un luogo comune:
Torinesi falsi e cortesi

 

 


Un articolo scritto da Augusto Monti (1881 – 1966) nel 1957 contesta il proverbio
usato, oggi come allora, da chi spaccia la propria maleducazione per sincerità.

Scrittore, docente e politico italiano, strenuo oppositore del fascismo fin dai suoi inizi, Monti fu incarcerato dal regime.
Nel secondo dopoguerra divenne un rappresentante di spicco del mondo della letteratura italiana e della pedagogia.


 



"Torinesi falsi e cortesi" è una frase che ho inteso spesso pronunciare girando per l'Italia, fuori del Piemonte - e magari anche dentro: un proverbio però a cui, con tutto il rispetto che ho per siffatta espressione di saggezza popolare, io non credo affatto.

Ho anzi in mente che il motto sia stato coniato da gente portata a confondere cortesia con insincerità, o, meglio, incline a confondere sincerità con malacreanza, « quel che ho nel cuore ho sulla bocca», manate sulle spalle e « va a morì ammazzato ».

Torino in effetti, che ha sempre riassunto e uniformato a sé il resto del Piemonte, ha goduto sempre - e gode - presso le genti delle restanti città e regioni d'Italia, fama di cortesia non solo, ma di pulizia, di ordine, serietà, schiettezza, puntualità, correttezza: tutte qualità del resto, chi ben guardi, che fan tutt'uno con la qualità principe della «cortesia».

Perché cortesia - ognuno lo sa - non è soltanto « grazie, prego; favorisca, dopo di lei; tanti auguri per il suo Santo», ma è anche - e soprattutto - non tardare all'appuntamento, rispondere se interrogati (vuoi a voce e vuoi per iscritto), cedere il passo e il posto alle signore, tener chiuso lo scappamento della moto e basso il volume della radio, al telefono - se hai il duplex - non tenerlo sequestrato né per 30 né 15 né 10 né cinque minuti intieri, e così via.

« Cortesia » è insomma rispetto del prossimo, che vuol poi dire rispetto di noi medesimi inquantoché ciascuno di noi è « prossimo » per ciascun altro.

Buona educazione: che chi viaggia all'estero trova diffusa specie nel Nord d'Europa, specie in Inghilterra - dov'è come una marca di fabbrica - e in Germania - dove giunge, dicono, a forme esasperanti: e lasciamo pur che sia, ma ammettiamo insieme che quei popoli son popoli per molti lati esemplari a noi, e domandiamoci se per avventura quella loro cortesia così diffusa non sia l'espressione di certe loro superiorità, e se viceversa certa nostra inciviltà, sempre più diffusa purtroppo oramai in alto e in basso imparzialmente, non sia essa l'espressione di certe nostre inferiorità nazionali.

E allargando - o restringendo - il discorso, domandiamoci anche se certe crisi - lievi o gravi che siano, esagerate o no - invece che altri motivi filosofici o politici, non abbiano origini semplicemente e umilmente psicologiche, se cioè alla radice di certe stanchezze e abbandoni non si trovi talvolta semplicemente ... una mancanza di galateo da parte di chi la buona educazione avrebbe da praticarla e insegnarla proprio per debito d'ufficio.

L'argent fait tout, il danaro fa tutto - diceva mio padre - mais le savoir faire fait « tout-tout », le buone maniere fanno più di tutto: che m'è parsa sempre una teoria non contrastante neanche a quella del materialismo storico.

Augusto Monti (1957)