L'Ambasciatore Russo



image-1Nel 1792, durante il regno di Vittorio Amedeo II, arrivò in città il principe Alexandr Mikhailovich Belosselsky di Bélozersk, Ambasciatore ambasciatore di Caterina II imperatrice di Russia.
Con estrema meticolosità il principe inviava in patria dettagliate descrizioni e valutazioni della situazione del Regno di Sardegna, in un momento estremamente difficile e delicato, per l'imminenza della rivoluzione francese.

La situazione degenerò in settembre, quando (senza alcuna dichiarazione di guerra) l’esercito rivoluzionario invase prima la Savoia e poi la Contea di Nizza, annettendole alla Francia, e dando segno di voler ben presto entrare in Piemonte.
I dispacci, descrivono bene l’atmosfera di quel periodo, con l’angoscia che pervade la Corte alle notizie di ciò che accade a Parigi. Vittorio Amedeo III si sente impotente; vede il suo Regno mutilato e in preda alle rivolte giacobine, che aumentano con l’aumentare della miseria tra il popolo, mentre le strade sono invase da mendicanti e briganti.



Nel 1901, una pronipote del principe Belosselsky, la principessa Marie Troubetzkoy, rese pubblico il carteggio in possesso della sua famiglia, con le lettere inviate dal suo antenato alla Corte di San Pietroburgo, dal 18 aprile 1792 al 12 marzo 1793. Questi 86 dispacci, furono riuniti nel libro “Dépêches de S. E. le Prince Alexandre Bélosselsky de Bélozersk, publiées par la Princesse Lise Troubetzkoï, née Princesse Bélosselsky de Bélozersk. (Les événements à Paris. La fin de la monarchie française. Les dispositions de la cour de Sardaigne. La conquête de Nice et de la Savoie.)”. Eccone alcuni.


image-1Una città minacciata dai francesi
«Monsieur le Comte, “Turin, 7 avril 1792”. Sono arrivato a Torino il 4 di questo mese. L’indomani mattina, inviai Karpov dal “Maître des Cérémonies”, per informarlo del mio arrivo a Torino e per domandare un colloquio con il conte d’Hauteville, il “Ministre des Affaires Étrangères” di Sua Maestà. Due ore dopo, il “Maître des Cérémonies” venne lui stesso a dirmi che il Conte d’Hauteville mi avrebbe ricevuto nel pomeriggio con gioia. (…) Dopo lo scambio di cortesie, gli presentai le mie credenziali, e lui mi rispose che il Re, suo Signore, mi avrebbe visto con grande piacere (…) Appena il “Gentilhomme de la Chambre” mi annunciò a Sua Maestà, la porta si aprì ed io entrai nel “Cabinet Royal”. Sua Maestà era in piedi, in mezzo alla stanza, con la spada al fianco e il cappello in mano. Gli presentai la mia “lettre de créance”, dicendogli: “Sire, voici la lettre par laquelle Sa Majesté, ma gracieuse souveraine, a bien voulu me nommer son ministre auprès de Votre Majesté” (…) Il Re mi accolse in maniera molto affettuosa. Dopo aver fatto onore, nei modi più consoni, al mio ruolo politico, volle intrattenersi per quasi un'ora, con estrema gentilezza, e con molto spirito e gaiezza, su diversi temi. Mi parlò con franchezza della difficile situazione: "Chiunque proverebbe rabbia, caro Principe, per le attività criminali, che stanno conducendo da più di due anni contro di noi quei ribaldi di Francesi, dal momento della loro Rivoluzione. Mi sento come una preda nella gola di un lupo. (…) Ah, se la vostra Imperatrice Caterina avesse il suo Regno un po’ più vicino al nostro, sono sicuro che questa malasorte non ci sarebbe capitata. Ogni giorno, malgrado tutta la nostra sorveglianza, degli agenti provocatori francesi riescono ad entrare in Savoia, per sobillare la popolazione. Essi distribuiscono denaro, diffondono le idee rivoluzionarie, e vendono il loro sale francese, a un prezzo due volte più basso di quello piemontese. I Francesi comprano il pane dai nostri fornai, pagandolo due volte il suo prezzo, e raccontano che essi lo possono fare perché in Francia non c’è miseria, e incitano sia la gente che i soldati a ribellarsi al Governo, ai Giudici, ai preti, e alle autorità. Abbiamo appena soffocato due rivolte, che sono conseguenza delle loro istigazioni (…) Per placare gli animi, abbiamo dovuto abbassare il prezzo del sale a meno della metà, ma questo ci ha prodotto un buco nelle casse dello Stato. Servirebbero nuove tasse, ma questo innescherebbe nuove ribellioni, fomentate da quelle bestie feroci, che abbiamo al di là del confine (…)»


