Il miracolo dei Cappuccini



image-1Un "miracolo" che non fu un miracolo, ma fu opera del caso e di un cecchino.

"Il signor Bardovino Betlem, al presente Soldato nella Compagnia di Corazza del Sig. Capitano Gay, toccate le Scritture nelle mani del Molto Reverendo Padre Vicario, ha deposto et attestato come segue. Il giorno che i Signori Francesi attaccarono et presero la Chiesa de' Molto Reverendi Padri Cappuccini detta il Monte, appresso il Po, vicino alla Città di Torino, che fu li 12 maggio passato.
Io mi trovai in compagnia d'un altro mio Camerada di nazione Francese al detto Monte, e io vidi che un Soldato, qual era in quella si inviò verso l'Altare maggiore ove vi era riposto il Santissimo Sacramento, et così detto Soldato montò sopra l'Altare suddetto et vidi che tirò un buttone alla porta del tabernacolo, et havendo aperto detta porta per pigliare il medesimo Santissimo Sacramento, et in quel istante vidi che sortì dal detto taberncolo una fiamma di fuoco qual copriva tutta la Chiesa et subito detto Soldato saltò abbasso dal detto Altare et si mise a gridare à Mondiù a Mondiù et restò tutta la detta Chiesa fumosa, et vidi detto Soldato venire alla volta della porta per sortire, ma era davanti con le vesti abbruggiate et negre, come anco la faccia".


image-1Dal 1897 questo episodio è stato proposto come un miracolo, senza alcuna promulgazione ufficiale. Ma la verifica dei fatti lo considera ora «un evento prodigioso mai accaduto». A riordinare la vicenda è un gruppo di studiosi, composto dall’archivista dei Cappuccini piemontesi, padre Luca Isella, dall’antropologo fisico Renato Grilletto e dall’ingegnere Mauro Lanza, con i quali ha collaborato fino alla morte il compianto generale Guido Amoretti.

Dopo una ricerca durata vent'anni l'episodio è stato completamente ricostruito, spiegando un episodio che a fine Ottocento fece impropriamente parlare di miracolo, a seguito di uno scritto di Emanuele Colomiatti, pro-vicario generale della Diocesi che voleva contrastare gli anticlericali che intendevano cacciare i Cappuccini dal Monte».

Per capire bisogna tornare all’alba di quel 12 maggio 1640. In Europa è in corso la guerra fra Spagna e Francia, narrata da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Divide il Piemonte in un conflitto civile. Da una parte ci sono i sostenitori di «Madama Reale» Cristina di Francia, reggente il Ducato di Savoia in nome del giovane Carlo Emanuele II. Sull’altro fronte vi sono gli zii del principino, che si dicono «principisti». Accusano sua madre di voler consegnare il Ducato alla Francia e la combattono con truppe sabaudo-spagnole. Il 12 maggio i francesi, inviati dal cardinale Richelieu a sostegno di Cristina, assediano Torino.

Il Monte dei Cappuccini è presidiato da 450 «principisti»: spagnoli, piemontesi e mercenari svizzeri. Nella chiesa ci sono civili, sfollati dal Borgo Po, con 4 frati. Investiti da fuoco d’artiglieria, i «principisti» accettano di trattare la resa. Ma durante le procedure i mercenari svizzeri passano al nemico e gli aprono le porte della chiesa.

«Incomincia una sparatoria furiosa - racconta padre Luca - di 400 colpi esplosi. Abbiamo scoperto che i francesi avevano ricevuto l’ordine di non risparmiare nessuno, per evitare la resa. Avrebbe consegnato il Monte ai sostenitori piemontesi di Madama Reale. Mentre Richelieu la voleva sotto diretto controllo francese».

Così si scatena l’eccidio. Durante la strage «un francese spara al tabernacolo. Lo apre. Vuole rubare la pisside. Ma viene investito da una violenta fiammata. Lo avvolge dalla cintola in su e in breve lo uccide». L’episodio fece scalpore come «evento prodigioso». «Accadde invece - racconta Isella - che un difensore sparò al sacrilego e colpì la fiasca di polvere che lui portava al collo, facendola esplodere».


[da Dina Rebaudengo - I Cappuccini del Monte e la Stampa "Dietro il miracolo c'era un cecchino" articolo del 2/12/2009]

 

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