Atlante di Torino



 

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incrocio alternativo manicomio Archivio di Stato ex Manicomio Quartieri di fanteria ritiro delle forzate Gian Francesco Napione Pazzarielli casa del maggiordomo Quartieri di fanteria ritiro delle forzate il riformatore dell'Ateneo i pazzarielli la casa del maggiordomo Archivio di Stato ex ospedale S.Luigi ex Manicomio immagini sacre area -F- area - B -

 


I numeri dei titolini corrispondono a quelli dei rispettivi isolati sulla mappa di riferimento qui in alto
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image-11 - Immagini sacre (isola S.Basilio)
Tutti gli isolati (anticamente isole o carignoni) sono stati dedicati ad un santo protettore.
Anticamente sulle facciate venivano riprodotte le immagini di questi protettori o altri dipinti sempre di carattere sacro.

 



image-11 - La conversione del condannato
Quando la carretta che conduceva Carlo Demichelis all'esecuzione capitale, al Rondò della Forca, passò davanti a questa immagine dipinta sulla facciata della casa di via Del Carmine n. 6 (isola di San Basilio) il condannato, fino ad allora, insensibile alle preghiere di ravvedimento di Don Giuseppe Cafasso, cadde in ginocchio ai piedi del futuro Santo chiedendo perdono per i suoi misfatti.

1 - Colpi di cannone
Ai lati dell'immagine sul palazzo di via Del carmine 6 (isola di San Basilio) ci sono ancora incastrate due piccole palle di cannone, sparate probabilmente durante l'assedio del 1799.

 

 


image-11 - La prima casa con un numero civico
Nel 1799 la casa Benedetto, nell'isola di San Basilio, ebbe il numero 1 nella prima numerazione civica che, iniziando da qui, procedeva con una serie unica fino al 1524 che si trovava alla fine della contrada di Po (isola di San Marco - 142).



Vedi l'approfondimento: La numerazione delle strade

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image-12 - Quartieri di Fanteria (isola S.Daniele)
Il complesso dei Quartieri Militari di San Daniele e San Celso detto di Porta Susina fu costruito da Filippo Juvarra, fra il 1716 ed il 1728 (rialzati nel 1768) per alloggiare la fanteria di Vittorio Amedeo II.
All’epoca erano le caserme più belle d’Europa, col particolare disegno dei portici alti più di nove metri.
La forma a L prevedeva, al centro, una porta d’ingresso in città, che avrebbe dovuto essere costruita tra le due caserme, all’imbocco dell’attuale via Del Carmine (contrada di Porta Susina).
Durante la I Guerra mondiale fu sede del distretto militare: da qui partirono i coscritti torinesi verso le trincee.
Ora ospita uffici del Comune.

image-12 - I bogianen non si muovono
Emanuele Filiberto fu il primo a far marciare i soldati al passo, al ritmo del tamburo, secondo l’uso spagnolo. Prima ognuno camminava come gli pareva. Fu il piacentino Giovanni Antonio Levo a istruire le truppe che dovevano stare in silenzio, ferme, in attesa degli ordini.
Così risuonò spesso il “bogianèn” (non ti muovere!) urlato dai caporali, che poi diventerà l’appellativo, a volte ironico, dei torinesi.
Il 19 luglio 1747 fu il conte di San Sebastiano, alla battaglia dell’Assietta, a esortare i suoi granatieri con un tassativo “Noi autri i bogioma nen”, quando si trattò di difendere eroicamente e con successo il territorio piemontese dall’invasione francese. Federico Il di Prussia commentò che se fosse stato lui re di Sardegna, disponendo di soldati così valorosi, non avrebbe tardato molto a diventare re d’Italia.

 


Vedi i dati della leva dal 1864 al 1867

 

 

 

image-1image-12 - Torino ispira De Chirico
Nel marzo del 1912 il ventiquattrenne, Giorgio De Chirico è in città per presentarsi al distretto militare dei Quartieri. Viene arruolato in fanteria, ma dopo 12 giorni diserta e rientra clandestinamente a Parigi.
Subisce per questo una condanna in contumacia a diciotto mesi di carcere. Proprio in questo periodo è ispirato dalle forti impressioni visive del breve soggiorno torinese, durante il quale, sotto la suggestione di Nietzsche, ha visto la città con gli occhi del filosofo.
Dirà: “Torino ha ispirato la serie di quadri che ho dipinto dal 1912 al 1915. Confesso, in verità, che devo molto anche a Nietzsche, di cui ero allora un appassionato lettore. Il suo Ecce Homo, scritto a Torino prima di precipitare nella follia, mi ha aiutato molto a capire la bellezza così particolare di questa città.”

image-15 - Ritiro delle “Forzate” (isola S.Fedele)
Nel 1750 Riccardo Veken, sarto di sua maestà, fonda il ricovero, in via San Domenico 32, dove venivano rinchiuse le donne scandalose sotto la direzione della Congregazione di San Paolo.