image-1La vita costa cara
«Ho terminato domenica tutte le mie presentazioni a Corte, e ho fatto tutte le visite di prammatica alle altre Ambasciate, presenti a Torino (…) Avendo dunque adempiuto ai miei compiti, vorrei chiedere a Vostra Eccellenza di perorare, la mia causa presso Sua Maestà l’Imperatrice Caterina. Purtroppo, l’appannaggio che io ricevo come ambasciatore presso la Corte di Vittorio Amedeo, è insufficiente. Come Vi ho già accennato nella mia ultima lettera, credo che Sua Maestà Imperiale, se sarà informata con maggiori dettagli sulle alte spese che io devo sostenere a Torino, sicuramente non vorrà assegnarmi lo stesso trattamento economico che ricevevo a Dresda (dove le spese che deve sostenere un ambasciatore, sono due volte inferiori rispetto a qui), e neppure quello che ricevevo a Vienna (dove tutto costa la metà, rispetto alla Capitale del Regno di Sardegna). Qui, io abito la casa dove risiedeva l’ambasciatore portoghese. La locazione di questa casa (e del relativo mobilio, che qui si affitta a parte), richiede circa 3.800 franchi; il mantenimento dei cavalli esige 980 franchi; le spese dei viaggi che devo obbligatoriamente sostenere per Moncalieri, Venaria e Rivoli (dove la Corte risiede per quasi tre quarti dell’anno), comportano altri 600 franchi. Il personale, poi, qui è molto caro, e per gli stipendi necessitano 4.992 franchi. Inoltre, almeno 3.600 franchi servono per le spese di cucina; ben 2.300 franchi occorrono per l’acquisto di legna, carbone, candele; 1.800 franchi, per l’acquisto dei vini ordinari ed esteri. La livrea ordinaria da diplomatico, incide per una spesa di 1.200 franchi. Il totale di queste uscite, è finora di 19.272 franchi. Ma a questo, bisogna aggiungere gli esborsi dispendiosi per le cene e i ricevimenti di gala, che presso questa Corte ci si attende che i diplomatici offrano. In più, bisogna aggiungere le spese per la manutenzione straordinaria, le spese per l'acquisto degli articoli necessari, le spese per le livree da cerimonia, e le spese per il personale essenziale. Per ultimo, bisogna considerare il costo dei teatri, dove ci si aspetta che il corpo diplomatico sia presente, e dove il Re stesso indica i palchi che i diplomatici devono occupare. Ho solo menzionato a Vostra Eccellenza le spese ineliminabili, che (come Vi ho detto) a Vienna e Dresda incidono per meno di un terzo. Devo informare Vostra Eccellenza, che il lusso richiesto a una Sede diplomatica a Torino per mantenere il prestigio, è il doppio di quello richiesto nelle due città precitate. Mi rimetto, con piena fiducia, alla materna bontà della nostra Imperatrice Caterina, affinchè sia incrementato l’importo del mio emolumento ordinario».

La rivoluzione in Francia
«Un cavaliere di Malta, appena arrivato dalla Francia, ci dice che ormai tutto il Regno è divenuto come un grande formicaio inferocito; dove tutto è in armi, tutto è in agitazione, e dove l'eccitamento più fanatico si è impadronito degli animi, senza distinzione di età o di sesso. Nelle strade, dei sanculotti urlanti e ubriachi, che si dicono patrioti, mostrano come trofei le medaglie e gli anelli che hanno depredato; uno di questi, esibiva un orecchino ancora attaccato all’orecchio, che egli non aveva esitato a strappare. Ormai, i supplizi capitali, degni frutti del fanatismo e dell'anarchia, aumentano di giorno in giorno, fino alla rabbia estrema. Vengono sequestrati i beni degli assenti, viene commesso nelle strade ogni genere di crimine, vengono messi in opera tutti i generi di persecuzione contro le persone, tutti i mezzi di oppressione, tutti i generi di saccheggio, e tutto questo dietro il paravento della legge, senza che vi sia nessuna punizione per tutti questi orrori! All'Assemblea Nazionale queste notizie, invece di provocare indignazione, vengono accolte con degli applausi (…)»

