Atlante di Torino
Casimiro Teja caricaturista del Pasquino - 1
In piazza IV Marzo dal 1903 un monumento ricorda Casimiro Teja, artista e direttore del settimanale satirico torinese "Il Pasquino".
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Casimiro Teja, (Torino, 1830 – 1897), studiò all'Accademia Albertina quindi con lo pseudonimo "Puff" collaborò con la rivista satirica liberale "Il Fischietto", fondata dal caricaturista Lorenzo Pedrone "Icilio".
Nel 1856 iniziò la sua collaborazione con “Il Pasquino” di cui ben presto ebbe la direzione, che tenne fino alla morte nel 1897.
A lui, tra l’altro, si deve la celebre frase "Piove, governo ladro!", apparsa in un Pasquino del 1861 in occasione di una manifestazione di mazziniani, andata a monte a causa della pioggia.
Collaborò inoltre con altre riviste satiriche: "La lanterna magica", "Le scintille" e "Spirito Folletto".
La sua satira prese spesso di mira la Chiesa, i medici e i farmacisti, ridicolizzati come ciarlatani, e Giovanni Giolitti, che Teja soprannominò "Palamidone" (cioè "lunga palandrana”).
Grande appassionato di alpinismo (dedicò alla montagna molte delle sue vignette), e amico personale di Vittorio Emanuele II, Teja fu tra i primi aderenti al Cai insieme all’amico caricaturista Camillo Marietti.
La città gli ha dedicato nel 1904 un monumento, eseguito da Edoardo Rubino, che lo ritrae sotto una copia del busto romano del Pasquino. Il monumento si trova attualmente in Largo IV Marzo.
Il Pasquino è stato un settimanale satirico fondato a Torino nel 1856 dai giornalisti Giuseppe Augusto Cesana e Giovanni Piacentini, pubblicato fino al 1930, quando fu soppresso dal fascismo.
Il primo numero uscì il 27 gennaio 1856, con la testata disegnata dal caricaturista Casimiro Teja. Usciva la domenica, era di ispirazione liberale, aspirava a rivolgersi a tutti gli italiani e per questo prendeva il nome dalla "statua parlante" di Roma, simbolo per eccellenza della satira politica.
Per non entrare in concorrenza con l'altro periodico torinese "Il Fischietto", inizialmente il Pasquino non si interessò di politica, ma un po' per volta iniziò a occuparsene sempre più apertamente, tanto da interessare la censura. Anche dopo il trasferimento della capitale (e di uno dei suoi fondatori, Giuseppe Cesana) a Firenze, Il Pasquino rimase a Torino e il direttore Teja spiegò: «Fuori Torino, Pasquino non potrebbe vivere.»
La sua fu sempre una satira raffinata, mai volgare, tanto che Edmondo De Amicis dichiarò: «Tutti gli avversari che Teja bollò nel Pasquino gli possono stringere la mano».
Tra i bersagli più frequenti compariva il politico Agostino Depretis, "l'uomo del trasformismo". Alla politica e al costume si aggiunsero rubriche dedicate alla moda ("Mode"), alle recensioni ("Biblioteca") e al teatro ("Colpo di Cassa").
La sua influenza fu tale che a Roma uscirono anche un "Pasquino di Roma", nel 1870, e un "Figlio di Pasquino", nel 1893.
Dopo la morte di Teja, la rivista fu diretta da Giorgio Ansaldi (Dalsani), Luigi Sapelli (Caramba), Eugenio Colmo (Golia), Giovanni Manca, Tarquinio Sini e Enrico Gianeri (Gec).
Ecco alcune delle famose vignette di Teja pubblicate nella prima annata del Pasquino, nel 1856.
I bersagli dell'ironia e della satira sono simili a quelli dei giorni nostri, a confermare come le cose cambino poco.
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