Atlante di Torino
IL MULINO DEL PO e l'ISOLA MISTERIOSA
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L'isola misteriosa, a Torino, così com'è nata... è scomparsa. Era l'isola Armida: dal principio del 1800 sino al 1920 circa, fu la meta preferita degli appassionati del grande fiume, infatti persino una ben nota Società di Canottieri ne assunse il nome.
Era composta da pietrisco, sabbia e fango, lunga ben 130 metri, larga 10, a forma di fuso; al centro si alzava di un’ottantina di centimetri sul pelo dell'acqua.
Si trovava all'incirca nel punto dove ora c'è il ponte Balbis che dall'antica circonvallazione di Corso Bramante raggiunge piazza Zara al Pilonetto.
Perché qualcuno l'ha definita isola misteriosa? Forse bisognerebbe rispondere a questa domanda: «In milioni di anni d'alluvioni disastrose del Po, come poteva esistere al centro del fiume un'isola di sabbia e fango? » Il fatto è che si è trattato di un'isola artificiale e lo stesso fenomeno che la formò, la distrusse.
Qui sotto: la pianta della città, nel 1874, con l'isola Armida di fronte alle Molinette:
Nelle immagini, scattate intorno al 1890, si vedono in lontananza la Mole Antonelliana e alcune arcate del Ponte Isabella. (Il ponte di legno sul quale passerà in seguito la linea tramviaria per Cavoretto non era ancora stato costruito).
In primo piano vediamo le acque tumultuose del Po mentre al centro sono calme, tranquille e trasparenti come quelle di un lago, e lambiscono le sponde sabbiose dell'isola.
Vedremo più avanti come ciò si spieghi.
Nell'isola, salici selvatici, alti più di due metri facevano ombra a chi si portava pranzo o merenda da consumarsi sull'erba, mentre bottiglioni di vino stavano al fresco immersi in cavità delle sponde.
Oltre le piante si intravede l'altro ramo del fiume e sull'altra sponda un albero d'alto fusto e i tetti di una cascina.
La vegetazione dell'isola era composta da piante lacustri, particolarmente dal «Tanaceto» (tanacetum volgare), detto «tnea» in dialetto; dai fiori gialli e dal profumo penetrante. (Pianta dai mille usi, da quello medicinale a quello insetticida).
A 150 metri circa dall'isola, a monte del fiume, si trovava la diga Faraut che convogliava le acque al mulino del Po. Era simile a quella che tuttora si può vedere dal Ponte Vittorio Emanuele I.
A sinistra c'è il tumultuoso scivolo dell'acqua in sovrabbondanza che invece è trattenuta al centro dalla diga, mentre contro la sponda destra l'acqua veniva convogliata nel canale Michelotti (anche questo non più esistente).
Nel caso della diga Faraut invece che diramarsi in un canale il Po azionava un mulino.
Nella seconda fotografia, ripresa dalla sponda sinistra del fiume, si vede lo scivolo delle acque superflue, parte della diga (già un pò malandata) e la sponda destra del Po.
Si nota la collina di Cavoretto (l'attuale parco Europa) e la sommità dei due altissimi pioppi, detti «Gli Alberoni», che diedero il nome alla località. Questi pioppi (spogli data la stagione in cui fu fatta la fotografia) si trovavano in Corso Moncalieri all'ingresso di una strada privata che conduceva a una villa patrizia.
Passiamo al mulino, situato sulla sponda destra del fiume. Anche in questa foto si vede un tratto della diga e la grande ruota che secondo il periodo di piena o di magra del fiume era possibile alzare o abbassare. Due uomini, ai lati della ruota, manovravano, in sincronia sull'asse su cui era fissata, un carrello scorrente su due rotaie verticali, ben visibili nell'illustrazione.
Un albero di ferro, munito di giunto cardanico, giungeva nell'interno del mulino.
Osservando il tumultuare delle acque contro le sponde destra e sinistra del Po, si comprende come quel risucchio abbia formato un accumulo di sabbia, terra e detriti al centro calmo del fiume, di scarsa pendenza in quel tratto, formando in breve tempo dalla costruzione della diga, l'isola Armida.
Quando, verso il 1920 la diga venne completamente demolita per permettere la navigazione sino a Moncalieri, l'isola scomparve.