Il falso avvelenamento
«La Principessa di Carignano, con suo figlio, principe del sangue, sono tornati in questi giorni dal loro viaggio in Italia. Ieri, ho avuto l'onore di essere presentato loro dal “Maître des Cérémonies”. (…) Frattanto, a Parigi, il disordine si estende all'infinito, e da lì in tutte le province della Francia. La fazione dei Giacobini diventa più forte, giorno dopo giorno (...) Cosa non dovremo temere, dallo scatenarsi delle passioni senza controllo e dalla violenza degli istinti popolari? (...) I giornali francesi, che in questo periodo si lanciano avidamente su tutto ciò che può eccitare gli animi, hanno propalato la notizia che Vittorio Amedeo, Re di Sardegna, fosse stato avvelenato da uno dei suoi cuochi, su istigazione di un circolo giacobino. Voglio rassicurare, Vostra Eccellenza, che in tutto questo non c'è una parola di verità. Uno dei cuochi di Corte, è stato effettivamente arrestato, ma solo perchè aveva fatto dei discorsi impertinenti. Dopo una settimana, è stato rilasciato, e ha ripreso il suo servizio».

In Francia regna il terrore
«Le notizie che arrivano da Parigi sono sempre più spaventose. (...) Il 21 di questo mese, circa 14.000 uomini della peggiore canaglia, armati di asce, picche, forconi, hanno assaltato il Palazzo delle Tuileries e, dopo avere rotto tre porte, si sono introdotti negli appartamenti del Re. Lo hanno preso, circondato, e hanno minacciato di sparagli contro, se non aboliva immediatamente il suo decreto sui sacerdoti (…). Il Re, in piedi su una sedia, fissava lo sguardo su quei volti mostruosi; suo figlio, il Principe Reale, in piedi su un tavolo, nella stanza attigua e circondato da tutte le Dame di Corte, teneva nelle mani la coccarda nazionale, mentre un terrore mortale era impresso su ogni faccia».

«Il “Maître des Cérémonies”, ci ha informati che il Re e la sua famiglia, sarebbero partiti per la villeggiatura in campagna, presso la “Vigne de la Reine”, e che Sua Maestà, dopo la sua partenza, non avrebbe più ricevuto i diplomatici esteri (…)»

Lutto per Maria Teresa di Savoia

«Un corriere di Ginevra ci portò delle notizie da Parigi, che gelarono di orrore l'intera Corte. Apprendemmo della morte della principessa Maria Teresa Luisa di Savoia, Principessa di Lamballe. Il 10 agosto, una folla di persone inferocite attaccò il palazzo delle Tuileries, abbattendo i cancelli e le porte. Invano 400 guardie svizzere fedeli tentarono di difendere Sua Maestà: furono tutte uccise. Durante la loro carneficina, il Re riuscì a fuggire con la famiglia e i Cortigiani presenti, rifugiandosi presso l'Assemblea Nazionale, e lì abdicò. Tutti vennero rinchiusi, in varie prigioni. Il 2 settembre, la folla entrò a forza nelle prigioni degli aristocratici: la principessa Maria Teresa Luisa di Savoia, venne subito presa, in quanto indicata quale "Dame d'Honneur" della Regina. Fu trascinata nel cortile della prigione, torturata, e decapitata con un coltello. La testa mozzata venne issata su una picca, e portata in corteo dalla canaglia verso la prigione del Tempio, dove c’erano i Reali, mentre trascinavano sul selciato il suo corpo denudato, tirandolo per le gambe. Arrivati sotto la prigione, quei mostri ripugnanti urlarono a Sua Maestà la Regina di affacciarsi per salutare la sua "Dame d'Honneur", ma ella, di fronte a tanto orrore, cadde svenuta. Il Re di Sardegna, molto rattristato, ha disposto che la Corte osservi un lutto di tre settimane».


Arrivano i francesi
«Il 22 corrente, 25.000 Francesi, muniti di una grande quantità di cannoni, fecero il loro ingresso in Savoia, in due colonne, su entrambi i lati di Montmélian. Sei battaglioni dell'esercito di Sardegna, disposti sulla riva dell'Isère, spaventati dal gran numero di forze nemiche, pensarono di ritirarsi, distruggendo il ponte di Montmélian dopo averlo superato, e raggiungendo la Maurienne. Come risultato di questa distruzione, tutte le comunicazioni con Torino, così importanti e vitali, furono interrotte. (…)».