 



 

5 - Ritiro delle “Forzate”
In via San Domenico 32 si trovava il “Ritiro delle Forzate”, era una prigione fondata nel 1750 da un benefico cittadino sotto al titolo di Santa Maria Maddalena dove venivano rinchiuse le donne accusate di prostituzione (se giudicate incorreggibili), donne traviate o affette da malattie veneree, ma ben presto divenne un carcere femminile mentre le prostitute dal 1776 vennero rinchiuse alla casa del Martinetto dove la disciplina era severissima (ad esempio chi non si alzava in tempo subiva 2 nerbate).
Nel 1821 la sovrintendenza del carcere delle Forzate fu data alla marchesa Giulia Falletti di Barolo con piena autonomia nella direzione del correzionale, caso unico per l’epoca, e che sotto la sua guida fu radicalmente ristrutturato in una struttura d’avanguardia dove le preghiere e gli esercizi spirituali erano uniti alla filatura di lino e canapa ed alla confezione di calze, abiti e maglie di cotone, tanto da divenire un modello al quale ispirarsi e lo stesso Carlo Alberto lo prese in considerazione quando nel 1833 incaricò Cesare Balbo e Cesare Alfieri di formulare un progetto per ristrutturare il sistema carcerario nazionale.
Fu inoltre tra le prime in Italia a sollevare il problema dei penitenziari femminili ed a trasferire nel carcere delle “Forzate” le detenute delle carceri “Criminale o del Senato”, delle “Torri o Porte Palatine” e “Correzionale”. Introduce inoltre nelle strutture le suore di San Giuseppe di Chambery e discute il regolamento interno con le detenute. Nel marzo del 1823, apre una casa di lavoro e ricovero per ex carcerate o donne pentite della propria vita: “Il Rifugio”, in via Cottolengo 26.
Il carcere delle “Forzate” venne demolito dopo il 1870 durante la costruzione del “Tribunale Penale e Civile di Torino”.

image-15 - I “rivoluzionari “del 1821
Nel carcere delle Forzate vennero rinchiusi anche i cinque studenti arrestati al teatro D’Angennes, il 13 gennaio 1821, per aver indossato dei berretti rossi, con coccarda nera, ritenuti “rivoluzionari”. Fu la prima avvisaglia dei moti che seguirono, anche se gli arrestati, nei loro interrogatori, risultarono estranei a ogni intento rivoluzionario.

 

 

 

 

 

5 - I Malefici contro il Re
Clara Maria Ribolletta di Ivrea, nel 1717, detenuta alle Forzate, accusata di malefici contro il re venne condannata a morte. Fu uno dei pochi casi conosciuti di processi istruiti per sortilegi contro la vita di un componente della famiglia regnante.
Ritenuta indemoniata, subì un esorcismo durato dieci giorni: denunciò alcuni parenti di aver costruito statuette di cera per realizzare un sortilegio contro il Principe di Piemonte.

Gli organi di giustizia raccomandarono il massimo segreto sulla questione, affinchè altri non fossero indotti a imitare queste pratiche.
Nel 1648 era stato giustiziato, in piazza delle Erbe, Giovanni Antonio Solivo detto il Gioja per aver cospirato con incantesimi contro Madama Reale. Gli altri furono Antonio Boccalaro (1710) e Catterina Cuore (1716). Alcuni confessarono di aver riferito voci che circolavano nel carcere, per ottenere in cambio la grazia, mentre nel caso di padre Gaetano Albanelli (1721) ci furono prove di connivenza di vari nobili e prelati, per un vero e proprio tentativo di colpo di stato attraverso un maleficio.

Vedi la monografia su questi processi

5 - La casa dell'architetto
Qui sorgeva una casa di Filippo Juvarra, abbattuta nel 1932

image-16 – Il riformatore dell’Ateneo (isola S.Teodoro)
Gian Francesco Galeani Napione (1748-1830) nacque in via Piave 5. Economista, Intendente delle Finanze, nel 1800 riformò l’Università. Insignito della Legion d’onore, durante il periodo napoleonico, nel 1812 fu eletto membro dell’Accademia della Crusca. Dopo il ritorno dei Savoia nel 1814, fece parte del Magistrato per la riforma dell’Università, adoperandosi per l’istituzione di una cattedra di Economia Politica.

