchera
E’ il quartiere situato nell'estrema periferia nord della città. Sino alla fine dell’800 era un'area prevalentemente agricola. Il primo nucleo abitato, noto come "Borgo Vecchio", comprendeva poche case rurali e alcune botteghe. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Comitato "INA-Casa" acquistò parte dell'area per realizzare un nuovo quartiere, l'attuale "Falchera Vecchia". Il progetto diede vita, tra il 1952 e il 1954, a un borgo a sé stante, con uno schema di caseggiati in mattoni rossi disposti a raggiera attorno a un centro comune, l'attuale Piazza Giovanni Astengo. Nei primi anni '70 il quartiere venne ampliato, realizzando il un nuovo nucleo, la “Falchera Nuova". Sul lato ovest della strada provinciale sorge la settecentesca Cascina Falchera, che attualmente ospita il "Centro di Cultura per l'Educazione all'Ambiente e all'Agricoltura della Città": una fattoria didattica dedicata all'allevamento e alla coltivazione. Nell'area a nord-est ci sono i "Laghetti della Falchera", due grandi specchi d'acqua artificiali.

 

SNIA - VISCOSA
Nel 1925 la SNIA-Viscosa inizia la costruzione del suo stabilimento in corso Romania vicino alla già programmata autostrada per Milano, in prossimità del complesso SNIA di Venaria. La struttura di due milioni di metri quadrati, iniziò l’attività nel 1926.
La scelta di Abbadia di Stura era dovuta anche alla volontà di evitare alle maestranze i contatti con i lavoratori delle altre industrie cittadine. Nel 1927 la società consolida la propria presenza in città, impiantando in Borgo San Paolo, una struttura adibita alle lavorazioni meccaniche. Dopo aver superato gli effetti della grave crisi del 1929, la SNIA inizia nel 1931, prima in Italia, la fabbricazione del fiocco, fibra corta che può essere filata anche dalle imprese tessili, la cui produzione passa dagli 11,5 milioni di chilogrammi del 1930 ai 47 milioni di chilogrammi del 1936. Alla vigilia del conflitto mondiale la SNIA impiega in città poco meno di 2.000 dipendenti: 1.350 nello stabilimento di fibre tessili e artificiali e 620 in quello per lavorazioni meccaniche.
Lo stabilmento fu colpito due volte dall’aviazione inglese, la prima il 22 novembre 1942, la seconda il 13 luglio 1943. Entrambi i bombardamenti, notturni, furono effettuati con bombe di grosso e grossissimo calibro e produssero gravi danni. Le note nella perizia relativa all'area considerata riportano al 21 novembre 1945 un totale ripristino della costruzione.
Nel 1954 chiuse lo stabilimento di produzione fibre e tessuti, mentre quello meccanico, che nel 1961 occupava 496 lavoratori, continuò la sua attività ancora per alcuni anni. Dopo la chiusura, la SNIA cedette la struttura di Torino Stura alla Michelin, che la utilizzò fino ai primi anni Ottanta del ‘900.