La disfatta
«Per lungo tempo, non abbiamo potuto avere notizie dell’esercito di Sua Maestà in Savoia, invasa dai Francesi. Ora, finalmente, le notizie sono arrivate: è accaduta un’onta, senza esempi nella Storia. L’esercito sanculotto, ha sbaragliato l’esercito di Sardegna, e l’ha messo in fuga. Tre ore sono bastate per questa impetuosa ritirata. Neppure Senofonte, riporta un simile esempio. Ciò che è accaduto, può essere paragonato al gioco dei ragazzi, che, dopo aver messo le carte in posizione verticale e in fila, danno la prima un colpo che fa cadere le carte l'una sull'altra fino all'ultima. Il Conte Lazari diede subito l'ordine al comandante delle divisioni di affrettarsi a raggiungerlo, ma all'improvviso un grande panico, come una fiamma, pervase tutti gli ufficiali piemontesi e si udì il grido: “Si salvi chi può, con l'aiuto di Dio verso le gole e in Tarentaise”. Dio deve averli ascoltati per bene, perché nonostante i Francesi li inseguissero, riuscirono a fuggire. I Piemontesi, sconvolti dal terrore, in 17 ore percorsero 20 leghe, senza riposo e senza cibo, come se fuggissero dalla spada fiammeggiante di un angelo vendicatore. Infine, la fanteria si fermò a Moutiers, capitale della regione Tarentaise, e la cavalleria attraversò le montagne passando nella Valle di Aosta. Essi persero tutti i loro equipaggiamenti, i Francesi si impadronirono dei cannoni, ma sembra che i Piemontesi non ebbero perdite (…)»

Il fallimento dell'esercito
«Per quattro mesi, i soldati dell’esercito del Regno di Sardegna avevano schernito i giacobini che componevano l’esercito rivoluzionario, avevano dileggiato la loro ignoranza, il loro fanatismo, li avevano punzecchiati, li avevano provocati con marce e contromarce, e si erano vantati ovunque che ogni Piemontese sarebbe stato in grado di strangolare sei Francesi. Adesso mi sembra che ogni guerriero piemontese possa dire con spavalderia: “Quoique mécontent, je suis prêt à fuir les sans-culottes”. Con quello che è successo, c'è abbastanza per ringraziare questi “giganti”: grazie a loro, il Re di Sardegna ha perso, in due settimane due terzi dei suoi possedimenti, e nessuno può prevedere quali cose difficili lo aspetteranno in futuro».

Consiglieri e generali inadeguati
«Il Re unisce nella sua persona una bella anima e una mente illuminata, ma ha una qualità che spesso per un Re può essere nefasta: non sa punire, con decisione, i colpevoli. Finora, è stato ingannato sull'eroismo effettivo dei suoi ufficiali, e sulla capacità e sul valore dei suoi generali. Ecco le persone che formano abitualmente il Consiglio di Sua Maestà il Re di Sardegna: il Ministro della Guerra, Monsieur Cravanzana, ha un carattere incapace e indeciso, ciò che lo porta spesso alla codardia e alla menzogna; il Governatore di Torino, il vecchio Conte Salmour, era forse, ai suoi tempi, un buon generale, ora lui straparla ed è rammollito; il Ministro dell'Interno, il Conte Granerî, è inadatto al ruolo: più che avere delle idee, sembra che proceda per improvvisazione, e anche se i provvedimenti che assume non sono del tutto insensati, la sua mente sembra la luce di una lanterna coperta, che non serve al suo proprietario. Infine, il Ministro degli Affari Esteri, il Conte d'Hauteville, è un certamente un uomo istruito, molto laborioso, ma troppo poco audace, meticoloso, ma indeciso sulle questioni importanti. Questo difetto congenito, che si sviluppa nelle attuali circostanze quasi al limite del vizio, deriva, per tutte queste persone, dalla “manque d'habitude du grand monde, de la pauvreté et surtout de la crainte d'être privé de son emploi”. Il Cardinale, Arcivescovo di Torino, è un uomo abbastanza mediocre; egli partecipa qualche volta al Consiglio, non per discutere e ragionare, ma solo per dire delle cose insulse. Il fratello e i figli di Sua Maestà, assistono ogni tanto al Consiglio. L’unico che potrebbe esprimere delle opinioni utili ed elevate è il Principe di Piemonte, un uomo pieno di intelligenza, ma, in presenza del Re, egli non osa pronunciarsi che raramente. Quanto al Duca d'Aosta, egli partecipa specialmente quando si tratta di argomenti relativi all’ordine e ai rapporti militari. Qualche tempo fa, aveva chiesto di essere nominato Comandante dell'esercito, ma dopo i malaugurati eventi accaduti in Savoia, è molto più tiepido nel rinnovare la sua richiesta. I soldati dell'esercito piemontese, appaiono abbastanza ben addestrati, ma gli ufficiali sono, per lo più, o troppo giovani (e dunque senza esperienza), o troppo svogliati, o addirittura ignoranti. Dei generali, non possiamo tacere che purtroppo quasi tutti, o per meglio dire tutti, sono pessimi».

 

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