 

 

 

image-16 - Malati di mente
Prima dell’apertura del Regio Manicomio i malati mentali erano ricoverati in alcune camere della confraternita del SS. Sudario in via Del Carmine 6.

 

 

 

image-1image-110 - Pazzarielli (isola S.Isidoro)
In via Santa Chiara 19 ci fu il primo ospedale psichiatrico degli stati Sabaudi (Regio Manicomio), creato nel 1729 dalla confraternita del SS. Sudario per accogliere “i poveri di mente, coloro che vagano senza fissa dimora”. Annessa all’ospedale c’era la “spezieria”. Inizialmente la confraternita aveva utilizzato una casa adibita ad affitto, poi il re nel 1728 donò il terreno dove sorse l’ospedale. Nel 1781 l’istituto ospitava 55 uomini e 5 ragazzi. Nel 1834 il trasferimento al vicino Manicomio Regio di via Giulio22.

 

image-1image-110 - SS. Sudario
In via San Domenico 28 la sede della Confraternita del SS. Sudario, fondata nel 1598. Oltre a diffondere la conoscenza e il culto della Sindone, è impegnata nell’assistenza ai malati psichici e alle giovani bisognose.
Nel 1729 costruisce l’Ospedale de’ Pazzarelli e, pochi anni dopo, la chiesa del SS. Sudario; nel 1774 realizza un piccolo Ritiro per le Figlie dei Militari, da cui ebbe origine quello omonimo sorto successivamente alla Barriera di Casale. Per i suoi grandi meriti ottenne nel 1837 il titolo di “amministratrice” del Regio Manicomio di via Giulio. Nel 1937 viene creata la “Cultores Sanctae Sindonis”, che nel 1959 diventa Centro Internazionale di Sindonologia. Dal 1998 ospita il museo della Sindone.

image-1image-111 – Il palazzo del maggiordomo (isola S.Anselmo)
In via del Carmine 4, nel 1720 di proprietà di Armano di Gros, uomo di fiducia di Vittorio Amedeo II, maggiordomo di corte e sovraintendente di casa reale, che non vi abitò ma lo utilizzò affittandolo a una quindicina di inquilini.





image-111 - Palazzo Cotti di Brusasco
In via Bligny 5, costruito nel 1711 dall’architetto Nicolis di Robilant per Giovanni Ottavio Cotti di Brusasco, primo presidente della Corte dei Conti.

 

 

 

 

 

 

image-1image-1Ospedale poi Archivio di Stato
Nel 1817, nell’attuale via Piave 21, venne costruito l’Ospedale di San Luigi che disponeva di 100 letti.
Nel1917, dopo il trasferimento sulla strada di Orbassano, venne convertito in Archivio di Stato. Sul lato di via Santa Chiara, al 21, una targa ricorda che in questo edificio aveva sede il comando del Comitato di Liberazione Nazionale che il 24/4/1945 diede l’ordine di sferrare l’attacco finale ai tedeschi.

 

 

image-1Manicomio: l’albergo dei “due pini”
In via Giulio al 22, l’ingresso del Manicomio costruito fra il 1828 e il 1834, poi utilizzato come Anagrafe e uffici Comunali.
Dal 1850 fu operativa la succursale alla Certosa di Collegno.

 

image-1Manicomio:

Anno... Ricoverati Anno Ricoverati
1834.... 349......... 1884.... 921
1844.... 457......... 1904.. 1786
1854.... 508......... 1914.. 2010
1864.... 832......... 1924.. 2881


 

image-1Soffitte ottocentesche - le "nivole"
Da un censimento del 1881 risulta che Torino aveva 250.000 abitanti, dei quali circa 30.000 vivevano in soffitte dette, in buon piemontese "nivole", proprio perchè vicine al cielo. Queste modeste abitazioni, che anche le moderne demolizioni e sopraelevazioni, in certi casi hanno risparmiato, sussistono ancora in parte. Le più eleganti, perfettamente restaurate, costituiscono, in pieno centro, il "rifugio" di qualche privilegiato artista.
Ancora a fine ottocento le "nivole" erano adibite anche a laboratori per attività artigianali: un unico lavandino era sul ballatoio sottostante (quindi per lavarsi occorreva discendere almeno una rampa di scale) insieme ad una toeletta (per lo più "alla turca").
Una stanza costava di pigione da 6 a 10 lire mensili. E non si discuteva.


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